Un riassunto di Fondamenti di didattica, di Calvani, Ranieri e Bonaiuti

Il libro G. Bonaiuti, A. Calvani, M. Ranieri (2016). Fondamenti di didattica. Roma: Carocci tratta svariati aspetti relativi alla didattica. La 2’ edizione risale a 9 anni fa, alcune informazioni risultano datate. Ho scritto il testo con un dettatore, perciò possono esserci errori.

Introduzione

Col lifelong learning, l’utilizzo della didattica non si limita più alla scuola e all’università. La didattica inoltre adesso si caratterizza come scienza autonoma dalla filosofia e dalla psicologia 1 (i numeri si riferiscono alle pagine del libro).

Cornice storica e teorica della didattica

La didattica è la disciplina che progetta, attua e valuta i processi di apprendimento 12. In Italia la didattica è la parte della pedagogia che si occupa dell’insegnamento e dei relativi metodi 17. All’estero vengono usati i termini diversi 17

DA TABULA RASA A EDUCAZIONE NEGATIVA. Nell’antichità la prassi educativa era strettamente collegata a determinati ambiti culturali (teologia, filosofia), e solo dal 1700 si diffonde una autonoma riflessione sulle pratiche di insegnamento 18. Comenius nel 1600 studia metodi e strategie della didattica, successivamente John Locke. Sua l’idea della mente come una tabula rasa, priva di ogni conoscenza e del primato dell’esperienza e dell’istruzione da parte del precettore. Jean Jacques Rousseau 1700 al contrario nella sua opera Emilio sostiene che l’uomo è buono per natura e che la società progressivamente lo corrompe. Rousseau immagina così un metodo basato sul non intervento dell’educatore che deve solo accompagnare la crescita (educazione negativa). Altre figure importanti Pestalozzi 1800 che propone l’educazione integrale della persona: cuore, cioè, morale, intelletto cioè facoltà conoscitiva, mano cioè attività pratica in un contesto di serenità. Fröbel 1800 Introduce la dimensione psicologica dell’apprendimento 19.

DA ATTIVISMO EDUCATIVO A CURRICULUM MOVEMENT. Agli inizi del ventesimo secolo la scuola diventa di massa e abbiamo educatori come Maria Montessori e John Dewey. Queste correnti chiamate educazione progressiva o attivismo (criticate poi per il loro spontaneismo educativo) mettono al centro il fanciullo, la motivazione all’apprendimento, lo studio in ambienti idonei e stimolanti come il giardino o il laboratorio, contro il nozionismo scolastico e a favore dell’integrazione tra l’esperienza del fanciullo e l’ambiente sociale circostante (evoluzionismo naturalistico). Lo sviluppo intellettivo del bambino avviene attraverso la soluzione di problemi e la cooperazione con gli altri 37.

Si diffonde la scuola di massa e alcuni educatori come Elena Parkhurst 20 aboliscono l’orario scolastico, la centralità della lezione, sostituiscono l’aula con laboratori specializzati. In Europa sono importanti le esperienze di Freinet che organizza la tipografia in classe per la costruzione di testi, e in questo modo promuove la riflessione e competenze autocorrettivi. Ferriere invece promuove la collaborazione fra bambini promuovendo l’autogoverno 21.

Negli anni 50 Negli Stati Uniti c’è una c’è una reazione a John Dewey: l’attenzione si sposta dal fanciullo ai contenuti che il fanciullo deve imparare. Il curriculum movement 177 definisce gli obiettivi di apprendimento e con la task analysis si scompongono gli obiettivi di apprendimento in sottoobiettivi. Bisogna valutare le conoscenze in ingresso, scomporre l’obiettivo in sotto obiettivi elementari, fornire un sistema di feedback durante il processo. Ralph Tyler nel 1949 riporta al centro il curriculo e le metodologie che permettono di fare acquisire i contenuti agli studenti. Benjamin Bloom mette a punto una tassonomia degli obiettivi educativi, gli obiettivi educativi vengono operazionanalizzati, vale a dire che accanto all’obiettivo va indicata la procedura attraverso cui si potrà valutare se esso è stato raggiunto oppure no 23 e 188. Questo permette di valutare l’efficacia delle diverse tecniche didattiche 23. Il curriculo è l’insieme dei contenuti e dei mezzi che un percorso di studio 177: obiettivi, contenuti disciplinari, metodologie didattiche, modalità di valutazione.

DA COMPORTAMENTISMO A COGNITIVISMO. Skinner negli anni 50 è l’esponente principale del comportamentismo nei processi di apprendimento, approccio che si concentra solo sui comportamenti osservabili. L’apprendimento va promosso attraverso rinforzi positivi 23.

Bruner (morto 2016) promuove il cognitivismo che presta attenzione a ciò che accade all’interno del soggetto, ad esempio, la metacognizione 24. L’obiettivo del cognitivismo è studiare i processi mentali attraverso cui le informazioni vengono acquisite, elaborate, memorizzate e recuperate 24. Si studiano le strategie che permettono di affrontare i compiti. Secondo Bruner ogni disciplina contiene delle idee basilari che possono essere acquisite con un apprendimento a spirale, prima in forma intuitiva e poi sempre più strutturata 177. La cultura trasmette la conoscenza accumulata dalle precedenti generazioni, l’uomo si serve di dispositivi che amplificano le sue capacità motorie cognitive, distingue inoltre fra pensiero narrativo e pensiero logico deduttivo 40.

Nel 1967 Ulrich Neisser pubblica Psicologia cognitivista in cui è presente la metafora dell’uomo elaboratore di informazioni. In questi anni prende l’idea che il funzionamento della mente sia assimilabile a quello di un calcolatore che riceve dall’esterno input, le gestisce attraverso varie memorie, le elabora e le restituisce all’esterno. Questo approccio sviluppa ad esempio le mappe concettuali 24

Una teoria di questo periodo è il mastery learning, cioè, apprendimento per la padronanza che sostiene che tutti gli studenti possono arrivare agli obiettivi formativi, se questi sono chiari fin dall’inizio per gli allievi e operazionalizzati. Questo approccio prevede che il percorso formativo sia suddiviso in piccole unità e che si forniscano agli studenti dei feedback frequenti e immediati con percorsi individualizzati di recupero 25, e che non si vada avanti col programma finché lo studente gli obiettivi formativi precedenti.

ECCENTRICI E ANTIAUTORITARI. Negli anni 60 si sviluppano anche studi sulla creatività sul pensiero divergente, l’approccio della gestalt, le ricerche sulle dinamiche di gruppo 25, si sviluppa inoltre la psicologia umanistica grazie a Carl Rogers e Abraham Maslow che avranno influenza sulla didattica per gli adulti, e la scuola di Palo Alto che presta attenzione alle modalità della comunicazione includendo i gesti, la postura, la distanza, la scoperta della dimensione relazionale della comunicazione e tutti fanno anch’essi parte del messaggio 25; si passa da una visione della comunicazione come trasmissione di un messaggio alla comunicazione come interazione, con notevoli effetti nella relazione educativa 26

Sulla scia del ’68 si sviluppano approcci antiautoritari, ad esempio la scuola di Francoforte, don Milani che criticano le strutture scolastiche esistenti e ne sottolineano la funzione ideologica 26, addirittura Ivan Illich propone la descolarizzazione della società a favore della società educante di Fauré.

Urie Bronfenbrenner 1986 esponente della teoria ecologica approfondisce i rapporti fra processi cognitivi e contesto (microsistema, mesosistema, esosistema, macrosistema, cronosistema). Howard Gardner formula la teoria delle intelligenze multiple, almeno 7: linguistica, musicale, logico matematica, spaziale, corporeo cinestetica, intrapersonale, interpersonale relativamente indipendenti l’una dall’altra. Daniel Goleman 1996 distingue fra due menti di cui gli esseri umani sarebbero dotati una razionale e una emozionale, impulsiva e illogica.

COSTRUTTIVISMO. Nel costruttivismo la conoscenza è il prodotto in una costruzione attiva intenzionale del soggetto, e l’apprendimento ha un carattere che dipende dal contesto fisico, storico, sociale e culturale; l’azione di apprendimento si attua attraverso specifiche forme di negoziazione sociale dei significati, attraverso processi collaborativi di discussione e riflessione 30. Al centro del costruttivismo è la costruzione del significato. Può essere collegato all’attivismo, anch’esso a favore di apprendimento basato su compiti autentici situati, anche se il costruttivismo è cosa diversa dall’ingenuo spontaneismo dell’attivismo. La didattica in ottica costruttivista si basa sullo scaffolding 30, 191. Lo scaffolding è un processo educativo in cui un’insegnante, un genitore o un altro esperto fornisce supporto temporaneo a un allievo (attraverso feedback, istruzioni che lo guidano nell’esecuzione di un compito, schemi, esempi di esercizi svolti, etc.) per aiutarlo a raggiungere un obiettivo o a sviluppare una competenza che non sarebbe in grado di ottenere da solo. Il supporto viene gradualmente ritirato man mano che l’apprendimento diventa più autonomo. Il concetto è legato a quello di zona di sviluppo prossimale 194 di Vygotskij, vale a dire uno spazio in cui il soggetto può raggiungere prestazioni superiori rispetto al livello attuale si ottiene un supporto adeguato umano o tecnologico.

Il costruttivismo presta anche attenzione alle comunità per apprendere, 191.

Jean Piaget (morto 1980): la mente si sviluppa attraverso assimilazione vale a dire adattamento degli schemi interni alla realtà esterna, e accomodamento vale a dire ristrutturazione degli schemi interni posseduti con uno sviluppo progressivo delle capacità di logica. L’intelligenza deriva dall’azione e dalla interiorizzazione azione. È un approccio cognitivocostruttivista 38.

Vygotskij (morto 1934): lo sviluppo cognitivo avviene grazie alle interazioni del bambino con gli altri, il bambino sviluppa il linguaggio e poi lo interiorizza. Zone di sviluppo prossimale, dove l’individuo riesce a svolgere compiti nuovi grazie alle sue potenzialità di sviluppo 39. Costruttivismo socioculturale. 29

Lo sviluppo di Internet crea un ambiente propizio allo sviluppo dell’intelligenza collettiva 31 Anche se si crea esclusione per chi non ha accesso non sa usare l’informatica, inoltre si crea un diluvio di informazioni che possono creare sovraccarico cognitivo 31

SVILUPPI RECENTI. In tempi recenti si sviluppano anche una serie di indagini internazionali sulla qualità dell’istruzione nei vari paesi come ad esempio il PISA. In questo periodo anche le competenze chiave europee che spostano l’attenzione da una didattica orientata a obiettivi disciplinari a un’altra didattica attenta alla soluzione di problemi posti dalla realtà sociale 31 fra cui lo sviluppo della competenza digitale. Si sviluppa anche la evidence based education 32.

La comunità di pratica di Wenger a è composta di pratiche e conoscenze condivise da un gruppo di operatori grazie a cui i novizi cominciano progressivamente a comportarsi a pensare come colleghi più esperti 30

Sviluppi della ricerca didattica in Italia: evidence based instruction 35, le pratiche e la formazione degli insegnanti, l’uso delle tecnologie digitali nella formazione, l’approccio sperimentale e la docimologia, la didattica speciale 36

Domande

Quale definizione della didattica viene proposta in questo volume?

La didattica è la disciplina che si occupa secondo modalità scientifiche delle azioni progettuali, attuative, valutative negoziati o simboliche idonee a favorire i processi di apprendimento e di migliore qualità 12 Un’altra definizione è che la didattica è l’attività concreta di insegnamento nonché lo studio dei relativi metodi 17

Come si caratterizza l’innovazione didattica nel primo 900

Il 900 è caratterizzato dalla scuola di massa. Si sviluppa l’educazione progressiva detta anche attivismo basata sul puerocentrismo vale a dire sull’attenzione ai bisogni del fanciullo e sulla valorizzazione del fare attraverso la creazione di ambienti idonei e stimolanti come il giardino e il laboratorio. Queste correnti pedagogiche sono collegate a ideologie democratiche e antiautoritarie. Negli approcci precedenti invece la didattica era basata sull’apprendimento mnemonico. 20 Criticati per SPONTANEISMO EDUCATIVO.

Che cosa si intende affermando che nel secondo dopoguerra si diffonde un approccio razionale all’organizzazione didattica da che cosa nasce questa esigenza cosa ne deriva

Nel secondo dopoguerra, nel clima della guerra fredda, gli Stati Uniti verificano un ritardo in ambito scientifico e questo porta l’abbandono dell’attivismo e una nuova enfasi sugli obiettivi di apprendimento relativi ai saperi disciplinari. La didattica si concentra sulla struttura delle conoscenze, sulla loro articolazione, sui processi per l’acquisizione di tali contenuti. Si diffonde così il modello della task analysis che consiste nello scomporre gli obiettivi didattici in sotto obiettivi. È necessario definire operativamente l’obiettivo da conseguire, poi valutare le conoscenze in ingresso, poi scomporre analiticamente l’obiettivo in sotto obiettivi elementari, poi far imparare le unità dal semplice al complesso, fornendo un sistema di feedback. 22 questo porta anche allo sviluppo di tassonomie di obiettivi di apprendimento come quella di Benjamin Bloom 23.

Negli anni 50 la cornice teorica dell’apprendimento è definita dal comportamentismo un orientamento è sviluppato negli Stati Uniti a partire dagli anni 20 che si concentra solo sul comportamento esterno, osservabile, e sull’effetto di rinforzi positivi alla didattica e più in generale ai comportamenti umani 23.

Come nasce quale rilevanza ha avuto il concetto di curriculum

Il Curriculum Movement nasce nel 1959 alla conferenza di Woods Hole dove un gruppo di studiosi coordinato da Jerome Bruner propone i concetti di struttura e curriculum aspirale 23. Questi studiosi propongono la progettazione curricolare che consiste nella definizione di obiettivi educativi, nella valutazione di preconoscenze, nella scomposizione del percorso in fasi, nella scelta delle risorse e delle strategie didattiche, nella definizione della modalità di valutazione. L’esigenza è razionalizzare il percorso didattico in relazione allo spontaneismo educativo che caratterizzava l’attivismo 177.

Che rapporti concettuali fornisce il cognitivismo alla didattica

il cognitivismo considera la mente umana come un computer. La ricerca si concentra su come le persone elaborano le informazioni secondo un modello che riprende il funzionamento dei calcolatori input gestione dell’input attraverso memorie (di lavoro, a lungo), elaborazione e restituzione all’esterno output 24. Per un esempio di questo filone di ricerca vedi l’articolo di George Miller The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on Our Capacity for Processing Information.

Negli anni 60 80 al di là degli apporti derivati dal comportamentismo e dal cognitivismo, si presentano altre suggestioni rilevanti alla riflessione didattica quali sono le principali

Negli anni 60 si sviluppa la psicologia umanistica di Carl Rogers e Abraham Maslow e la scuola di Palo Alto che presta attenzione anche agli aspetti pragmatici della comunicazione diversi dalla codifica verbale ed esplicita, quale i gesti, la postura, i silenzi. La scuola di Palo Alto inoltre considera gli effetti della dimensione relazionale nella comunicazione che viene vista non più come semplice trasmissione e elaborazione di un messaggio, come nel caso del cognitivismo, ma come un contesto in cui il contenuto viene interpretato sulla base gli aspetti emotivi e socioaffettivi dei soggetti coinvolti 26

Cosa si intende per crisi del paradigma tradizionale quali fattori la favoriscono

Negli anni 80 la metafora della mente umana come un computer si dimostra grossolana e si sviluppano altri approcci come la teoria ecologica di Urie Bronfenbrenner che indaga il rapporto fra processi cognitivi e contesto 28, Gardner con la teoria delle intelligenze multiple, Goleman con il cervello emotivo 28. Ma soprattutto si sviluppa il costruttivismo che presta attenzione ai processi mentali che avvengono all’interno dei soggetti 29. Secondo Vygotskij l’apprendimento è un processo di internalizzazione, concetti e nozioni oggetto di conversazioni sono progressivamente integrati nelle strutture cognitive interne dell’individuo e costituiscono la base per la costruzione del pensiero, che ha origine dal linguaggio interiore 29.  Il costruttivismo sposta l’attenzione all’allestimento di ambienti e comunità che facilitano l’apprendimento, grazie a supporti di natura tecnologica (scaffolding) o di rete come, ad esempio, le comunità di pratica 29.

Quali sono le ultime evoluzioni della ricerca didattica nel nuovo millennio

In tempi recenti si sviluppano nuove tendenze, ad esempio, tutte quelle legate a Internet, alla didattica a distanza, all’uso dei software nella didattica, allo studio dell’apprendimento che avviene attraverso comunità di pratica online il più in generale sui social media, all’esclusione per coloro che non padroneggiano le tecnologie informatiche. Altre tendenze sono la diffusione di vaste indagini comparative sui risultati dell’istruzione dell’educazione come il PISA, il PIAAC,l’attenzione alle competenze chiave europee, la spinta verso la evidence based education. 32

Qual è la criticità principale per l’apprendimento secondo la teoria del carico cognitivo

Secondo la teoria del carico cognitivo i modelli didattici più efficaci sono quelli che si rifanno all’istruzione diretta, poiché la memoria di lavoro presenta dei limiti davanti al sovraccarico di informazioni 32. Invece che creare ambienti di apprendimento dove lo studente si muove in maniera autonoma, sarebbe più produttivo il metodo dell’istruzione diretta caratterizzato da una forte interazione guidata, dove ogni aspetto è pianificato e contenuti da prendere vengono presentati in unità di piccole dimensioni questo approccio funzionerebbe particolarmente bene con gli allievi meno dotati 183.

La dimensione metodologica della didattica

Un progetto didattico è una descrizione delle azioni che saranno svolte per far sì che i discenti raggiungano determinati obiettivi formativi 43. Si distingue fra progettazione educativa a carattere socioeducativo, rivolta a soggetti svantaggiati, e progettazione educativa tout court, rivolta all’istruzione scolare, alla formazione aziendale, la formazione continua mirata a fare acquisire conoscenze e competenze.

In ogni progetto è possibile identificare gli obiettivi, la tempistica, la valutazione dei risultati. I progetti in ambito socioeducativo vanno spesso progettati in itinere. La valutazione può essere svolta non solo alla fine ma anche in itinere.

PROGETTAZIONE CURRICOLARE. Esistono vari modelli di progettazione didattica 45. La progettazione curricolare (negli stati Uniti sviluppata come instructional design) parte da un’analisi dei bisogni e dei vincoli di partenza, poi si definiscono gli obiettivi, poi progetto, poi l’allestimento di quello che serve per l’attuazione, poi l’esecuzione effettiva, e la valutazione dei risultati. Si tratta del modello ADDIE Analysis Design Development Implementation Evaluation 45

All’interno di un curriculum si possono distinguere unità didattiche, a loro volta divise in unità di lavoro o lezioni 46. La progettazione deve essere flessibile, soggetta a continui aggiustamenti (vedi quanto sostenuto da Gagné E Briggs 46. I due autori presentano un modello di progettazione a più livelli di sistema, di corso, di lezione. E’ una progettazione sistemico ricorsiva che arriva fino all’approccio detto fast prototyping (assomiglia alla tecnica agile nella programmazione) 47 dove anche l’utente viene coinvolto nella strutturazione dell’ambiente di apprendimento.

PROGETTAZIONE PREDEFINITA OPPURE APERTA. Possiamo individuare un approccio alla progettazione centrato su obiettivi predefiniti, e un altro centrato invece su obiettivi aperti definiti in itinere 47. La progettazione aperta è utile nella prima infanzia, nell’extra scuola e nell’educazione degli adulti. La progettazione centrata su obiettivi predefiniti è utile nei percorsi scolastici e accademici 48.

Gli obiettivi dei progetti formativi vanno operazionalizzati, indicando innanzitutto i compiti specifici che il discente deve essere in grado di svolgere, e poi anche le modalità di valutazione inclusi i criteri soglia di valutazione 48. Per questo sono utili le tassonomie, vale a dire sistemi di classificazione degli obiettivi educativi, ad esempio, la tassonomia di Bloom 50.

L’INSTRUCTIONAL DESIGN nasce negli anni 60 è un insieme di tecniche basate su modelli a fasi in successione (ad esempio ADDI) che cercano di facilitare la progettazione curricolare 59.

MISURAZIONI, STIME, INTERPRETAZIONI. Il termine valutazione può riferirsi a misurazioni, che vengono svolte con strumenti quali test; altre valutazioni si basano semplicemente su una stima del docente 53 sulla base comunque di criteri predefiniti. In altri casi si parla addirittura di interpretazione quando mancano criteri predeterminati. Abbiamo così misurazione, stima, interpretazione 54. Possono essere valutate varie cose, ad esempio, il profitto degli studenti, oppure il processo, oppure il progetto, oppure il sistema, oppure il rendimento economico 54.

TIPI DI VALUTAZIONE. La valutazione del profitto può essere distinta in diagnostica, formativa, sommativa. La valutazione diagnostica e rileva le preconoscenze e la disponibilità ad apprendere 54. Quella formativa viene svolta durante il processo di apprendimento grazie ai feedback forniti dal docente al discente, quella sommativa è una valutazione di sintesi svolta al termine del percorso formativo 54.

Col costruttivismo l’attenzione nella valutazione si sposta sul processo di apprendimento e si diffonde l’uso di portfoli e diari che si basano su pratiche riflessive 55, in più viene introdotta la valutazione autentica, vale a dire prove riferite a compiti reali che si verificano nel sistema di vita o di lavoro 55. La valutazione del profitto può servirsi di questionari a scelta multipla, a risposte aperte, altre prove complesse come report, progetti, soluzione di problemi 55. Le rubriche di valutazione sono un insieme di criteri che permettono di valutare delle prove basati sul comportamento o a risposta aperta 56.

In generale, si distingue fra:

  • La valutazione di progetto avviene prima che il progetto venga realizzato 57.
  • La valutazione di processo esamina l’andamento del percorso formativo e in alcuni casi può essere visto come una negoziazione fra tutti gli stakeholders 57.
  • La valutazione di sistema avviene al termine del progetto e considera i tempi e le risorse impiegate nonché la coerenza dei risultati con gli obiettivi dichiarati 58.
  • La valutazione in termini di rendimento economico viene fatta in ambito aziendale e misura i benefici economici provocati da un determinato intervento formativo 58.

LE ARCHITETTURE DELL’ISTRUZIONE. Secondo Ruth Clark, possiamo definire le architetture dell’istruzione come macrostrutture differenziabili, in funzione di alcune variabili (controllo richiesto al docente o all’allievo, grado di prestrutturazione del materiale, quantità di interazioni e direzione), da mettere in relazione con l’esperienza posseduta, con l’atteggiamento e le abilità metacognitive del soggetto. Clark individua quattro architetture dell’istruzione, a cui Calvani ne aggiunge 3

  1. Ricettiva: l’allievo assorbe conoscenza e abilità dalla trasmissione delle informazioni. L’insegnante controlla l’esposizione, l’interazione con l’allievo è praticamente assente.
  2. Comportamentale: si suddividono le istruzioni in unità brevi che si collegano l’un l’altra, con frequenti interazioni e feedback all’allievo.
  3. A scoperta guidata: si forniscono risorse e supporti che inducono costruzione attiva delle conoscenza; si basa sull’apprendimento per problem solving.
  4. Esplorativa: si tratta di quelle attività in cui si dà all’allievo la massima libertà di azione. L’insegnante dà solo un input aperto.
  5. Simulativa: comprende la categoria delle simulazioni attraverso immedesimazione fisica;
  6. Collaborativa: apprendimento con interazione fra pari, include forme di mutuo insegnamento e lavoro di gruppo;
  7. Autoregolativa: riguarda il campo delle strategie basate sulla consapevolezza (metacognizione) e sull’autocontrollo 64

Una STRATEGIA DIDATTICA è un piano di azione di breve durata, normalmente non superiore a un’ora, basata su procedure specifiche.

  • Lezione erogativa tradizionale dove il docente seleziona gli argomenti, gestisce l’esposizione, ma non ci sono garanzie che le informazioni presentate vengono acquisite. Può essere migliorata con supporti multimediali o comunque diversi dal linguaggio orale come la gestualità del docente oppure slide.
  • Istruzione sequenziale interattiva il docente coinvolge l’allievo attraverso feedback continui applicati a sintetici contenuti da imparare 66.
  • Modellamento o apprendistato dove l’allievo è messo in situazione e imita il maestro più esperto che lo indirizza e gli fornisce dei feedback.
  • Lezione euristica dove lo studente partecipa alla formulazione dei contenuti cooperando con il docente 66.
  • Problem solving dove lo studente lavora per problemi che hanno grado diverso di strutturazione, complessità, dinamicità, specificità 67. Ad esempio, lo studio di casi che possono essere orientati alla presa di decisioni, all’analisi di problemi. Simulazione simbolica attraverso l’uso di software. Game based learning basato sulla gamification 69.
  • Altre tecniche sono il role playing, la peer education, la discussione, il metodo per progetti, il brain storming, strategie di studio metacognitive 71.

Il MODELLO D’ISTRUZIONE è un framework teorico che definisce l’approccio generale all’insegnamento. Include i principi fondamentali, le teorie dell’apprendimento di riferimento e gli obiettivi educativi di base. Per esempio, possiamo pensare al modello costruttivista, dove l’apprendimento è visto come un processo attivo di costruzione della conoscenza da parte dello studente, o al modello comportamentista basato su stimolo-risposta.

La evidence based education ha lo scopo di misurare l’efficacia degli interventi educativi, che mira a misurare l’effect size 73. In questa analisi molto efficaci sono determinati comportamenti e atteggiamenti dei docenti 73, la valutazione formativa, fornire feedback, ma anche ricevere feedback da parte dell’insegnante, la peer education. Poco efficaci invece l’apprendimento assistito dal computer 75. Sono più efficaci le architetture dell’istruzione che valorizzano la guida, basate sull’istruzione diretta orientata a insegnare proceduralmente passo passo 75, invece che quelle esplorative 75.

Parlando di EFFICACIA A LIVELLO META (vedi Merril 61) l’apprendimento è più facile quando è CONCRETO. Cosa vuol dire:

  • activation le cose da apprendere si basano su una conoscenza preesistente
  • problem gli studenti sono impegnati nella situazione di problemi autentici
  • demonstration si dimostra quello che si vuol fare imparare
  • application gli studenti hanno modo di applicare le nuove conoscenze o abilità
  • integration lo studente ha modo di usare nuove conoscenze o abilità nella vita reale 61.

Domande

In funzione di quali criteri si può differenziare un progetto educativo didattico

È possibile differenziare i progetti educativi sulla base della maggiore o minore strutturazione. Alcuni progetti seguono il modello curricolare che definisce in modo preliminare obiettivi, mezzi, fasi del percorso vedi ad esempio la corrente del curriculum design e, al suo interno, il modello ADDIE, dalle iniziali delle diverse fasi che sono analisi della domanda e del contesto, progettazione, sviluppo dei materiali didattici, erogazione, valutazione. Altri modelli, soprattutto quelli che hanno a che fare con l’educazione degli adulti o con interventi di natura sociale quale la metodologia della ricerca azione sono invece poco strutturati e la progettazione avviene in maniera ricorsiva durante la fase di erogazione 45, 46, 47

Che cosa significa operazionalizzazione gli obiettivi e perché è importante

Operazionalizzazione significa fornire indicazioni anche sul sistema di verifica (possibilmente basato su una misurazione, eventualmente stime, in nessun caso su una interpretazione 53) che sarà adottato per ciascun obiettivo di apprendimento. Operazionalizzazione implica così definire preliminarmente in maniera chiara degli obiettivi di apprendimento 188. Siamo così nell’ambito del curriculum design e anche della evidence based education.

Quanti tipi di valutazione si possono distinguere

Sono 5. Possiamo valutare un progetto, il profitto, il processo, il sistema educativo, il rendimento economico del percorso formativo 54

Le 3 filosofie per la valutazione del profitto e gli strumenti di verifica

La valutazione del profitto può essere distinta in:

  • diagnostica, vale a dire preliminare che accerta lo stato delle preconoscenze e la disponibilità ad apprendere
  • sommativa che viene svolta alla fine del percorso formativo
  • formativa che avviene in itinere e all’obiettivo di dare dei feedback che possano migliorare l’apprendimento 54.

La valutazione del profitto può essere svolta con questionari a risposta chiusa, domande a risposta aperta, prove complesse come la soluzione di un problema o la realizzazione di un progetto 55

Che cos’è l’instructional design e che cosa propone

L’instructional design è una insieme di metodologie per la progettazione efficace. In genere i metodi di progettazione sono strutturati a stadi (vedi il modello ADDIE).

Che cosa si intende con modello d’istruzione, architettura didattica e strategia didattica

Il modello d’istruzione è un framework teorico che definisce l’approccio generale all’insegnamento. Include i principi fondamentali, le teorie dell’apprendimento di riferimento e gli obiettivi educativi di base. Per esempio, possiamo pensare al modello costruttivista, dove l’apprendimento è visto come un processo attivo di costruzione della conoscenza da parte dello studente, o al modello comportamentista basato su stimolo-risposta.

Le architetture dell’istruzione sono i modelli d’istruzione individuati da Clark e Calvani: ricettiva, comportamentale, a scoperta guidata, esplorativa, simulativa, collaborativa, autoregolati.

La strategia didattica invece è l’approccio seguito in una lezione che segue uno specifico modello d’istruzione. Ad esempio, lezione frontale, analisi di casi, etc.

Quali sono le strategie didattiche più note

Le strategie didattiche dipendono dall’architettura didattica utilizzata. Ad esempio,

  • se l’architettura didattica è trasmissiva, volta a trasferire informazioni, con un’interazione docenti e studente assente o scarsa, la strategia didattica sarà la lezione frontale a voce o basata su supporti quali le slide. 64.
  • Se l’architettura didattica è direttiva-interattiva allora le strategie saranno istruzione sequenziale interattiva, con numerosi feedback, e l’apprendistato, dove lo studente impara in situazione dal maestro più esperto 66.
  • Se l’architettura è scoperta guidata, le strategie saranno problem solving e lezione socratica.
  • Se la strategia è collaborativa, la tecnica sarà la peer education.
  • Se la strategia è esplorativa, le tecniche saranno discussione, relazioni di progetti, brainstorming. Se l’architettura è autoregolata la tecnica sarà focalizzata sullo sviluppo della meteo cognizione con riferimento alle strategie di studio 64.

Quali sono le strategie e le azioni didattiche considerate più efficaci

Le azioni didattiche più efficaci sulla base della evidence based education sono

  • definire obiettivi chiari, condivisi con l’allievo,
  • valutazione formativa,
  • focus sullo sviluppo della metacognizione relativa alle strategie di apprendimento,
  • la peer education,
  • Il feedback dello studente all’insegnante.

in generale i modelli più efficaci sono quelli basati sulla guida (ad esempio istruzione diretta) invece che sulla promozione dell’esplorazione autonoma 75, almeno per gli studenti con minori capacità.

Come si valuta l’efficacia di una strategia didattica

l’efficacia di una strategia si basa attraverso metanalisi sull’efficacia dei singoli interventi didattici. L’indicatore utilizzato è quello di effect size, vale a dire la differenza fra i risultati del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo, espressa in unità di deviazione standard. Può avere scale diverse in base alla misura utilizzata, Calvani afferma che è significativo quando è maggiore di 0,4 pag. 179.

L’effect size non si limita a indicare se un effetto è presente (come fa il test di significatività statistica), ma fornisce informazioni su quanto è grande l’effetto. Può assumere diverse forme (es. Cohen’s d, eta squared, odds ratio) a seconda del tipo di analisi. Rispetto al coefficiente di correlazione, l’effect size misura la dimensione dell’effetto in modo più ampio e può riferirsi a: differenze tra gruppi (es. media del gruppo A vs. media del gruppo B, percentuali di varianza spiegata (es. eta squared in ANOVA), probabilità o rischi (es. odds ratio in studi medici). Il coefficiente di correlazione (r) è tecnicamente una misura di Effect Size usata solo per relazioni lineari, e può andare solo da -1 (massima relazione inversa), a 0 (nessuna relazione), a +1 (massima relazione nella stessa direzione).

La dimensione attuativa della didattica

DIDATTICA VIVA: quello che accade realmente in aula e intorno all’aula prima e durante la realizzazione dell’intervento formativo viene indicato col termine 79. L’evento insegnamento ha un carattere processuale, si svolge, cioè, attraverso una serie di eventi.

ELEMENTI DELLA DIDATTICA VIVA. I fattori considerabili sono svariati: contestuali vale a dire relativi a quello che accade qui e ora, relazionali vale a dire relativo alle dinamiche relazionali e socio affettive fra i soggetti partecipanti, pragmatici relativi cioè al conseguimento di determinati obiettivi di apprendimento, istituzionali vale a dire attuato in un contesto secondo specifiche enorme, simbolici poiché influenzato dalle rappresentazioni che gli individui hanno di se stessi e della realtà 79.

Oppure possiamo sintetizzare distinguendo fra ambito comunicativo: riguarda l’interazione fra insegnante e allievi e fra allievi, simbolico, cognitivo epistemologico riguarda le autorappresentazioni individuali e collettive che influenzano i processi cognitivi e le strategie per rendere contenuti insegnabili, e poi ambito gestionale relativo a organizzazione, tempi, relazioni interpersonali e sociali 80.

Riguardo alla comunicazione, in ambito formativo possiamo distinguere fra quella faccia a faccia tipica della formazione in presenza, poi quella testuale e multimediale, e la comunicazione mediata da computer 80.

La comunicazione faccia a faccia avviene attraverso la parola parlata e il linguaggio del corpo che si presta meglio a manifestare emozioni ma è più soggetto a una varietà di interpretazioni, cioè, è più ambigua. Nella comunicazione non verbale possiamo distinguere fra le caratteristiche paralinguistiche quali tono, intensità, velocità, pause e quelle extra linguistiche, cioè la qualità del la voce. La seconda invece è la prossemica, cioè la disposizione dei corpi e degli oggetti nello spazio e la cinesica vale a dire l’espressione del volto gli sguardi la postura 81.

La comunicazione testuale multimediale. I multimedia sono strumenti didattici, quali software e web, che possono essere esplorati secondo piste differenti in base alla curiosità di chi li utilizza 85. L’uso indiscriminato di immagini o animazioni e più in generale della multimedialità intralcia i processi di apprendimento aumentando troppo il CARICO COGNITIVO 85. Nella scrittura dei testi è utile evidenziare attraverso l’editing le informazioni più importanti, aggiungere sintesi e domande stimolo, usare una forme linguistiche elementari. Le immagini non devono essere le decorative 86 Clark e Lyons sottolineano la distinzione fra caratteristiche superficiali e funzioni comunicative di un’immagine. È utile utilizzare grafici e mappe concettuali 88. La comunicazione aumentativa e alternativa si riferisce a tecnica e strumenti che hanno l’obiettivo di migliorare la comunicazione da parte di soggetti con difficoltà comunicative 88. Le mappe mentali pongono al centro l’idea principale e intorno come raggi di un sole concetti e idee collegate 90, mentre le mappe concettuali visualizzano relazioni fra concetti diversi 89.

La comunicazione mediata dal computer può essere divisa in strumenti di comunicazione asincrona e sincrona. Quelli asincroni sono la posta elettronica, le mailing list, il web forum, i blog, i wiki e i social network. La comunicazione sincrona invece la chat, la videoconferenza 90. La PRESSIONE TECNICA è il termine che indica la vulnerabilità e la minore flessibilità dei medium usati nella comunicazione mediata da computer. Inoltre, alcune persone potrebbero sentirsi inadeguate o provare ansia 91. Secondo gli autori la comunicazione mediata dal computer è caratterizzata dall’assenza degli elementi non verbali tipici della comunicazione faccia a faccia 91.

L’intelligenza ecologica della classe. La classe è uno spazio simbolico all’interno del quale si sviluppano ruoli gesti e routine, vale a dire attività abituali prevedibili che scandiscono la vita quotidiana 93. Il CONTRATTO DIDATTICO indica i comportamenti dell’insegnante che sono attesi dall’allievo e viceversa 94 Le ROUTINE EDUCATIVE sono strategie per coinvolgere gli allievi 95 ad esempio domande chiuse e domande aperte, i suggerimenti e le allusioni, la scomposizione del problema in sottoparti, evidenziare o ignorare gli interventi di alcuni studenti, l’assegnazione di compiti svolti da pari, il feedback 97

Bandura evidenzia la dimensione psicologica dell’autoefficacia 97, vale a dire la credenza che ognuno ha riguardo alle proprie capacità di controllo del mondo circostante. Possiamo distinguere l’autoefficacia dello studente e del singolo insegnante, e del corpo degli insegnanti complessivo. Un’altra variabile interessante è quella della motivazione 97. La motivazione dipende dall’autoefficacia. Un costrutto simile è quello di locus of control 98. Vanno considerati anche differenze individuali, ad esempio, alcuni studenti sono orientati all’obiettivo di apprendere 98. L’autoregolazione è la capacità dello studente di comprendere e controllare il proprio processo di apprendimento 98, usando la metacognizione per pianificare e monitorare i propri progressi. Alcuni hanno motivazione intrinseca, sono focalizzati sul compito 99

LA TRASPOSIZIONE DIDATTICA. Possiamo immaginare che l’insegnante media fra discente e l’oggetto di apprendimento 99. Questo approccio evidenzia le trasformazioni e gli adattamenti che i saperi scientifici subiscono per poter essere insegnati attraverso la trasposizione didattica 99 Si distingue fra sapere sapiente che è il contenuto originario da insegnare e il sapere insegnato che è la ricostruzione di quello che si vuole insegnare, cioè, del sapere sapiente 99. Possiamo distinguere quattro livelli:

  • saperi sapienti,
  • saperi da insegnare,
  • sapere effettivamente insegnati,
  • saperi appresi

I cambiamenti avvengono grazie alla trasposizione didattica ESTERNA, ad esempio, nei libri di testo e quella INTERNA che avviene nell’aula durante l’azione dell’insegnante 100.

Un altro punto di vista ci dice che la relazione didattica è un’operazione di ristrutturazione che trasforma un oggetto CULTURALE in un oggetto MENTALE grazie alla costruzione di metafore 101. Si distingue fra mediatori attivi riferiti all’esperienza diretta, iconici se si tratta di rappresentazioni grafiche spaziali quindi, analogici se si basano sulla simulazione, simbolici quando si esprimono attraverso codici 101

LA GESTIONE DELLA CLASSE. La strategia più generale è prevenire la disaffezione promuovendo l’interesse 107 con contenuti interessanti e promuovendo l’autonomia degli studenti e la loro capacità di successo. Il docente deve avere una comunicazione empatica, basata sull’accettazione non giudicante, e seguire l’approccio di Thomas Gordon 109. Il lavoro in aula deve tendere a promuovere la sua solidarietà, la cooperazione, la responsabilità attraverso il lavoro di gruppo 110. Più difficile sviluppare relazioni nella comunicazione mediata da computer 111.

È possibile reprimere o prevenire 102, ad esempio cambiando la disposizione dei banchi. È necessario programmare attentamente i tempi 103 e il tipo di attività. L’insegnante deve monitorare costantemente quello che accade in classe. Sono necessarie norme chiare per la disciplina 105 possibilmente definite assieme agli studenti stessi. Una strategia è la promozione dei comportamenti corretti mentre quelli scorretti vanno ignorati evitando le punizioni che contribuiscono a esaltarli 106.

Domande

Quali caratteristiche differenziano il linguaggio verbale da quello non verbale e quali sono le funzioni di quest’ultimo

Il linguaggio verbale è più efficace per esprimere idee astratte e complesse, contenuti decontestualizzati, mentre il linguaggio non verbale si presterebbe meglio manifestare emozioni, ad accentuare o a ridurre la comunicazione verbale, a trasmettere messaggi di cui non si vuole assumere la responsabilità. Nel linguaggio non verbale si si distingue fra una componente vocale quali tono intensità velocità pause, la prossemica, vale a dire la disposizione dei corpi e degli oggetti nello spazio e la cinesica vale a dire l’espressione del volto e la postura 81

Il rapporto testo immagine. Fai degli esempi di uso significativo delle immagini per l’apprendimento

Le immagini possono avere varie funzioni ai fini dell’apprendimento, ad esempio decorativo, rappresentativo, mnemonico, iconico, organizzativo relazionale che mostra relazioni fra elementi, 87

Che cosa si intende per computer mediated communication? In che cosa si differenzia dalla comunicazione faccia a faccia?

La computer mediated communication è la comunicazione resa possibile da reti telematiche 90. Rispetto alla comunicazione faccia a faccia in caso di problemi tecnici l’impatto sulla comunicazione può essere maggiore, in più alcune persone possono ritenersi inadeguate o ansiose rispetto all’uso degli strumenti tecnologici, e infine secondo alcuni la possibilità di usare la comunicazione non verbale sarebbe minore 92

Che relazione c’è fra il contratto didattico e le prestazioni cognitive dell’allievo

Il contratto didattico indica i comportamenti attesi in un contesto scolastico dagli insegnanti e dagli studenti vicendevolmente 94 Non è chiaro in che modo il contratto didattico influenzi le prestazioni cognitive degli allievi.

Quali sono le più comuni routine educative? Come si caratterizzano?

Le routine educative sono strategie che hanno lo scopo di alimentare e sostenere il coinvolgimento degli allievi 95. Ad esempio, domande chiuse e aperte, suggerimenti, scomposizione dei problemi, contributi promossi o ignorati, discussione fra pari 96.

In che cosa consiste il concetto di autoefficacia e quale ruolo svolge nei processi di apprendimento

L’autoefficacia è la credenza di ogni persona riguardo le proprie capacità di controllo della realtà circostante e del proprio comportamento. Le persone con autoefficacia più elevata ottengono dei risultati migliori. 97

In quale ambito nasce la riflessione sulla trasposizione didattica ai quali implicazioni ha per la didattica

La trasposizione didattica indica le trasformazioni che il sapere sapiente, vale a dire il sapere prodotto dagli studiosi, subisce per essere insegnabile e insegnato. 99 l’azione didattica consiste in un processo di sostituzione del reale con modelli e simboli. Si distingue fra trasposizione didattica esterna vale a dire la trasformazione di saperi sapienti in saperi da insegnare e la trasposizione didattica interna vale a dire dei saperi insegnati ai saperi appresi 100

Indicare le principali dimensioni del classroom management

Le dimensioni del classroom management sono la gestione dei tempi, degli spazi, delle attività. È necessario ignorare i comportamenti non desiderati, ridurre i distrattori, monitorare continuamente quello che accade in classe 104. È utile stabilire regole di comportamento chiare ed esplicite, meglio se nel definizione delle regole sono coinvolti gli studenti.

Che cosa si intende per withitness e quale rilevanza ha nella gestione della classe

Il termine è stato coniato da Kounin per descrivere la consapevolezza dell’insegnante su quello che sta accadendo nella classe in ogni momento 104

La relazione interpersonale formatore allievo. Atteggiamenti da evitare e prassi consigliate

È utile stabilire regole di comportamento esplicite, ignorare i comportamenti scorretti, promuovere comportamenti adeguati, utilizzare metodologie didattiche che attivano e promuovono l’interesse, mostrare empatia e accettazione non giudicante, evitare contrapposizioni frontali, praticare l’ascolto attivo, promuovere la solidarietà in classe e senso di appartenenza 110.

Gli ambiti della didattica

Con le politiche di LIFELONG LEARNING promosse a partire dal 1996 l’attenzione alla didattica si è spostata anche al di fuori della scuola. Si distingue fra apprendimento formale costituito da istruzione e formazione, l’apprendimento non formale che avviene nell’extra scuola e nell’educazione non professionalizzante degli adulti e la formazione informale che avviene nella vita 115.

In Italia abbiamo il nido, poi la scuola dell’infanzia che inizia dai 36 mesi, poi la scuola primaria, la scuola secondaria di primo grado e di secondo grado 119. Poi abbiamo le competenze chiave europee, l’autonomia scolastica con legge del 1997 che permette di modificare il monte ore annuale in misura del 20%, poi abbiamo l’INVALSI che si occupa di valutazione 122. Poi abbiamo l’università, la formazione professionale.

Il MICRO TEACHING è un metodo per la formazione degli insegnanti basato sulla videoregistrazione di breve sequenza e di insegnamento che vengono poi riviste e discusse 123.

La DIDATTICA EXTRASCOLASTICA è rivolta a giovani dai sei ai 18 anni e avviene presso musei, campi sportivi, oratori ed è promossa in genere da associazioni culturali 129.

L’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI è quella non professionalizzante che avviene con finalità di realizzazione personale 130. I riferimenti sono l’andragogia di Malcom Knowles 1993, i circoli di studio, la pratica autobiografica 130. Per gli adulti sono fondamentali l’autonomia nell’apprendimento e il formatore assume un ruolo di facilitatore.

La MEDIA EDUCATION ha l’obiettivo di smascherare il potere di controllo sociale esercitato dai mass media e si è sviluppata dalla scuola di Francoforte 132. I media esercitano una manipolazione a fini commerciali e veicolano contenuti e valori superficiali, per questo la scuola dovrebbe proteggere i giovani dai media incoraggiando la conoscenza di forme superiori di arte e letteratura 135. In una fase ulteriore invece grazie alla diffusione della semiotica si studiano anche i mass media che vengono visti nella loro dimensione emancipatoria, l’obiettivo non è più quello di difendere i giovani dai media ma di prepararli ad assumere decisioni consapevoli per un uso consapevole dei media 136.

L‘EDUCATIONAL TECHNOLOGY considera le tecnologie dei dispositivi per insegnare ad apprendere secondo un approccio costruttivista. Il primo approccio è quello delle tecnologie dell’istruzione, il secondo a quello delle tecnologie per apprendere che presta attenzione agli strumenti quali computer, Internet 132.

Uno fra i tanti approcci è quello BYOD bring your own device in cui si utilizzano per l’apprendimento le tecnologie che gli studenti già usano nella vita quotidiana 133.

La flipped classroom è una strutturazione del lavoro didattico in cui lo studio avviene a casa e gli esercizi in classe 133.

L’E-learning può essere utilizzato per erogare, interagire con gli studenti, far collaborare gli studenti fra di loro 133. Il mobile learning è l’utilizzo delle tecnologie mobili come lo smartphone e il tablet per insegnare e apprendere nei diversi contesti formativi 134. Il mobile e learning è iniziato con l’enfasi su come utilizzare al meglio i singoli dispositivi, ponendo al centro le tecnologie, poi una seconda fase in cui l’enfasi era sull’apprendimento fuori dall’aula grazie al dispositivi mobili. Infine, l’enfasi si è spostato sulla mobilità dello studente e la progettazione di spazi di apprendimento 134

DALL’INSERIMENTO ALL’INCLUSIONE. La didattica speciale o DIDATTICA DELL’INCLUSIONE si occupa di facilitare l’apprendimento di tutti coloro che incontrano delle difficoltà 137, secondo i principi dello statuto di Salamanca UNESCO 1994. I cui concetti sono il diritto universale all’istruzione, il rispetto delle caratteristiche di ogni soggetto, l’adozione di sistemi educativi e di programmi di studio che tengono conto delle diversità, la non discriminazione grazie all’integrazione di tutti gli individui nei normali circuiti educativi 137. L’enfasi si è spostata dall’inserimento, all’integrazione, e infine all’inclusione 137. Il termine inclusione indica che la scuola sia concepita fin dalle fondamenta in modo da consentire a chiunque, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche, psicologiche e culturali, di poter realizzare il piano sviluppo delle sue potenzialità 137. La disabilità viene vista come dipendente dell’ambiente nel quale le persone si trovano a interagire, l’accento viene posto perciò sulla rimozione degli ostacoli abbia Italia sociale.

I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI BES comprendono disabilità fisiche, sensoriali, psic, disturbi dell’apprendimento, deficit del disturbo dell’attenzione eccetera. L’UDL Universal design for learning è un approccio sviluppato negli Stati Uniti che suggerisce di introdurre varie possibilità di accesso ai contenuti da apprendere (multimodalità). Lo stesso contenuto, cioè, viene offerto in modi e forme diverse attraverso l’impiego di più codici linguistici e schemi espositivi e di lavoro diversificati per caratteristiche cognitive conoscitive, linguistiche, sensoriale e motoria, anche con l’aiuto delle tecnologie 138.

I DSA DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO quali dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia quando sono particolarmente sviluppati richiedono una programmazione personalizzata e piani di intervento mirati ad esempio la stesura di un profilo dinamico funzionale PDF e del piano educativo individualizzato PEI 140.

La DIDATTICA INTERCULTURALE si sviluppa con le società multietniche e le relative difficoltà di varia natura 140. Il concetto generale è gli insegnanti devono porre attenzione ai possibili pregiudizi culturali per prevenire i conflitti 140. Il termine interculturale indica la necessità di uno scambio reciproco fra culture diverse. Le attività di didattica interculturale vanno rivolte non solo agli immigrati ma anche ai locali con un obiettivi di educazione d’ascolto, il decentramento dei punti di vista 141.

Domande

Indicare quali tratti peculiari hanno contraddistinto in tutta la sua storia la didattica scolastica

Classi composte da più allievi, docenti e allievi devono trovarsi tutti nello stesso luogo e nello stesso tempo, obbligo di frequenza e controllo di presenze e assenze, cicli di studio annuali, programmi curricolari distinti per aree tematiche disciplinari, valutazione formale dei risultati dell’apprendimento 117

Indicare cosa si intende per educazione formale non formale e informale e come mai questa distinzione è rilevante

L’apprendimento formale è quello che avviene in percorsi organizzati dati istituzioni deputate all’insegnamento come scuole, università enti di formazione accreditati e che conduce all’acquisizione di certificazioni. L’apprendimento non formale si verifica al di fuori delle strutture formative canoniche, ad esempio associazioni, parrocchie, sindacati, compagnie teatrali o nel luogo di lavoro e di solito non prevede il rilascio di certificazioni. L’apprendimento informale si verifica in modo incidentale non intenzionale nel corso della vita quotidiana 114

Quali aspetti caratterizzano la didattica degli adulti e quali sono le principali differenze con la didattica scolastica

La didattica degli adulti, conosciuta anche come andragogia (Malcom Knowles), presenta caratteristiche peculiari che la distinguono dalla didattica scolastica. In particolare:

  • apprendimento centrato sull’esperienza,
  • motivazione intrinseca,
  • autonomia e partecipazione attiva,
  • orientamento al risultato,
  • applicabilità immediata,
  • bisogno di rispetto.

Nella didattica scolastica (pedagogia) al contrario la motivazione è spesso esterna, l’esperienza degli studenti è limitata o inesistente, il metodo didattico è prevalentemente trasmissivo, l’autonomia dello studente è limitata, gli obiettivi sono generali orientati alla crescita personale a lungo termine, la relazione col docente è asimmetrica, l’applicazione di quanto si impara è spesso lontana nel tempo.

Indicare le principali caratteristiche degli interventi didattici nella formazione professionale e continua

Le principali caratteristiche della formazione professionale continua sono l’assenza o la riduzione di importanza della valutazione dell’apprendimento, l’enfasi sull’apprendimento esperienziale e autodeterminato, basati sull’osservazione e la riflessione seguendo Kolb, Schoen, Reg Revans 127, l’importanza delle comunità di pratica 128

Che cosa si intende per lifelong learning e quali sono le esigenze a cui cerca di rispondere

Il Lifelong Learning (apprendimento permanente) si riferisce al processo continuo di acquisizione di conoscenze, competenze e abilità durante l’intero arco della vita, non limitato ai periodi di istruzione formale (scuola, università). Include attività di apprendimento formali, non formali e informali che possono avvenire in qualsiasi contesto: lavoro, tempo libero, o altre esperienze personali. Il Life on learning risponde a esigenze di crescita personale, sviluppo professionale, inclusione sociale. L’unione europea lo sviluppa a partire dal 1996 hanno dichiarato dell’apprendimento permanente. Nel 2001 e stato redatto un memorandum sul lifelong learning e nel 2006 il quadro europeo delle competenze chiare per l’apprendimento permanente.

Quali sollecitazioni teoriche vengono da parte della didattica speciale alla didattica generale

La didattica speciale, che si occupa dell’educazione e della formazione di persone con bisogni educativi particolari, ha fornito numerosi contributi e sollecitazioni teoriche alla didattica generale, influenzandola in modo significativo. Questi contributi si basano sull’obiettivo comune di creare contesti di apprendimento più inclusivi, personalizzati e capaci di rispondere alla diversità dei bisogni degli studenti. In particolare approccio inclusivo, da didattica speciale a didattica per tutti. Personalizzazione dell’apprendimento, centralità dell’alunno, metodologie attive e partecipative, approccio multimediale, valorizzazione delle competenze trasversali, didattica flessibile e adattiva, valutazione formativa e non giudicante, collaborazione educativa fra soggetti diversi.

Che cosa si intende per BES che cosa sono i DSA

I BES sono una categoria che include tutti gli studenti che, per diverse ragioni, hanno necessità di attenzioni particolari nel percorso educativo. Questo concetto è stato introdotto in Italia con la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, che amplia il tradizionale concetto di disabilità e difficoltà di apprendimento, riconoscendo un’ampia gamma di bisogni legati a situazioni personali, sociali o culturali. Si distingue fra disabilità, disturbi evolutivi specifici, disagio economico linguistico culturale.

I DSA Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono una sottocategoria dei BES, dovuti a disfunzioni neurobiologiche, quali dislessia (difficoltà di lettura), disortografia (errori ortografici ricorrenti), disgrafia (scrittura manuale poco leggibile), discalculia

Quali sono le dimensioni di interesse comune per la didattica speciale e la didattica interculturale

Le dimensioni comuni sono l’inclusione, la personalizzazione dell’apprendimento, la valorizzazione delle diversità, la flessibilità del curriculum, l’attenzione alle difficoltà di comunicazione, la necessità di formazione dei docenti, la necessità di collaborazione scuola famiglia comunità, la promozione delle competenze sociali.

La dimensione metodologica della didattica

Le conoscenze relative alla didattica possono essere acquisite per esperienza personale diretta o indiretta, attraverso indagini sul campo, attraverso la ricerca documentaria 145.

L’APPRENDIMENTO DALL’ESPERIENZA può essere potenziato grazie alla riflessività, vedi Schön, che permette di costruire repertori di comportamenti e affrontare situazioni impreviste 146. Le buone pratiche sono esperienze positive di didattica che diventano di pubblico dominio.

LA RICERCA DIDATTICA utilizza metodologie riprese dalle scienze sociali. Una ricerca è una sequenza ordinata di azioni, Verificabili anche da soggetti esterni che non hanno partecipato alla ricerca, che si pone un obiettivo conoscitivo 147. È necessario riconoscere che gli individui sono guidati da schemi personali nell’osservazione delle realtà, chiamati equazione personale 147.

Metodi quantitativi e modelli sperimentali o quasi sperimentali

Si distingue fra metodi quantitativi, basati sulla manipolazione di dati estrapolati dalla realtà secondo modelli sperimentali o quasi sperimentali. Il presupposto e che sia possibile tenere sotto controllo le variabili che influenzano un determinato fenomeno e che manipolando una di esse (chiamata variabile indipendente) si possano verificare i cambiamenti sul contesto oggetto di studio 148. Si possono usare un gruppo sperimentale un gruppo di controllo i cui partecipanti sono stati selezionati in modo casuale. La statistica ci indica le probabilità che un determinato effetto verificatosi nel gruppo sperimentale sia dovuto al caso. Se la probabilità è bassa (se la soglia di significatività -indicata convenzionalmente con p– è minore del 5 o dell’1% -cioè p<0,05 o p<0,01) allora si postula che l’effetto sia dovuto alla variabile sperimentale. 149

Anche se è possibile manipolare la variabile indipendente, in alcuni casi non è possibile ottenere gruppi sperimentali e di controllo casualmente (metodo quasi sperimentale). La ricerca quasi sperimentale condivide molti aspetti della ricerca sperimentale, ma manca del pieno controllo sulle variabili, in particolare sulla randomizzazione. È utile quando non è etico o pratico assegnare casualmente i partecipanti ai gruppi (ad esempio, in ambito educativo o clinico). Pur non garantendo un controllo rigoroso, può fornire indicazioni utili su relazioni causali

Se non è possibile creare un gruppo di controllo, ma si è costretti ad affidarci a a rilevazioni in tempi diversi nello stesso gruppo allora metodi presperimentali 152 ad esempio rilevazioni ex post.

Se le variabili implicate in un fenomeno non sono controllabili abbiamo disegni di ricerca non sperimentali 151.

Rapporti fra ricerca quantitativa e ricerca sperimentale o quasi sperimentale

La ricerca sperimentale è un sottoinsieme della ricerca quantitativa. La ricerca quantitativa è caratterizzata dal fatto di raccogliere e elaborare dati numerici. Gli scopi della ricerca quantitativa possono essere A. descrittivi (ad esempio nei sondaggi descrittivi) oppure B. relazionali (verificare che c’è una relazione fra due variabili, anche se non è chiaro quale delle due è la variabile indipendente) oppure C. causali (dove è chiaro qual è la variabile indipendente). La ricerca sperimentale è il caso C della ricerca quantitativa.

La ricerca sperimentale richiede un design rigoroso (ad esempio, randomizzazione, doppio cieco). La ricerca quantitativa, in generale, può essere meno rigorosa a seconda dell’obiettivo (es. sondaggi descrittivi).

Metodi qualitativi e misti

I metodi qualitativi esaminano con modalità non numeriche dati testuali o verbali raccolti con tecniche quali etnografia, studio di caso, ricerca azione 154.

Abbiamo anche i metodi misti dove vengono usati congiuntamente metodi quantitativi e qualitativi nello stesso studio 155.

LA QUALITÀ DELLA RICERCA va valutata secondo pertinenza, validità e affidabilità. In generale, il ricercatore deve fornire informazioni che rendano la ricerca intellegibile e permettano di riprodurla.

  • La pertinenza riguarda il grado in cui la ricerca è rilevante rispetto al problema, alla domanda o all’obiettivo che si intende affrontare. I dati raccolti rispondono alla domanda di ricerca? Gli strumenti utilizzati sono adeguati all’argomento? Il contesto o il campione scelto è rappresentativo dell’obiettivo della ricerca?
  • La validità riguarda il grado in cui i risultati della ricerca riflettono accuratamente ciò che si intende misurare o indagare. Si divide in: Validità interna: La coerenza del metodo e la capacità di escludere variabili estranee che potrebbero influenzare i risultati. Validità esterna: La possibilità di generalizzare i risultati della ricerca ad altri contesti, popolazioni o situazioni. Domande chiave per valutarla: – Gli strumenti di misurazione sono stati costruiti correttamente e testati? – Le conclusioni sono supportate dai dati? – Sono stati considerati e controllati eventuali fattori confondenti?
  • L’affidabilità si riferisce alla consistenza e alla riproducibilità dei risultati. Una ricerca affidabile produce risultati simili se ripetuta con le stesse condizioni e metodi. Domande chiave per valutarla: Gli strumenti di misurazione producono risultati coerenti nel tempo? Il metodo è stato applicato in modo sistematico e rigoroso? La ricerca può essere replicata da altri ricercatori?

Una evidenza è una conoscenza prodotta da un’indagine empirica secondo un processo ripetibile anche da parte di soggetti esterni 159 Le evidenze sono i “mattoni” su cui si costruiscono conclusioni scientifiche in una ricerca empirica. Deve essere:

  • Osservabile e misurabile: Deve essere basata su fenomeni osservabili o dati raccolti in modo sistematico.
  • Oggettiva: È idealmente indipendente da opinioni o interpretazioni personali, anche se l’interpretazione può essere necessaria per trarne significato.
  • Rilevante: Deve essere pertinente alla domanda di ricerca o all’ipotesi in esame.
  • Ripetibile: Deve poter essere verificata e replicata da altri ricercatori per confermarne la validità.

La evidence based education si basa su confronti sistematici di ricerche diverse 159, vengono prodotte così metanalisi. Una metanalisi è un’analisi statistica di un’ampia raccolta di dati provenienti da singoli studi allo scopo di integrare le diverse scoperte 161. Un esempio è la meta etnografia 161 Sempre in questo ambito abbiamo le systematic reviews, vale a dire rassegne critiche sistematiche che rilevano e valutano tutti i dati significativi prodotti dalla ricerca su un determinato problema 192. Si formula una domanda di ricerca, poi si individuano le ricerche pertinenti, poi si estraggono le informazioni, poi si confrontano i risultati e ci scrive un resoconto 163. In concreto, le metanalisi utilizzano la statistica applicata a un certo numero di ricerche per arrivare a conclusioni più precise sull’impatto di una determinata variabile, mentre la systematic review ha lo scopo di definire lo stato della ricerca su un determinato tema.

Domande

Il circuito teorico pratico individuale. Che cosa distingue una buona pratica da una riflessione individuale sull’esperienza

La buona pratica è una pratica che è stata resa nota e confrontata positivamente con altre tecniche utilizzate con popolazioni dello stesso tipo 146

Che cosa trasforma il circuito teorico pratico individuale in attività di ricerca

Un’attività di ricerca è un insieme di azioni controllabili anche da soggetti esterni, svolte secondo un metodo scientifico, volte a produrre conoscenza. 147

Che cosa si intende per equazione personale

L’equazione personale è il sistema di credenze individuali che influenzano il modo di vedere la realtà

Quali sono le tipologie più note fra i metodi quantitativi e come si distinguono

I metodi quantitativi sono strumenti di ricerca che si basano sulla raccolta e l’analisi di dati numerici per rispondere a domande di ricerca, testare ipotesi e individuare relazioni tra variabili. Sono in genere quantitativi l’esperimento e il quasi esperimento, dove si manipola la variabile indipendente e si utilizzano gruppi di controllo casuali o quasi casuali. Posso anche sviluppare in senso quantitativo le seguenti tecniche di indagine: inchiesta, indagine, osservazione sistematica, ricerca valutativa.

Sono invece in genere qualitativi la ricerca etnografica, lo studio di caso, la ricerca azione.

La ricerca azione è una metodologia di taglio qualitativo. Che cosa distingue la ricerca azione dai metodi sperimentali

Le ricerca azione mira a risolvere problemi pratici, segui un percorso iterativo, coinvolge i partecipanti, si svolge in ambiti reali, utilizza metodi qualitativi come osservazioni, interviste, focus group (a volte integrati con metodi quantitativi), la teoria emerge dall’interazione fra riflessione e pratica. Al contrario nei metodi sperimentali l’obiettivo è verificare ipotesi, si segue un andamento lineare e predeterminato, i partecipanti hanno un ruolo passivo, si svolge spesso in ambienti controllati, i dati vengono elaborati con tecniche quantitative, la ricerca parte da una teoria predefinita che viene testata è confermata o confutata.

In che cosa consistono i metodi misti quali vantaggi avrebbero

I metodi di ricerca misti consistono nell’inserire nella stessa ricerca sia tecniche qualitative che tecniche quantitative. Il vantaggio è una miglior comprensione del fenomeno oggetto di studio. Le tecniche qualitative portami in genere conoscenze approfondite ma malamente generalizzabili. Le tecniche quantitative portano conoscenze generalizzabili ma spesso poco approfondite. Inserire tecniche di diverso tipo nella stessa ricerca dovrebbe migliorare la comprensione del fenomeno e contemporaneamente la generalizzabilità dei risultati.

Qualità della ricerca si spieghino i concetti di pertinenza, validità e affidabilità

Pertinenza si riferisce alla rilevanza della ricerca e degli strumenti di ricerca utilizzati rispetto al problema, validità interna alla precisione nell’identificazione degli effetti della variabile indipendente, validità esterna alla possibilità di generalizzare i risultati, affidabilità alla riproducibilità dei dati rilevati da parte di altri ricercatori o in tempi diversi.

Che cosa si intende con evidenza e che cos’è l’evidence based education

Le evidenze sono i “mattoni” su cui si costruiscono conclusioni scientifiche in una ricerca empirica. L’evidence based education è una corrente di pensiero che promuove l’uso del metodo scientifico nelle ricerche in ambito educativo.

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Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

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Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Una luce al Centro: una storia di Natale al Centro per l’impiego

Ancora un esempio di storytelling facilitato dai siti di intelligenza artificiale. Il prompt è stato il seguente:

Scrivi una storia di natale (circa 4000 caratteri ) per fare gli auguri agli operatori di un centro per l’impiego.

Ecco lo svolgimento, con minime modifiche:

Una luce al Centro: una storia di Natale

Mancavano tre giorni a Natale, e il piccolo paese di San Colombano era avvolto da un manto di neve. Il Centro per l’Impiego del paese, solitamente un luogo frenetico e brulicante di persone, era tranquillo e silenzioso. Gli operatori avevano concluso la loro giornata, ma un’insegna luminosa ancora brillava: “Qui costruiamo il futuro”.

Maria, una giovane operatrice, era l’ultima a lasciare l’ufficio. Era rimasta per sistemare alcuni documenti e preparare una relazione per l’anno nuovo. Il suo lavoro, pensava, era spesso invisibile agli occhi di molti, ma per lei aveva un valore profondo. Ogni curriculum migliorato, ogni sorriso di un utente che aveva trovato il proprio posto nel mondo, erano il suo vero dono quotidiano.

Mentre chiudeva la porta, sentì un lieve tintinnio. Si girò e vide un uomo avvolto in un cappotto logoro, con una lunga sciarpa rossa. Aveva un sacco sulle spalle e un sorriso caldo. “Buona sera, Maria”, disse con voce calma.

Maria era sorpresa. “Ci conosciamo?” chiese.

“Oh, in un certo senso. Sono passato tante volte da questo Centro, anche se forse non mi hai mai notato. Ma non sono qui per chiedere aiuto. Stasera sono qui per portare un regalo speciale.”

Maria guardò l’uomo con curiosità. Lui aprì il sacco e ne estrasse una piccola lanterna dorata, che sembrava emettere una luce calda e pulsante. “Questa è la Lanterna della Speranza”, spiegò. “Si accende nei luoghi dove la dedizione, la pazienza e l’ascolto trasformano la vita delle persone.”

“Non capisco… Perché portarla proprio qui?” domandò Maria.

L’uomo sorrise. “Perché tu e i tuoi colleghi siete come piccole luci che brillano nelle giornate più buie delle persone. Quando qualcuno entra qui, porta con sé incertezze, dubbi e paure. Ma voi sapete ascoltare, guidare e incoraggiare. Questo non è solo un Centro per l’Impiego: è un luogo dove si ricostruisce la speranza.”

Maria si sentì pervadere da una dolce emozione. Pensò a tutte le storie che aveva ascoltato durante l’anno: il padre di famiglia che aveva trovato un nuovo lavoro dopo mesi di disoccupazione, la giovane ragazza che aveva scoperto la sua vocazione, l’anziano artigiano che, grazie al loro aiuto, aveva deciso di trasmettere il suo mestiere ai giovani.

“Grazie…” mormorò, commossa. “Ma chi sei tu, davvero?”

L’uomo si limitò a sorridere e, con un cenno della mano, si allontanò nella neve, lasciando Maria con la lanterna tra le mani. Quando lo cercò con lo sguardo, era già scomparso.

Alla ripresa dell’attività, Maria mise la lanterna sulla scrivania principale. I suoi colleghi, al ritorno dopo la pausa natalizia, furono subito attratti dalla sua luce particolare. Uno dopo l’altro, raccontarono le storie che li avevano più colpiti durante l’anno. Con ogni racconto, la luce della lanterna sembrava diventare più intensa, come se si alimentasse delle speranze e dei successi delle persone che avevano aiutato.

Da quel giorno, la Lanterna della Speranza divenne il simbolo del Centro per l’Impiego di San Colombano. Ogni anno, alla Vigilia di Natale, Maria e i suoi colleghi si riunivano intorno a essa per condividere i momenti più belli del loro lavoro e per ricordare che, anche nei momenti più difficili, ogni piccolo gesto può fare una grande differenza.

E così, anche in quel Natale, la luce continuò a brillare, ricordando a tutti che la speranza è il dono più prezioso che si possa offrire.

Auguri di cuore a tutti voi, operatori del Centro per l’Impiego, che ogni giorno accendete una luce di speranza nelle vite delle persone!

 

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Riformulazioni efficaci: concentrati sul significato e non sui dati di contesto

Cos’è la riformulazione

La riformulazione è una delle abilità di counseling fondamentali, e consiste nel ripetere gli aspetti più importanti che emergono nelle varie fasi di un colloquio di aiuto (i colloqui di consulenza di orientamento sono colloqui di aiuto).

Su cosa riformulare esattamente? E’ necessario distinguere fra dati di contesto e significato. Quando un utente ci parla della sua situazione, fornisce inevitabilmente una serie di dati: dettagli sulle circostanze, le persone coinvolte, le azioni intraprese. Questi elementi sono importanti per comprendere il quadro generale, ma non sono quello su cui dobbiamo concentrarci nella riformulazione. Al contrario, il significato è relativo a come l’utente/ cliente vive e interpreta a situazione che ci sta raccontando. Durante un colloquio di aiuto, dobbiamo chiederci costantemente, con riferimento al cliente/utente: quali sono le sue emozioni, i suoi desideri, le sue preoccupazioni? Cosa sta cercando di comunicarci attraverso i fatti ci sta raccontando?

Ad esempio nella frase:

  • Nell’ultimo mese a causa di una ristrutturazione aziendale hanno ridotto gli addetti con la mia qualifica nel mio reparto che produce motori elettrici, e siccome il contratto di lavoro lo prevede sono costretto a fare molte ore di straordinario obbligatorie. Per questo motivo non ho tempo per svolgere il mio sport preferito

gli elementi di contesto sono le informazioni relative a:

  • dimensione temporale
  • ristrutturazione aziendale,
  • riduzione addetti,
  • norme contratto di lavoro,
  • ore di straordinario aumentate.

Il significato, invece, riguarda l’impatto personale della situazione: come il cliente vive e interpreta ciò che sta accadendo. Nel caso specifico, il significato potrebbe essere espresso così:

  • Sento di aver perso il controllo sul mio tempo.
  • Mi manca il mio sport preferito.

Come riformulare in modo efficace

La riformulazione dovrà concentrarsi non sui dati di contesto, ma sul significato, e solo in questo modo l’operatore dimostrerà una comprensione profonda delle emozioni e dei bisogni espressi. Seguendo l’esempio precedente, riformulazioni efficaci potrebbero essere:

  • In altre parole, sente di aver perso il controllo sul suo tempo.
  • Quindi, ciò che le manca davvero è il piacere di dedicarsi al suo sport preferito.

Oppure, se vogliamo orientare la conversazione verso la ricerca di soluzioni:

  • In altre parole, vorrebbe trovare un modo per ritagliarsi del tempo per sé nonostante le pressioni lavorative.

Immaginiamo un altro scenario, stavolta in un colloquio di sostegno psicologico. Un utente ci dice:

  • Da quando mia moglie mi ha lasciato per un altro uomo, non riesco più a concentrarmi sul lavoro. Continuo a pensare a loro due insieme e mi sento un fallito.

In questo caso, i dettagli sulla separazione e sui problemi di concentrazione sono il contesto, mentre il significato centrale è il senso di tradimento, gelosia e il colpo all’autostima.

Una possibile riformulazione potrebbe essere:

  • Mi sta dicendo che questo evento l’ha profondamente ferito e scosso la sua sicurezza in se stesso.

Così facendo, dimostriamo di aver colto le emozioni chiave e apriamo uno spazio per esplorare ulteriormente questi temi.

Errori comuni nella riformulazione

Nelle simulazioni che facciamo nella prima fase della formazione alle abilità di counseling, alcuni dei miei corsisti tendono a riformulare riportando anche i dati di contesto, la riformulazione così diventa principalmente un esercizio di memoria, che consiste nel ripetere il più possibile delle informazioni comunicate dal cliente / utente.

Al contrario, la riformulazione deve essere principalmente un esercizio di comprensione del significato, cioè di quello che il cliente / utente ha voluto comunicarci.

In quali casi riformulare anche su elementi di contesto

Le riformulazioni si concentreranno su singoli elementi di contesto solo quando sono tali elementi sono funzionali alla prosecuzione del colloquio, ad esempio per la definizione di un obiettivo e un piano d’azione.

Supponiamo che il cliente desideri migliorare la gestione del proprio tempo. In questo caso, l’operatore potrebbe dire:

  • Capisco che le ore di straordinario obbligatorio siano un vincolo legato al contratto. Le va di parlare di come organizzare il suo tempo libero in modo più efficace?

In questo caso, il dato di contesto – gli straordinari obbligatori – viene integrato nella riformulazione perché è essenziale per lavorare su un possibile obiettivo.

Come imparare le abilità di counseling utili per l’orientamento

Se vuoi imparar a usare le abilità di counseling nell’orientamento puoi seguire uno dei miei corsi dedicati a questo tema.

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Una sintesi del libro L’organizzazione del lavoro. Dalla rivoluzione industriale allo smart working

In sintesi

I principali cambiamenti evidenziati dall’autore nel libro L’organizzazione del lavoro. Dalla rivoluzione industriale allo smart working di G. Maifreda sono i seguenti:

  1. Da corporazioni cittadine nel medioevo a mercanti che assegnano lavoro a domicilio nelle campagne e poi alle grandi fabbriche / (ma rimangono le imprese a rete nella terza Italia di Bagnasco)
  2. dal lavoro a domicilio qualificato al lavoro in grande fabbrica dequalificato (operaio massa)
  3. da agricoltura settore principale a manifattura e poi adesso servizi
  4. da grande fabbrica fordista a fabbrica automatizzata dove gli operai sono supervisori o se devono intervenire direttamente lavorano a squadre in isole produttive
  5. da fordismo a toyotismo che riduce prodotti finiti in magazzino (la produzione avviene sulla base della domanda, just in time), scarti (kaizen), tempi morti, magazzino (produzione snella) ma richiede un forte coinvolgimento delle maestranze
  6. perdita di centralità dell’operaio e del sindacato conflittuale.

Premessa

il libro descrive l’evoluzione nell’organizzazione del lavoro negli ultimi due secoli. Secondo l’autore, il racconto di questa trasformazione è stato caratterizzato da due diversi approcci.

Il primo approccio vede lo sviluppo dell’organizzazione del lavoro negli ultimi 200 anni come degradante, perché ha segnato il passaggio dei lavoratori da una condizione di liberi artigiani operanti che svolgevano la loro attività a domicilio alla subordinazione in fabbrica, impegnati in lavori dequalificati IX (i numeri romani e arabi si riferiscono alle pagine). La diffusione delle macchine automatiche rappresentò il compimento definitivo della subordinazione della forza lavoro alle norme della produzione capitalistica X.

Altri studiosi come, ad esempio, Piore e Sabel hanno segnalato che lo sviluppo industriale non ha seguito una linearità storica, e che negli stessi territori sono convissuti molto a lungo assetti produttivi e logiche manageriali molto eterogenee. In particolare, in molte zone d’Italia la produzione industriale ha assunto la struttura del distretto produttivo caratterizzato da reti di imprese, spesso specializzate in una singola fase produttiva, strettamente interlacciate le une con le altre. È un peccato che il libro non approfondisca questo aspetto ma si limiti a descrivere solo l’evoluzione della grande fabbrica.

La rivoluzione industriale porta l’accentramento della produzione in un unico luogo, la grande fabbrica, e questo rende possibile un’enorme incremento di produttività. Secondo l’autore questi cambiamenti non furono il risultato oggettivo delle nuove tecniche impiegate (prima l’energia prodotta dal vapore, poi quella prodotta dall’elettricità), ma, seguendo Foucault (XII), dell’azione del potere. Foucault, nelle sue opere, postula che le vicende sociali degli ultimi 300 anni siano state determinate dall’azione di un soggetto immateriale, dotato di coscienza e di potere illimitato di intervento nel mondo sensibile (il potere), volto ossessivamente al controllo degli umani, che a loro volta sono ridotti a corpi, cioè a fantocci inanimati. Sulla stessa posizione di Foucault (ma, al contrario di Faucault, senza reificare il potere) anche Stephen A. Marglin, What Do Bosses Do?: The Origins and Functions of Hierarchy in Capitalist Production e la convincente risposta di Landes What do bosses really do? Sia Faucault che Marglin seguono una visione dell’impresa che Causarano chiama cospiratoria.

Questa impostazione, molto più netta nel precedente e più ampio libro La disciplina del lavoro. Operai, macchine, fabbriche nella storia italiana (2007) viene qui stemperata dall’affermazione sul carattere relazionale del potere esercitato dagli imprenditori. Secondo l’autore durante lo sviluppo industriale si assiste piuttosto all’instaurazione di nuovi e numerosi punti di scambio, saturi di relazioni di potere, fra le vite dei lavoratori e il sistema economico nel cui complesso, in cui le forme concrete della produzione organizzata giocarono un ruolo determinante XIII.

Nel libro l’autore fa una serie di approfondimenti su temi e svolte che ritiene significative.

Una nuova epoca

All’inizio dell’Ottocento l’attività industriale non era soggetta ai molti vincoli che conosciamo adesso. Imprenditori e dipendenti erano liberi di concordare il salario e le modalità della prestazione lavorativa 2. Le leggi erano pensate per una realtà economica popolata da piccoli produttori, più commercianti che industriali 2. La gran parte degli imprenditori era favorevole all’assenza di intervento statale nelle relazioni industriali. Le attività produttive erano caratterizzate dall’impiego di massa di donne e bambini, con orari di lavoro estremamente lunghi 9.

Gli imprenditori più illuminati adottavano il paternalismo organico, vale a dire non solo fornivano lavoro, ma si occupavano anche di aspetti della vita quotidiana dei lavoratori, come la costruzione di abitazioni, la gestione di scuole, chiese, ospedali, e altre istituzioni sociali. Questo creava una relazione simbiotica, dove i lavoratori dipendevano in gran parte dal datore di lavoro per il loro benessere complessivo, non solo per il salario.

Nel 1863 si verifica a Biella uno dei primi scioperi italiani dopo l’unificazione 8, che si concluse con la stipula del concordato Mancini, che manteneva la pratica dell’apprendistato.

Nel 1886 la legge Berti vietò il lavoro dei fanciulli prima dei 9 anni e il loro lavoro notturno prima dei 12. Nel 1898 fu introdotta l’assicurazione obbligatoria dei dipendenti a carico dell’imprenditore. Nel 1902 la legge Carcano regolo ulteriormente il lavoro delle donne e dei minori. Nel 1912 fu creato il corpo degli ispettori del lavoro. 10.

Prima della rivoluzione industriale, fra il ‘500 e l’800 , il processo di produzione era organizzato da grossi mercanti. I mercanti commissionavano i semilavorati, filati o tessuti, da artigiani e lavoratori a domicilio, spesso contadini che lavoravano in zone rurali. Facevano poi ritirare il semilavorato e lo fornivano ai laboratori che effettuavano la fase di produzione successiva. In precedenza, invece la gran parte delle attività era svolta dai proprietari delle botteghe urbane, che, sebbene cercassero di proteggersi tramite le loro arti o corporazioni, persero così potere a favore dei detentori del capitale mercantile. L’assetto corporativo rimase importante i mestieri come la calzoleria, la gioielleria, e altre attività di lusso. 12. Le corporazioni vengono soppresse intorno alla fine del 700 12.

Candore scintillante

I regolamenti di fabbrica definivano i comportamenti desiderati nei dipendenti, che fra l’altro riprendevano quelli già richiesti in precedenza a quanti lavoravano sottoposti a padroncini a domicilio 18.

La Confederazione generale del lavoro nasce a Milano nel 1906 19

In questa fase, i lavoratori delle fabbriche italiane erano caratterizzati da indisciplina e inadeguatezza tecnica, tant’è che molte imprese assumevano lavoratori all’estero 21. Dall’estero proveniva anche la gran parte dei macchinari. C’è un costante il tentativo di assicurare ordine e pulizia all’interno degli stabilimenti.

I corpi e le macchine

Macchinari più avanzati iniziano a diffondersi in Italia all’inizio dell’Ottocento. In questa fase gli esperti nelle lavorazioni erano i capi reparto, a cui spettava anche la gestione del personale, Incluso assunzioni, addestramento e sorveglianza, a esclusione della contrattazione dei salari a cui provvedeva invece il proprietario. 42. Il personale impiegatizio era molto ridotto.

Tutte le imprese lavoravano su commissione, la produzione per il magazzino era quasi inesistente. Non esistevano prodotti standardizzati 42.

Grazie a macchinari a vapore o elettrici la produzione aumentò notevolmente in particolare nel settore tessile 43, con la diffusione del filatoio automatico. Fra il 1850 e il 1870 anche gli altiforni europei conobbero un rapido sviluppo tecnologico 44.

La macchina semiautomatica o automatica svolgeva direttamente le operazioni che prima erano seguite dall’operaio. L’operaio si limitava adesso ad attrezzare l’utensile e a controllarne il funzionamento. Questo diminuì la necessità di abilità manuale da parte degli operai, la macchina banalizzava il mestiere. Molti operai si sentirono defraudati dalle macchine. Altri operai, una minoranza, ottennero aumenti di stipendio in qualità di attrezzisti e manutentori. 49

Si ebbe una rivoluzione anche nei salari, che inizialmente erano a tempo. Alla retribuzione di base fissa fu aggiunta una parte variabile che dipendeva dalla quantità di lavoro svolto. Si diffuse così la retribuzione a cottimo 50. A partire dal 1900 la grande scala di produzione delle imprese di seconda rivoluzione industriale (caratterizzata da diffusione dell’acciaio, elettricità, motore a scoppio interno, chimica, ferrovie, urbanizzazione) frantumò il lavoro umano in operazioni semplici 51. Il lavoro fu organizzato raggruppando le macchine uguali in aree omogenee, che effettuavano le stesse lavorazioni su parti che era poi necessario montare altrove 52.

Il primo esempio di catena di montaggio, dove il pezzo si sposta su un nastro trasportatore e viene progressivamente lavorato, fu nell’impianto Ford di Highlands Park nel 1913 51.

In questo periodo si sviluppò l’analogia fra corpo umano e macchine 57.

Scienza al maschile, lavoro al femminile

La Prima guerra mondiale diede un grosso sviluppo alla produzione industriale moderna. L’enorme richiesta di prodotti bellici rese conveniente l’innesto del taylorismo anche in Europa 61 e valorizzò il sapere scientifico 64.

Il regime fascista contribuì allo sviluppo tecnico e scientifico. Le fabbriche più grandi erano fortemente disciplinate secondo le teorie di Henry Fayol 66.

La riforma Gentile del sistema scolastico avvenuta nel 1923 rispondeva alla necessità di formare apprendisti. Le scuole furono divise in scuole di avviamento, scuole industriali, 67. Presero avvio anche corsi per le maestranze 68.

Nelle fabbriche vigeva la segregazione di genere. I lavori qualificati erano in genere assegnati agli uomini 70. La presenza delle donne in fabbrica si affermò rapidamente soprattutto nelle aree rurali dell’Italia centro settentrionale. In una rilevazione statistica del 1876 le operaie erano il doppio degli operai maschi adulti; una parte rilevante della manodopera era costituita da bambini. Settori ad alta percentuale femminile erano il tessile, i tabacchi, la gomma, l’industria chimica 75. Molte donne lavoravano ancora a domicilio, usando la macchina da cucire, I ferri da calza, occupandosi di rifinitura di scarpe, valigie, guanti in altri articoli di pelletteria 75.

In questo periodo in alcune fabbriche si controllava la moralità delle donne, e spesso smettevano di lavorare in fabbrica al momento del matrimonio 78

A inizio del 900 le donne venivano ritenute più deboli dell’uomo, più adatte a lavori di precisione, le donne venivano spesso destinate al lavoro i ripetitivi o di precisione, mentre i lavori tecnici specializzati o artigianali erano svolti dagli uomini.

La Prima guerra mondiale creò occasioni di lavoro per le donne, ma non tantissime, furono aumentate soprattutto l’occupazione maschile e le ore di lavoro.

Una organizzazione per il boom

Le macchine automatiche concentrano nello stesso dispositivo una pluralità di funzioni semplici, in questo modo la macchina riesce a effettuare varie operazioni tutte assieme, riducendo o eliminando il tempo che serviva a trasportare il pezzo da un capo all’altro della fabbrica o da una macchina all’altra 90. L’automazione è quindi una ricomposizione del ciclo di lavoro svolto dalla macchina 91. Gli operai qualificati furono così demansionati 91, alcuni una minoranza iniziarono a lavorare come attrezzisti o manutentori, tutti gli altri diventarono manovali specializzati 92.

Poiché le macchine svolgevano da sole una buona parte del lavoro gli imprenditori cercarono di assegnare allo stesso operaio la supervisione le macchine diverse 93.

Uno sviluppo ulteriore si ebbe con le macchine transfer, composte di varie stazioni in cui il pezzo passava dall’uno all’altra secondo la lavorazione da eseguire 94. In questo modo il lavoro umano si riduce fino a quasi a scomparire 95

In Italia macchinari di questo tipo si diffusero dopo l’Autunno caldo 97, tuttavia i processi produttivi organizzati in questo modo avevano una serie di problemi 98 in quanto queste macchine non erano in grado di gestire piccole imperfezioni lavorative.

Lavoro e cambiamento sociale

Negli anni 60 In Italia il mercato dell’automobile era in enorme espansione e questo portò ad assumere migliaia di giovani lavoratori che venivano dal Sud Italia. Questo ridusse il controllo sociale dei capi nella Fiat e in altri stabilimenti simili. Alla Fiat i capi intermedi erano tutti piemontesi, mentre i lavoratori dequalificati erano meridionali 109. Lo stabilimento di Mirafiori era stato creato con lunghe linee di montaggio, esistevano catene di montaggio di reparto che affluivano alle catene centrali 111. In questo modo si ebbe un calo degli specializzati all’11%, dei qualificati al 23%, mentre gli operai comuni crebbero al 56%. Gli impiegati raddoppiarono 112. La produzione era organizzata con un’estrema scomposizione dei compiti secondo i principi del taylorismo 112.

Nel dopoguerra in Italia il tasso di femminilizzazione del lavoro era intorno al 25%, fra il più bassi dell’occidente 120. Le cause secondo l’autore sarebbero il raggiungimento di un benessere economico diffuso e l’abbandono dell’agricoltura. La riduzione delle occupate nell’industria fu solo parzialmente confermata dall’incremento di occupazione nel terziario.

Il libro a un certo punto fa riferimento alla Borletti, che negli anni 50 era specializzata nella lavorazione di tachimetri e in macchine da cucire. Giovani donne costituivano il 56% dei lavoratori totali, tuttavia avevano i compiti più dequalificati ed erano pagate meno degli operai uomini. Un elemento innovativo alla Borletti fu la job evaluation che permetteva di valutare le differenti mansioni indipendentemente dalle qualifiche assegnate. Lo stipendio era così dipendente dai risultati della job evaluation e non dalla qualifica assegnata 122. La job evaluation fu poi allargata alla Necchi di Pavia e poi all’Italsider di Piombino, Bagnoli, Taranto. I sindacati si divisero 123. Tuttavia, siccome le donne svolgevano lavori dequalificati anche questa strutturazione non riuscì ad assicurare retribuzioni equivalenti 124. Gli impiegati erano ugualmente in maggioranza uomini 127.

La fine di un’epoca

Olivetti pensava che gli imprenditori dovessero preoccuparsi anche della crescita sociale e culturale dei suoi dipendenti e di tutta la nazione 131. Olivetti era critico nei confronti del sistema per il calcolo dei salari 131 che riteneva inferiore al sistema di Taylor. Diventato presidente nel 1938 coinvolse nell’attività numerosi intellettuali costruendo anche case per i dipendenti nonché biblioteche asili e colonie estive 132. Creò anche il consiglio di gestione un organismo paritetico con un ruolo consultivo sui temi socioassistenziali. Impiantò una fabbrica anche a Pozzuoli. Muore nel 1960. Per la rilevazione dei tempi utilizzava gli allenatori, cioè operai esperti che facevano da riferimento per i nuovi lavori per calcolare il cottimo 133. Inoltre collaboravano all’allestimento delle linee di lavoro. Un’altra caratteristica fu l’introduzione di catene ellittiche e semoventi nei montaggi. Morto Olivetti furono create le unità di montaggio integrate in cui gli operai doveva montare un gruppo elettronico completo 135 Poi il gruppo si occupava anche del collaudo e di eventuali riparazioni, erano una sorta di isole produttive che poi furono adottate anche alla Italtel di Marisa Bellisario 136.

Dopo il ‘68 in molte fabbriche gli operai rifiutarono la catena di montaggio fordista dove c’era un’attenzione spasmodica e una riduzione costante dei tempi 138 e si cercarono perciò nuove soluzioni.

Gli scioperi a gatto selvaggio 1963 bloccavano le linee di montaggio alla Fiat, perché mancavano i ‘polmoni’ 139.

Il sindacato, ad esempio Trentin, spingeva per l’inquadramento unico superando la rigida classificazione gerarchica fra impiegati, tecnici e operai, e la costituzione di unità funzionali di lavoro 141. L’inquadramento unico fu ottenuto nel rinnovo contrattuale metalmeccanici del 1973. in questo modo gli operai specializzati potevano guadagnare quanto gli impiegati.

La legge 300/1970 statuto dei lavoratori tutelava i diritti di opinione i sindacati, limitava i controlli, impediva di fatto il licenziamento.

Nel 1961 presso la camera del lavoro di Torino viene creata la commissione medica 142, e da allora ma specialmente dal 1967 furono svolte varie indagini sulla salute di fabbrica non solo a Torino. In fabbrica esistevano i medici fiscali ma supportavano le imprese. A Milano nel 1910 viene creata la clinica del lavoro 143.

Il lavoro non finisce

Dall’inizio degli anni 2000 il sistema economico italiano si va sempre più caratterizzando per la riduzione della grande fabbrica a favore di imprese e di dimensioni medie e dei distretti industriali. L’industria italiana destinata a rivolgersi a mercati di nicchia.

In Italia lo spazio della concertazione diffuso in Germania e anche in altri paesi ha avuto vita breve 151 ad esempio era accaduto all’Alfa Romeo di Arese prima del passaggio alla Fiat a fine degli anni 70. L’Alfa Romeo basò la produzione su gruppi di produzione con operazioni produttive raggruppate 153; ogni gruppo di produzione era composto da 10 al 20 persone, con buoni risultati 154.

Un altro caso di innovazione organizzativa fu la Honeywell azienda informatica 155.

La Fiat dopo l’autunno caldo adotto due strategie: A decentramento e B. automazione 157, tuttavia le macchine transfer avevano l’incapacità di autocorreggersi, o di adattarsi al lievi difetti di produzione come invece i lavoratori umani e questo determinava frequenti interruzioni di linea 158.

Il job enrichment consiste nel a far svolgere ai lavoratori una serie attività diverse, meno routinarie, con una maggiore autonomia e responsabilità, attraverso la ricomposizione di un ciclo produttivo compiuto 159 ponendo al centro dell’attenzione il gruppo come cellula organizzativa.

Le prime isole di montaggio furono sperimentate nella Volvo nel 1971, i pezzi venivano spostati su carrelli gestiti da un calcolatore centrale. Qualcosa simile anche nell’altra fabbrica dell’azienda Saab 160. La Fiat provo qualcosa di simile a Rivalta ma l’esperimento fallì 162 a causa di una certa rigidità del sistema da un . di vista tecnico 162.

Nel modello Ritmo all’inizio degli anni 80 fu utilizzato il sistema LAN linea sincrona di montaggio e anche la lavorazione asincrona dei motori fondata sull’impiego di carrelli e magazzini automatici. Come in Svezia l’elaboratore centrale gestiva il traffico dei carrelli verso le isole di montaggio 164.

In generale in molte aziende si utilizzarono unità di produzione piccole e ripetute invece che lunghe e complesse catene di montaggio, con la riduzione del controllo di produzione e delle riparazioni a fine lavorazione, che vennero invece distribuite lungo il ciclo produttivo seguendo il modello organizzativo della qualità totale 165.

Isole di montaggio furono organizzate anche all’Olivetti nel 1970 abbandonando le linee produttive 165.

Sintetizzando l’autore dice che l’automazione fu un’esperienza non pienamente riuscita, perché la produzione continuò a fondarsi sulla produzione di massa e l’accumulazione di materie prime e prodotti finiti per rimediare possibili imprevisti 167. in più in ambito commerciale e amministrativo rimaneva una direzione gerarchica e una suddivisione spinta delle competenze 167. Da un punto di vista di operai la fatica fisica era diminuita e anche la sensazione di sfruttamento.

Alla fine si arriva al modello Toyota con la possibilità di fermare la linea in caso di difetti (Kaizen), con risparmio di scorte (produzione snella), la produzione su commessa (just in time) 170 Questo sistema richiede un’elevata responsabilizzazione nei laboratori e una loro approfondita formazione 171

In Italia il sistema fu usato alla Fiat di Termoli e Melfi, con alcune resistenze da parte dei lavoratori relativa all’aumento dei ritmi di lavoro e il mancato riconoscimento economico. il job enrichment non genera automaticamente soddisfazione e consenso, gli operai volevano aumenti salariali che però la Fiat non era in grado di dare 173.

Il sindacato passa da organismo conflittuale a organismo partecipativo 174. Siccome la world class manufacturing promossa da Marchionne porta uno stretto rapporto fra direzione operai i sindacati si sono a lungo opposti al toyotismo, la prospettiva è quella di un sindacato fortemente integrato all’interno dell’azienda, un sindacalismo di impresa, cosa lontana dalla conflittuale cultura italiana 174

Epilogo

Lo standard del lavoro è sempre stato il lavoro precario. E’ solo nella seconda metà del ventesimo secolo che il lavoro è divenuto a tempo pieno e indeterminato. In precedenza, il lavoro miscelava prestazioni lavorative diverse, ad esempio agricoltura e industria, piccola proprietà contadina e in fabbrica. Secondo alcuni il fordismo ha generato un sistema di relazioni industriali troppo rigido, presto diventato obsoleto e insostenibile economicamente 176.

Secondo altri invece il lavoro stabile è una conquista di civiltà da tutelare, ad esempio Sylos Labini vedeva nel precariato un capitalismo arretrato, ostacolo allo sviluppo economico. Il lavoro precario sarebbe anche una minaccia per il ruolo delle donne 176. Il lavoro precario è soprattutto femminile. In Italia il part-time involontario femminile sarebbe il 58% contro il 25% della media europea 176

Troviamo lavoro nero nell’agricoltura, immigrati soggetti a caporali Campania Basilicata Puglia Calabria 177.

il termine industria 4.0 si riferisce a un sistema di produzione con una connessione sistematica fra sistemi produttivi e sistemi informativi fisici e digitali, all’uso dei big data, ad aggiustamenti continui del complesso produzione consumo grazie alle informazioni ricevute 177. Questo richiede che i macchinari siano sempre connessi alla rete. E’ un passo in avanti ulteriore verso l’automazione con possibili rischi per gli occupati. La spinta all’automazione avviene nei paesi dove le tasse sul lavoro hanno un’aliquota superiore a quella del capitale e dove c’è molta conflittualità sindacale e assenteismo 178. Secondo l’autore l’automazione conviene solo se ci sono politiche fiscali favorevoli 178.

Il telelavoro è un lavoro in genere di ufficio svolto da un luogo preciso in genere la propria abitazione. È più rigido del lavoro agile perché gli orari le mansioni sono rigidamente determinate. Smart Working: maggiore flessibilità e autonomia, con un approccio basato sui risultati e non vincolato da un luogo o un orario specifico.

Alcuni studiosi evidenziano i benefici e le possibilità del lavoro agile quali miglior conciliazione fra tempi e ritmi di lavoro e vita privata. Secondo De Masi l’allungamento della speranza di vita, del tempo libero l’azzeramento del tempo e dello spazio, lo smart working ci libera dal lavoro con forme di vita più libera e felice perché il lavoro decrescente si accompagna a produzione crescente di ricchezza 180.

Altri studiosi lamentano il superamento della fisicità del luogo e dell’orario di lavoro. Col venir meno della separazione fra tempo di lavoro e tempo libero e difficoltà a rivendicazioni salariali. Vengono meno le norme sulla sicurezza del lavoro, i rapporti umani sono ridotti 181.

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Sintesi del libro La professionalità contesa di Pietro Causarano

Descrizione generale

Il libro La professionalità contesa. Cultura del lavoro e conflitto industriale alla Nuovo Pignone di Firenze, di Pietro Causarano analizza le trasformazioni delle relazioni industriali, della cultura del lavoro e dell’identità sindacale in Italia dal 1968-69, con un focus sulle implicazioni del cosiddetto “autunno caldo”. Questo periodo di intense lotte operaie e movimenti sociali ha rappresentato una cesura significativa nella cultura, nella società e nell’economia italiane.

L’opera è suddivisa in due parti principali:

La trasformazione delle relazioni industriali e della cultura del lavoro
La prima parte esplora i cambiamenti nel mondo del lavoro, con particolare attenzione all’introduzione dell'”inquadramento unico” per operai e impiegati. Questa innovazione, avvenuta nei primi anni ’70, rappresentò un tentativo di superare la rigida distinzione tra lavoro manuale e intellettuale, promuovendo un modello sindacale egualitario. L’autore sottolinea come questa trasformazione abbia messo in discussione paradigmi culturali millenari, favorendo una maggiore integrazione tra formazione e professione e una valorizzazione della sicurezza e della dignità sul lavoro.

Il caso del Nuovo Pignone di Firenze
La seconda parte del libro si concentra su un caso studio: il Nuovo Pignone, un’azienda pubblica fiorentina caratterizzata da alta professionalità operaia e tradizione sindacale. Questo contesto offre un esempio unico delle sperimentazioni sindacali e delle nuove forme di rappresentanza emerse dopo il 1969. Il Nuovo Pignone è descritto come un laboratorio sociale, dove si sono sviluppate pratiche innovative di partecipazione e negoziazione, che hanno avuto un impatto anche al di fuori della fabbrica, influenzando il territorio e la società circostante.

Temi chiave

  • Eredità dell’autunno caldo
    Le lotte del 1968-69 hanno ridefinito il rapporto tra lavoro e formazione, evidenziando l’importanza di una gestione partecipativa e della valorizzazione delle competenze. Il libro approfondisce come il sindacato abbia cercato di bilanciare uguaglianza e diversità, affrontando le sfide poste dalla modernizzazione e dalla globalizzazione.
  • Inquadramento unico e cultura sindacale
    L’inquadramento unico è presentato come simbolo di un cambiamento culturale che ha influenzato profondamente il sistema industriale italiano. Questa riforma ha avuto un impatto non solo sulle condizioni di lavoro, ma anche sulla percezione sociale del lavoro manuale e intellettuale.
  • Innovazioni nella sicurezza e nella formazione
    L’autore evidenzia l’importanza delle “150 ore” (circa 40 gg di 4 ore) per la formazione continua e le politiche innovative per la salute e la sicurezza sul lavoro, descrivendo come queste abbiano migliorato la qualità della vita lavorativa.

Conclusioni

Il libro mette in luce il ruolo cruciale del lavoro e della cultura sindacale nella trasformazione della società italiana del dopoguerra. Attraverso un’analisi interdisciplinare, l’autore collega i cambiamenti culturali e organizzativi alle dinamiche più ampie del contesto economico e sociale, offrendo una riflessione sulle sfide e le opportunità future.

Riassunto del Capitolo 1: Impresa e relazioni industriali

Introduzione: La centralità dell’impresa e la crisi del movimento operaio

Il primo capitolo del libro si concentra sull’evoluzione dell’impresa come soggetto storico e sulle relazioni industriali nel contesto italiano. Mentre in altri paesi occidentali la “business history” aveva guadagnato attenzione già dagli anni ’60, in Italia l’impresa è emersa come oggetto di studio autonomo solo negli anni ’80. Questo ritardo è attribuito, da un lato, alla dominanza culturale della storia del movimento operaio e, dall’altro, a una diffidenza ideologica nei confronti del capitalismo e dell’impresa, vista principalmente come luogo di sfruttamento piuttosto che di innovazione.

Il ruolo dell’impresa nella storia economica e sociale

L’autore esplora il tardivo riconoscimento dell’impresa come elemento chiave nella storia economica italiana, analizzandola sotto diverse prospettive:

  • Come sistema produttivo: L’impresa è considerata il luogo in cui si incrociano le esigenze del mercato con le dinamiche interne di organizzazione del lavoro.
  • Come attore culturale e politico: Si evidenzia la capacità delle grandi aziende di influenzare il tessuto sociale e culturale dei territori in cui operano.

Negli anni ’70, studiosi come Castronovo e Gallino iniziarono a esaminare il contributo delle imprese allo sviluppo economico, mettendo in luce sia le loro funzioni innovative che le contraddizioni intrinseche nei rapporti tra capitale e lavoro.

Due visioni dell’impresa: “transazionale” e “cospiratoria”

L’autore descrive due approcci principali sviluppati nelle scienze sociali anglosassoni per comprendere l’impresa capitalistica:

  1. La visione transazionale: Sviluppata da Oliver E. Williamson, questa teoria considera l’organizzazione gerarchica dell’impresa una risposta alle imperfezioni del mercato. L’impresa viene vista come un meccanismo per garantire efficienza economica, internalizzando i costi delle transazioni.
  2. La visione cospiratoria: Questa lettura critica, rappresentata da studiosi come Stephen A. Marglin, sottolinea il ruolo dell’impresa nel consolidamento di rapporti di potere, con l’obiettivo di mantenere il controllo sociale e tecnico sui lavoratori.

Entrambe le visioni sono rilevanti per comprendere come il conflitto tra capitale e lavoro abbia modellato la cultura e l’organizzazione delle imprese industriali.

L’autunno caldo e la crisi del paradigma fordista

Il capitolo esamina l’impatto delle lotte operaie dell’autunno caldo (1968-69) sull’impresa italiana, evidenziando come queste abbiano contribuito a ridiscutere i modelli gerarchici e produttivi. Le rivendicazioni sindacali non si limitarono a miglioramenti salariali, ma includevano questioni più ampie come la qualificazione professionale, la sicurezza sul lavoro e l’equità sociale.

Questo periodo segnò l’inizio della crisi del modello fordista, basato su:

  • La rigida divisione del lavoro: Che separava nettamente le mansioni manuali da quelle intellettuali.
  • La disciplina autoritaria: Imposta nelle fabbriche per mantenere il controllo e la produttività.
  • L’isolamento culturale del lavoro manuale: Vissuto come alienante e privo di prospettive di avanzamento.

L’autunno caldo rappresentò quindi una transizione verso un nuovo sistema di relazioni industriali, più partecipativo e attento alla valorizzazione delle competenze individuali.

La business history e il contesto italiano

L’autore critica l’approccio dominante della “business history” italiana, che spesso si concentra sulle figure imprenditoriali o sulla gestione aziendale, trascurando la complessità delle relazioni sociali e dei conflitti all’interno delle imprese. A differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito, dove lo studio delle imprese si intreccia con analisi sociologiche e storiche, in Italia prevale una visione più tradizionale, che isola l’impresa dal contesto socio-economico.

Conflitto e cultura d’impresa

Un tema centrale del capitolo è il carattere intrinsecamente conflittuale della cultura d’impresa. La fabbrica, come spazio di produzione, è anche il luogo in cui si negoziano rapporti di potere tra lavoratori, sindacati e dirigenti. L’autore sottolinea che:

  • Le strategie imprenditoriali non sono guidate solo dall’efficienza economica, ma anche dal controllo sulle conoscenze tecniche e organizzative.
  • Il conflitto tra capitale e lavoro è stato un motore di trasformazione, influenzando sia le pratiche gestionali che le politiche sindacali.

Verso un nuovo paradigma delle relazioni industriali

Il capitolo si conclude con una riflessione sull’evoluzione delle relazioni industriali in Italia, evidenziando il passaggio da un modello fordista, basato sulla separazione e gerarchizzazione delle mansioni, a un sistema più flessibile e integrato. L’introduzione dell’inquadramento unico operai-impiegati rappresentò una svolta significativa, contribuendo a ridefinire le identità lavorative e a promuovere una maggiore equità nel trattamento professionale.

Questa sezione pone le basi per comprendere le dinamiche esplorate nei capitoli successivi, fornendo un quadro teorico e storico delle trasformazioni che hanno modellato il sistema industriale italiano nella seconda metà del Novecento. Se desideri ulteriori dettagli o approfondimenti, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 2: Movimento operaio e divisione del lavoro

Introduzione: Il conflitto come risorsa culturale

Il secondo capitolo approfondisce il tema della divisione del lavoro e del ruolo del movimento operaio nel ridefinire le relazioni industriali in Italia durante gli anni ’70. L’autore analizza come le lotte operaie abbiano messo in discussione non solo l’organizzazione del lavoro, ma anche le gerarchie culturali e sociali che caratterizzavano la fabbrica. In particolare, il conflitto è visto come una risorsa che ha permesso di ridefinire le identità lavorative e le forme di rappresentanza sindacale.

Fabbrica e potere: la lotta per le risorse culturali

La fabbrica, cuore della produzione industriale, è descritta come un luogo di potere, dove la divisione del lavoro riflette e perpetua le disuguaglianze sociali. In questo contesto, i lavoratori non hanno contestato solo le condizioni materiali del lavoro, ma anche la segregazione culturale tra lavoro manuale e intellettuale.

L’autore sottolinea due aspetti chiave:

  • La centralità della conoscenza: Le competenze tecniche e organizzative sono state storicamente monopolizzate dai dirigenti, escludendo i lavoratori da ruoli decisionali.
  • La sfida alla gerarchia culturale: Le lotte operaie hanno cercato di ridurre la separazione tra chi “progetta” e chi “esegue”, promuovendo un’idea più equa di professionalità.

L’ambiguità della divisione del lavoro

Un tema ricorrente nel capitolo è l’ambivalenza della divisione del lavoro. Da un lato, essa è necessaria per garantire l’efficienza produttiva; dall’altro, perpetua disuguaglianze economiche e sociali. Questa ambiguità si riflette nelle lotte operaie, che oscillano tra il rifiuto della gerarchizzazione e la richiesta di riconoscimento delle competenze individuali.

L’autore esplora come il movimento operaio abbia adottato strategie diverse per affrontare questa ambiguità:

  • Contestazione delle gerarchie: Critiche alla rigidità della struttura aziendale e richiesta di maggiore partecipazione decisionale.
  • Rivendicazioni egualitarie: Lotte per un trattamento uniforme, come l’introduzione dell’inquadramento unico, che ha abolito formalmente la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale.

La cultura sindacale come autorappresentazione

Il capitolo dedica ampio spazio all’analisi della cultura sindacale come forma di autorappresentazione collettiva. Il sindacato non è solo un attore politico, ma anche un costruttore di identità per i lavoratori. L’autore evidenzia come:

  • La cultura sindacale abbia promosso una visione egualitaria del lavoro, sfidando i modelli tradizionali di subordinazione.
  • Le pratiche sindacali abbiano avuto un impatto diretto sulla percezione sociale della professionalità, contribuendo a ridefinire i rapporti tra impiegati e operai.

La crisi del paradigma tradizionale

La trasformazione dell’impresa e delle relazioni industriali dopo l’autunno caldo ha messo in crisi un paradigma millenario, basato sulla separazione netta tra lavoro manuale e intellettuale. L’autore sottolinea come questo cambiamento sia stato guidato da:

  • L’innovazione tecnologica: Che ha richiesto una maggiore integrazione delle competenze operative e intellettuali.
  • Le rivendicazioni sindacali: Che hanno promosso politiche formative e contrattuali capaci di valorizzare le competenze trasversali.

L’eredità delle lotte operaie

Il capitolo si conclude con una riflessione sull’eredità delle lotte operaie. Sebbene la divisione tra lavoro manuale e intellettuale non sia scomparsa, il movimento operaio ha contribuito a cambiare la percezione di questa distinzione, rendendola meno immutabile. Tra i risultati più significativi delle lotte sindacali, l’autore evidenzia:

  • L’affermazione di nuovi diritti del lavoro: Come la sicurezza, la formazione continua e la parità di trattamento.
  • La valorizzazione della professionalità: Intesa non solo come competenza tecnica, ma anche come diritto all’autonomia e alla crescita personale.

Questo capitolo sottolinea il ruolo centrale del conflitto nella ridefinizione della cultura del lavoro e delle relazioni industriali. Se desideri ulteriori dettagli o approfondimenti su temi specifici, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 3: Cultura del lavoro e qualità del lavoro

Introduzione: La qualità del lavoro come tema centrale

Il capitolo esplora come la cultura del lavoro e le relazioni industriali abbiano influenzato la percezione della qualità del lavoro in Italia, con particolare attenzione agli anni successivi all’autunno caldo. L’autore sottolinea che la qualità del lavoro non si limita agli aspetti tecnici o produttivi, ma include dimensioni sociali, culturali e politiche, che hanno contribuito a ridefinire il rapporto tra lavoratori, sindacati e imprese.

Relazioni industriali e cultura del lavoro

La cultura del lavoro si è trasformata radicalmente durante gli anni ’70, in parallelo con le lotte sindacali e l’evoluzione delle relazioni industriali. Tra i temi centrali:

  1. Superamento della gerarchia tradizionale: Le relazioni industriali hanno cercato di ridurre le disuguaglianze tra operai e impiegati, promuovendo l’idea di un’integrazione tra lavoro manuale e intellettuale.
  2. Centralità del benessere lavorativo: La qualità del lavoro è stata ridefinita includendo aspetti come la sicurezza, la salute e il riconoscimento della dignità personale, rompendo con il paradigma fordista centrato esclusivamente sulla produttività.

Qualificazione e valutazione sociale del lavoro

Un focus importante del capitolo è sulla qualificazione del lavoro e il suo valore sociale. L’autore analizza come le lotte sindacali abbiano spinto per una rivalutazione del lavoro manuale, riducendo il divario tra operai e impiegati. Aspetti chiave includono:

  • Valutazione delle competenze: I contratti collettivi e l’inquadramento unico hanno dato un nuovo peso alle competenze, spostando l’attenzione dalla posizione gerarchica alla professionalità individuale.
  • Impatto culturale: La qualificazione del lavoro è diventata un tema di identità collettiva, influenzando il modo in cui i lavoratori si percepivano all’interno dell’impresa.

L’inquadramento unico operai-impiegati

L’introduzione dell’inquadramento unico, uno degli esiti più significativi delle lotte sindacali, ha avuto un impatto trasformativo sul mondo del lavoro. Esso ha abolito formalmente la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale, promuovendo:

  • Una maggiore equità: Tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo, sono stati inclusi in un sistema di classificazione uniforme.
  • Un nuovo paradigma culturale: La professionalità è stata ridefinita, valorizzando competenze trasversali e promuovendo la polivalenza.

Lavorare in fabbrica fa male alla salute

Un tema ricorrente del capitolo è la relazione tra qualità del lavoro e salute. L’autore esamina come le condizioni lavorative siano state percepite come un problema non solo tecnico, ma anche culturale e politico. Punti salienti:

  • Salute e sicurezza: Le rivendicazioni sindacali hanno portato a una maggiore attenzione per la prevenzione e la tutela della salute, evidenziando i rischi associati al lavoro industriale.
  • Cambiamento di prospettiva: La qualità del lavoro è stata ridefinita includendo il benessere fisico e mentale, oltre agli aspetti produttivi.

Le conquiste e le sfide della qualità del lavoro

Il capitolo si conclude con una riflessione sulle conquiste e le sfide legate alla qualità del lavoro. Tra i risultati principali:

  • Riconoscimento della dignità lavorativa: Le lotte sindacali hanno contribuito a ridurre la marginalizzazione culturale del lavoro manuale, promuovendo un’idea più integrata di professionalità.
  • Persistenza delle disuguaglianze: Nonostante i progressi, permangono sfide legate alla precarietà e alla sicurezza sul lavoro, che riflettono le contraddizioni della modernizzazione industriale.

In questo capitolo, l’autore sottolinea che la qualità del lavoro è diventata un tema centrale nelle relazioni industriali, grazie al contributo delle lotte sindacali e all’evoluzione della cultura del lavoro. Se desideri ulteriori approfondimenti o una sintesi di un altro capitolo, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 4: La qualificazione del lavoro

Introduzione: La professionalità come chiave di trasformazione

Il quarto capitolo esplora il tema della qualificazione del lavoro, con un focus sulle connessioni tra formazione, professionalità e cultura del lavoro. L’autore analizza come la crisi del modello fordista abbia portato a una rivalutazione della formazione professionale e a un nuovo approccio alle competenze lavorative, ponendo al centro il concetto di “polivalenza” e la dignità del lavoratore.

La formazione e la professionalità

La prima sezione del capitolo descrive come la formazione sia diventata un tema strategico per migliorare la professionalità dei lavoratori, in risposta alle richieste di un sistema industriale in rapido cambiamento. Aspetti chiave:

  • Crisi della formazione tradizionale: L’educazione tecnica non era più sufficiente per affrontare le nuove sfide tecnologiche e produttive, richiedendo un aggiornamento continuo.
  • Nuovi modelli di formazione: L’introduzione di corsi come le “150 ore” ha permesso ai lavoratori di accedere a percorsi formativi personalizzati, migliorando le loro competenze e aumentando il loro valore nel mercato del lavoro.

Scuola e lavoro: un rapporto in trasformazione

Un focus significativo è posto sulla relazione tra scuola e mondo del lavoro. L’autore descrive come l’istruzione professionale abbia affrontato una profonda crisi, causata da:

  • La distanza tra teoria e pratica: La formazione scolastica spesso non rispecchiava le esigenze delle imprese, creando un divario tra competenze acquisite e richieste lavorative.
  • Le rivendicazioni sindacali: I sindacati hanno richiesto un’integrazione più stretta tra scuola e lavoro, proponendo percorsi educativi che promuovessero la polivalenza e l’adattabilità.

Le “150 ore”: personalità umana e polivalenza

Le “150 ore” rappresentano un caso emblematico dell’evoluzione della formazione nel contesto industriale. Questo programma formativo, ottenuto grazie alle lotte sindacali, aveva come obiettivi principali:

  • Accesso universale alla formazione: Le “150 ore” permettevano ai lavoratori di dedicare tempo allo studio durante l’orario lavorativo, superando barriere economiche e culturali.
  • Valorizzazione della persona: Oltre alle competenze tecniche, le “150 ore” miravano a sviluppare la personalità umana, promuovendo il senso critico e la capacità di apprendimento continuo.
  • Polivalenza: L’approccio formativo favoriva la flessibilità professionale, permettendo ai lavoratori di adattarsi a un sistema produttivo sempre più complesso.

La professionalità come leva di trasformazione sociale

L’autore analizza il concetto di professionalità come elemento di trasformazione non solo del lavoro, ma anche delle relazioni sociali. Aspetti principali:

  • Riconoscimento delle competenze: La professionalità non è vista solo come un insieme di capacità tecniche, ma come un diritto alla crescita personale e alla partecipazione attiva nel processo produttivo.
  • Riduzione delle disuguaglianze: Le politiche formative e contrattuali hanno cercato di abbattere le barriere tra lavoro manuale e intellettuale, promuovendo una maggiore equità.

Conclusioni: Il lavoro come spazio di emancipazione

Il capitolo si conclude con una riflessione sull’importanza della qualificazione del lavoro come strumento di emancipazione. Le lotte sindacali e le innovazioni formative hanno contribuito a:

  • Promuovere una visione integrata del lavoro: Che riconosce la centralità della persona e della sua capacità di apprendere e adattarsi.
  • Affrontare le sfide della modernizzazione: La flessibilità e la polivalenza sono diventate essenziali per garantire una partecipazione attiva dei lavoratori in un contesto economico in evoluzione.

Questo capitolo mette in evidenza il ruolo cruciale della formazione e della professionalità nel ridefinire la cultura del lavoro, promuovendo un modello più inclusivo ed equo. Se hai bisogno di ulteriori dettagli o di una sintesi su un altro capitolo, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 5: Dal Pignone al Nuovo Pignone

Introduzione: La trasformazione di un’azienda emblematica

Il capitolo 5 si concentra sulla storia e sull’evoluzione del Nuovo Pignone di Firenze, un’azienda pubblica che ha giocato un ruolo cruciale nell’introduzione di nuove pratiche sindacali e culturali in Italia durante il periodo post-autunno caldo. L’autore analizza come questa impresa sia stata un laboratorio di trasformazione, sia a livello produttivo che sociale, diventando un simbolo del cambiamento delle relazioni industriali e della cultura del lavoro.

Una tradizione di sinistra: radici storiche e identità culturale

La storia del Nuovo Pignone è strettamente legata alla tradizione politica e sociale di Firenze, un’area caratterizzata da una forte presenza operaia e da un attivo movimento sindacale. L’autore sottolinea:

  • Radici antifasciste: Durante il periodo fascista, il Pignone fu un luogo di resistenza e di solidarietà operaia.
  • Il dopoguerra: Nel secondo dopoguerra, l’azienda diventò un simbolo della ricostruzione economica e della lotta per i diritti dei lavoratori, grazie alla forte influenza dei sindacati locali.

Il lungo dopoguerra: il Nuovo Pignone come laboratorio sociale

La trasformazione del Pignone in Nuovo Pignone segnò una svolta importante nella storia aziendale. Diventata parte del gruppo ENI, l’azienda fu oggetto di significativi cambiamenti:

  • Innovazioni tecnologiche e produttive: Il Nuovo Pignone si specializzò nella produzione di macchinari complessi, acquisendo una posizione di rilievo nel panorama industriale italiano.
  • Alleanze sociali e sindacali: L’impresa divenne un punto di riferimento per l’elaborazione di nuove forme di rappresentanza e contrattazione, anticipando molte delle innovazioni che sarebbero state adottate a livello nazionale.

Dal mestiere alla professionalità: l’evoluzione del lavoro

Uno dei temi centrali del capitolo è il passaggio dal lavoro tradizionale basato sul mestiere alla nuova concezione di professionalità, che integrava competenze tecniche e trasversali. Questo cambiamento fu reso possibile grazie a:

  • L’inquadramento unico: Introdotto come risultato delle lotte sindacali, l’inquadramento unico contribuì a superare la rigida divisione tra lavoro manuale e intellettuale.
  • La formazione continua: Il Nuovo Pignone fu tra le prime aziende a promuovere programmi di aggiornamento professionale per i lavoratori, migliorandone le competenze e aumentando la loro autonomia.

La professionalità contesa: conflitti e compromessi

Il titolo del capitolo riflette la natura conflittuale delle trasformazioni avvenute al Nuovo Pignone. Mentre i lavoratori lottavano per una maggiore dignità e riconoscimento, l’azienda cercava di bilanciare le esigenze produttive con le richieste sindacali. Punti chiave:

  • Rappresentanza sindacale: Il consiglio di fabbrica svolse un ruolo centrale nella gestione delle relazioni industriali, negoziando contratti innovativi e promuovendo un modello partecipativo.
  • Gestione dei conflitti: L’azienda e i sindacati collaborarono per trovare compromessi, creando un clima di dialogo che fu alla base delle innovazioni introdotte.

Conclusioni: Un modello di innovazione sociale

Il capitolo si conclude evidenziando come il Nuovo Pignone sia diventato un modello di riferimento per l’industria italiana, non solo per le sue innovazioni tecnologiche, ma anche per il suo approccio alle relazioni industriali. I risultati principali includono:

  • Un nuovo paradigma culturale: Che ha ridefinito la percezione del lavoro e della professionalità, superando molte delle barriere tradizionali.
  • L’eredità delle lotte sindacali: Le esperienze del Nuovo Pignone hanno influenzato profondamente le politiche industriali e le pratiche sindacali a livello nazionale.

Questo capitolo racconta la storia di un’azienda che, attraverso il dialogo e il conflitto, ha saputo trasformarsi in un simbolo di progresso sociale e industriale. Se desideri ulteriori dettagli o approfondimenti su un altro capitolo, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 6: La tradizione si rinnova

Introduzione: La continuità nel cambiamento

Il capitolo esplora come il Nuovo Pignone sia riuscito a mantenere la sua identità culturale e sociale, radicata in una tradizione operaia forte, adattandosi però ai cambiamenti economici e tecnologici degli anni ’70 e ’80. Questo processo di rinnovamento è stato fondamentale per trasformare l’azienda in un laboratorio di innovazione sociale e produttiva.

Un’impresa in continua trasformazione

L’autore evidenzia come il Nuovo Pignone sia riuscito a distinguersi per la sua capacità di evolversi mantenendo un forte legame con i valori del passato. Aspetti chiave:

  • Adattamento tecnologico: L’azienda ha investito nell’innovazione, passando dalla produzione di massa a quella di macchinari specializzati, rispondendo alle esigenze di un mercato sempre più complesso.
  • Strategie partecipative: L’integrazione tra lavoratori e management ha permesso di gestire i cambiamenti con un approccio collaborativo, riducendo conflitti e migliorando la produttività.

Dal mestiere alla professionalità

Uno dei temi centrali del capitolo è il passaggio dalla tradizione del “mestiere” a un concetto più moderno di “professionalità”. Questo cambiamento ha comportato:

  • Valorizzazione delle competenze: La professionalità è stata ridefinita per includere competenze tecniche, trasversali e relazionali, riconoscendo l’importanza di una formazione continua.
  • Polivalenza: I lavoratori sono stati incoraggiati a sviluppare una flessibilità operativa, in grado di rispondere a diverse esigenze produttive.

La professionalità contesa

La transizione verso un nuovo modello di professionalità non è stata priva di conflitti. Il capitolo analizza le tensioni tra:

  • Lavoratori e management: I lavoratori lottavano per ottenere un riconoscimento maggiore delle loro competenze, mentre l’azienda cercava di mantenere il controllo sui processi produttivi.
  • Cultura tradizionale e innovazione: La sfida principale è stata integrare la tradizione operaia con le nuove esigenze di modernizzazione.

Il ruolo del sindacato

Il sindacato ha svolto un ruolo cruciale nel guidare il processo di rinnovamento, promuovendo politiche innovative e strategie partecipative. Tra i risultati principali:

  • Contrattazione collettiva: Le negoziazioni hanno portato a significative conquiste, come l’inquadramento unico e l’adozione di programmi di formazione per i lavoratori.
  • Nuovi modelli di rappresentanza: Il consiglio di fabbrica è stato un attore centrale nel promuovere la partecipazione e il dialogo tra lavoratori e management.

Conclusioni: Un modello di integrazione tra tradizione e modernità

Il capitolo si conclude sottolineando come il Nuovo Pignone sia riuscito a rappresentare un esempio di integrazione tra tradizione e modernità. I principali risultati includono:

  • Un nuovo paradigma lavorativo: Basato sulla valorizzazione della professionalità e sulla partecipazione attiva dei lavoratori.
  • Un’eredità duratura: Le innovazioni introdotte al Nuovo Pignone hanno influenzato profondamente il panorama industriale italiano, lasciando un modello replicabile anche in altre realtà.

Questo capitolo illustra come il Nuovo Pignone abbia saputo rinnovarsi senza rinunciare alla sua identità, diventando un simbolo di equilibrio tra innovazione e rispetto della tradizione. Se hai bisogno di ulteriori dettagli o sintesi su altri capitoli, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 7: Nuove relazioni industriali

Introduzione: La crisi e l’evoluzione delle relazioni industriali

Il capitolo analizza il cambiamento delle relazioni industriali nel contesto del Nuovo Pignone, evidenziando il ruolo del sindacato e delle strategie partecipative nella gestione della crisi della rappresentanza. L’autore si concentra sulle dinamiche di compromesso e innovazione che hanno caratterizzato le relazioni tra lavoratori, sindacati e management, tracciando un quadro delle trasformazioni avvenute negli anni ’70 e ’80.

La crisi della rappresentanza sindacal

Uno dei temi centrali del capitolo è la crisi della rappresentanza sindacale, che si manifestò in seguito alle trasformazioni tecnologiche e organizzative. Punti chiave:

  • Erosione dell’identità collettiva: L’individualizzazione del lavoro e la crescente diversificazione delle competenze hanno reso più difficile per il sindacato rappresentare efficacemente tutti i lavoratori.
  • Declino del modello tradizionale: La riduzione della forza dei sindacati rifletteva una crisi più ampia delle forme tradizionali di rappresentanza, che non riuscivano a rispondere alle nuove esigenze del contesto industriale.

Il consiglio di fabbrica: un nuovo modello partecipativo

Il consiglio di fabbrica emerse come una soluzione innovativa per affrontare la crisi della rappresentanza. Questo organo rappresentativo svolse un ruolo cruciale nel promuovere il dialogo e la partecipazione dei lavoratori. Tra le sue caratteristiche principali:

  • Rappresentanza diretta: I lavoratori potevano partecipare direttamente alle decisioni riguardanti le condizioni di lavoro e la produzione.
  • Contrattazione aziendale: Il consiglio di fabbrica negoziava direttamente con il management, introducendo modelli contrattuali più flessibili e adattati alle esigenze locali.

L’inquadramento unico: un simbolo di compromesso

L’introduzione dell’inquadramento unico fu uno dei risultati più significativi delle nuove relazioni industriali. Questo sistema unificato rappresentò:

  • Un passo verso l’uguaglianza: Abolì la distinzione tra operai e impiegati, riconoscendo il valore di tutte le professionalità.
  • Una sfida gestionale: Il nuovo sistema richiese una riorganizzazione delle modalità di valutazione e progressione delle carriere, con un maggiore coinvolgimento dei lavoratori e dei sindacati.

La gestione del compromesso

L’autore analizza come la gestione dei conflitti sia stata centrale per il successo delle nuove relazioni industriali. Alcuni elementi chiave:

  • Dialogo continuo: Il confronto tra sindacati e management era basato su un modello di negoziazione che privilegiava il consenso rispetto allo scontro.
  • Condivisione delle responsabilità: Le decisioni sulla formazione, la sicurezza e la qualificazione del lavoro venivano prese congiuntamente, favorendo un clima di collaborazione.

Conclusioni: Verso un modello partecipativo

Il capitolo si conclude con una riflessione sul successo delle nuove relazioni industriali al Nuovo Pignone, che rappresentarono un modello per altre realtà industriali. I risultati principali includono:

  • Rafforzamento della cultura partecipativa: Il consiglio di fabbrica e le pratiche di contrattazione aziendale hanno dimostrato l’importanza del coinvolgimento diretto dei lavoratori.
  • Un’eredità di innovazione: Le strategie adottate hanno lasciato un’impronta duratura, promuovendo un equilibrio tra produttività e benessere lavorativo.

Questo capitolo evidenzia come il Nuovo Pignone sia stato un esempio di innovazione nelle relazioni industriali, dimostrando che il dialogo e il compromesso possono portare a risultati duraturi. Se hai bisogno di ulteriori approfondimenti o di una sintesi di un altro capitolo, fammi sapere!

Riassunto del Capitolo 8: La qualità del lavoro

Introduzione: La qualità come dimensione centrale del lavoro

Il capitolo affronta il tema della qualità del lavoro, analizzandola non solo come un insieme di condizioni tecniche e produttive, ma come una dimensione complessa che include aspetti legati alla sicurezza, alla partecipazione, e al benessere psicologico e sociale dei lavoratori. Il Nuovo Pignone diventa un caso emblematico per esaminare come queste tematiche siano state integrate nelle relazioni industriali.

Lavoro e tutela della salute

Uno degli aspetti centrali del capitolo è la connessione tra qualità del lavoro e salute. L’autore esplora come le lotte sindacali abbiano portato a un cambiamento nella percezione e gestione della sicurezza sul lavoro:

  • La prevenzione come priorità: L’azienda e i sindacati hanno collaborato per implementare misure di prevenzione, promuovendo un ambiente di lavoro più sicuro.
  • Cambiamento culturale: La sicurezza non era più vista come un costo, ma come un investimento necessario per il benessere dei lavoratori e la produttività aziendale.

Verso la svolta: il modello partecipativo

Il capitolo evidenzia come il Nuovo Pignone abbia adottato un modello partecipativo per affrontare le questioni legate alla qualità del lavoro. Punti chiave:

  • Partecipazione attiva: I lavoratori, attraverso il consiglio di fabbrica, sono stati coinvolti nelle decisioni relative alle condizioni di lavoro.
  • Validazione consensuale: Le decisioni su temi come la formazione e la sicurezza venivano prese attraverso processi negoziali, garantendo un’ampia condivisione.

Sicurezza, prevenzione e formazione

La qualità del lavoro è stata migliorata anche attraverso un forte focus sulla formazione continua, considerata essenziale per garantire sicurezza e flessibilità. Aspetti principali:

  • Formazione sulla sicurezza: I programmi educativi hanno sensibilizzato i lavoratori sui rischi e sulle migliori pratiche per prevenirli.
  • Polivalenza e adattabilità: La formazione è stata vista non solo come un mezzo per migliorare la produttività, ma anche per accrescere l’autonomia e il benessere dei lavoratori.

La qualità del lavoro come strategia aziendale

Il Nuovo Pignone si distingue per aver integrato la qualità del lavoro nella propria strategia aziendale, dimostrando che il benessere dei lavoratori e la competitività non sono obiettivi in conflitto:

  • Innovazioni nei processi produttivi: Le iniziative legate alla sicurezza e alla prevenzione sono state integrate nelle pratiche aziendali, migliorando anche i risultati economici.
  • Un nuovo modello culturale: La qualità del lavoro è diventata un valore centrale per l’impresa, influenzando le sue politiche organizzative.

Conclusioni: La qualità del lavoro come leva di trasformazione

Il capitolo si conclude sottolineando come il miglioramento della qualità del lavoro abbia avuto un impatto significativo non solo all’interno dell’azienda, ma anche sulla percezione sociale del lavoro. I risultati principali includono:

  • Maggiore dignità per i lavoratori: Le politiche per la sicurezza e la formazione hanno rafforzato il senso di appartenenza e il riconoscimento delle competenze dei lavoratori.
  • Un modello replicabile: Le esperienze del Nuovo Pignone offrono un esempio concreto di come la qualità del lavoro possa diventare una leva per innovare le relazioni industriali e migliorare la produttività.

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Una sintesi di Storia del lavoro nell’Italia contemporanea, di Stefano Gallo e Fabrizio Loreto

N.B. ho scritto questo articolo con un sintetizzatore vocale, perciò possono esserci degli errori.

In estrema sintesi

Il libro è una cronaca organizzata in senso cronologico dei principali accadimenti relativi al lavoro in Italia. I sottotemi che descrive sono in particolare:

  • il quadro normativo
  • le vicende sindacali
  • la struttura della base produttiva italiana e i suoi cambiamenti
  • le modalità produttive nelle grandi aziende.

Riguardo al quadro normativo i principali temi sono i seguenti:

  • orario di lavoro e straordinari (differenziati per età e genere)
  • rapporto di lavoro (ugualmente differenziati per età e genere)
  • tutela della salute
  • gestione congiunta e conciliazione
  • disciplina dei licenziamenti
  • assicurazioni contro infortuni, malattia, gravidanza, pensione.

Nella storia del lavoro in Italia descritta dagli autori emergono una serie di dicotomie da un punto di vista organizzativo e/o di azione. Riguardo alla struttura e all’azione sindacale:

  • sindacato corporativo /antagonista
  • sindacalisti (e partiti) riformisti / rivoluzionari
  • interclassista / di classe
  • articolazione locale (camere del lavoro) / nazionale (federazione o confederazione nazionale)
  • generalista / di settore (ma anche i cobas)

Competenze dei dipendenti

  • artigiano (cioè esperto) / dequalificato / tecnico esperto (job enrichment)

Gestione del personale

  • autoritaria / basata sul concetto di risorse umane

Osservazioni

  • La struttura cronachistica rende purtroppo poco evidente l’evoluzione e la logica dei diversi sotto temi, si appiattisce tutto. Mancano totalmente tabelle di sintesi, ad esempio l’andamento dei salari reali, della produttività, dell’occupazione, etc.
  • Il libro dovrebbe chiamarsi Storia del lavoro dipendente nelle grandi imprese. Mancano totalmente i riferimenti ai lavoratori del commercio, artigiani, liberi professionisti, imprenditori, lavoratori dipendenti impegnati nei distretti industriali con struttura a rete (la terza Italia di Bagnasco), donne impegnate in lavori di cura. La terza Italia viene citata a p. 289 e 328, ma a parte questi accenni il tema è ignorato.
  • Gli autori non sono sociologi né economisti, e questo si nota: la descrizione delle dinamiche sociologiche del lavoro è a tratti stereotipata, e la prospettiva economica assente anche quando avrebbe contribuito a una migliore comprensione degli avvenimenti
  • Gli autori a un certo punto (280-181) affermano che i lavoratori delle grandi imprese e delle imprese pubbliche e i lavoratori di sesso maschile dagli anni ’60 in poi hanno goduto di un trattamento privilegiato rispetto agli altri lavoratori. Rinunciano però a sviluppare questo punto.
  • Il salario viene considerato una variabile indipendente
  • Viene prestata scarsa attenzione a politiche attive
  • Mi sembra non sia citata la legge che ha istituito la mobilità 1991
  • Ogni peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori dipendenti (ad esempio passaggio da pensioni retributive a contributive) viene letto in modo negativo. Invece il welfare e le tutele dovrebbero essere le stesse per tutti, indipendentemente da ruolo lavorativo, età, sesso.

 Il Regno d’Italia e gli anni della destra storica 1861-1876

Economia

L’Italia è un paese povero di risorse naturali, collocato in un territorio in gran parte poco fertile, in posizione marginale rispetto all’Europa, e, all’inizio del ‘900, con una percentuale molto alta di analfabeti.

Al momento dell’unità d’Italia l’agricoltura era la maggior fonte di ricchezza del paese, assorbiva 9 milioni di lavoratori, più del doppio di quelli impegnati nell’industria e nei servizi. Tre aree principali:

  • Val padana, con aziende agricole moderne medie o grandi, dirette da imprenditori.
  • Italia centrale e nordorientale caratterizzata da poderi a conduzione familiare, in genere mezzadri.
  • Italia meridione caratterizzato dal grande latifondo 26 (i numeri si riferiscono alle pagine del libro)
  • Dalle montagne partivano uomini e donne per svolgere lavorazioni agricole stagionali o in città.
  • Le famiglie contadine svolgevano anche lavori a domicilio soprattutto nel nord centro Italia, ad esempio allevamento, tessitura, e lavorazione del baco da seta 31.

Sindacale

Nuove forme di socialità maschile in città

  • (nel 1948 il Manifesto del Partito comunista, nel 1871 la Comune di Parigi)
  • grazie alla diffusione di circoli ricreativi 40 e associazioni popolari a partire dal 1850
  • società di mutuo soccorso per assistenza in caso di infortuni, malattie, invalidità e vecchiaia 42 i finanziatori potevano essere anche borghesi
  • cooperative di consumo poi di produzione e lavoro 44 promosse dai mazziniani
  • l’assistenza sociale era svolta da opere pie 51
  • Mazzini (morto 1872) era interclassista e nazionalista, aborriva la lotta di classe.
  • Dal 1854 prime agitazioni operaie 45 lodo Mancini a Biella

Ambito giuridico

  • Il lavoro dipendente non era codificato (locazione delle opere, trattato come un affitto) 47,
  • lo sciopero era un reato, vedi codice Pisanelli
  • Nel 1860 viene creato il Ministero di agricoltura industria e commercio con una commissione consultiva dedicata alla previdenza e al lavoro nel 1869 50

La sinistra storica e la crisi di fine secolo 1876-1900

Economia

  • grandi fabbriche per lana, cotone 56, con occupazione in maggioranza di giovani donne
  • In fabbrica da macchine manuali (tutte le operazioni sono compute manualmente dall’operatore)  macchine semi automatiche (la macchina, una volta messa a punto, svolge in autonomia alcune lavorazioni, ad esempio nel telaio meccanico il movimento del pettine, l’inserimento della trama -lanciatura della spola- e la battitura del filo sono fatti dalla macchina) gestite da operai meno specializzati 57, scioperi tessitori e braccianti 63
  • regime di fabbrica dispotico, descritto da regolamenti interni 59, anche se gli autori li descrivono come provenienti da negoziazioni 61.
  • dal 1870 grandi lavori di bonifica in Emilia e Veneto 54
  • opere pubbliche in particolare ferrovie e costruzioni
  • tutto questo creò un gran numero di braccianti salariati che lavoravano come avventizi 55

Sindacale

  • leghe di resistenza locali 65, e camere del lavoro da parte delle leghe di un singolo territorio 1891. Funzioni principali il collocamento, e poi istruzione e assistenza degli associati.
  • nascono anche federazioni nazionali di mestiere 66
  • in campo agricolo le cooperative gestivano terreni 67
  • repressione dei fasci siciliani intorno al 1890 costituito da leghe di contadini e minatori, 1898 moti del pane a Milano generale Bava Beccaris 68. Nello stesso anno a Genova il primo sciopero generale cittadino
  • avvio del 1° maggio nel 1890 70

Socialismo giuridico 75. Protezione attraverso leggi

  • Inchieste sulla condizione dei contadini e dei lavoratori 73.
  • dal 1880 legge per l’assicurazione contro gli infortuni,
  • per l’assicurazione contro la vecchiaia,
  • per la regolamentazione degli scioperi,
  • per la definizione dell’orario massimo di lavoro,
  • per un limite di età al lavoro 74.

Paternalismo imprenditoriale 76. dipinto il quarto stato 1902 76

L’età giolittiana 1900-1915

Economia

  • Lombardia, Piemonte e Liguria si crea il triangolo industriale: meccanico, metallurgico, chimico / nelle manifatture tabacchi 12.000 donne
  • gli addetti manifatturiero raddoppiano da 2 a 4 M, Urbanizzazione 92
  • si sviluppa anche il lavoro impiegatizio 95
  • migrazione dal meridione e dal Veneto anche verso l’estero: 14 milioni di persone lasciano l’Italia fra il 1871 e il 1914 verso Stati Uniti Argentina e Brasile

Politica

  • suffragio universale maschile nel 1912.
  • a partire dal 1901 le camere del lavoro furono costituite in quasi tutte le province italiane 101. Poi anche federazioni di categoria. Federterra fu la struttura sindacale più grande e influente 102.
  • sviluppo delle leghe cattoliche prevalentemente in campo agricolo 107.
  • Nel sindacato lotta vivace fra riformisti e rivoluzionari 103
  • 1906 Fondazione a Milano della CGL Confederazione generale del lavoro che coordinava camere del lavoro e federazioni 104, controllata dai riformisti
  • Nel 1912 anarchici e sindacalisti rivoluzionari fondano l’USI Unione sindacale italiana.
  • A partire dal 1906 vengono firmati in Italia i primi contratti collettivi 109 (Borsalino: salario minimo, l’esclusività delle assunzioni verso personale iscritto al sindacato, la rinuncia allo sciopero economico, il riconoscimento della commissione interna 111). I temi oggetto di contrasto in questo periodo erano le tariffe del cottimo, la durata dell‘orario di lavoro, il pagamento degli straordinari.

Legislazione

  • 1898 una legge sancisce l’obbligo di iscrizione a una forma di assicurazione contro gli infortuni 112 creazione medicina del lavoro 113.
  • si crea la disparità giuridica fra lavoro dipendente e lavoro autonomo 114.
  • All’interno del ministero dell’agricoltura, industrie e commercio viene creato il Consiglio superiore del lavoro con composizione mista: personale del ministero, degli imprenditori e dei sindacati.
  • Un accordo con la Francia allarga la copertura dello Stato sociale francese agli immigrati italiani 115.
  • Nel 1906 viene creato il corpo degli ispettori del lavoro
  • La legge Carcano del 1902 alza a 12 anni la soglia di ingresso al lavoro e proibisce alle donne l’impiego nei lavori sotterranei e il lavoro nei primi 30 giorni dopo il parto 116.
  • Nel 1910 viene istituita la cassa maternità per coprire il periodo di inattività prima e dopo il parto 117.
  • Un’altra legge determina la natura pubblica del rapporto di lavoro negli organismi pubblici.

La Prima guerra mondiale e il dopoguerra 1915-1922

Economia

  • Tutti gli uomini al fronte o in fabbrica 124, forte impulso al lavoro in fabbrica; meno coinvolte le donne 125. Piena occupazione con danni all’agricoltura.
  • In fabbrica disciplina rigida, aumento orario di lavoro, meccanizzazione, infortuni, malattie
  • Inflazione / proteste / repressione
  • Dopo la guerra grandi licenziamenti / conflitto sociale / socialisti eversivi / fasci di combattimento / 1919-1920 biennio rosso occupazione terre a sud e delle fabbriche (in risposta a serrata degli industriali)

Giuridico

  • Concertazione tramite Sottosegretariato di Stato alle armi e munizioni (con sedi regionali), che prevedeva degli organismi in cui sedevano anche alcuni sindacalisti, oltre a dirigenti pubblici e imprenditori 134, proseguita anche dopo la fine della guerra
  • I cattolici danno vita alla CIL Confederazione italiana dei lavoratori / gli interventisti all’Unione italiana del lavoro 137
  • Nel 1921 fondato il PCd’I che promuoveva consigli di fabbrica in alternativa alle commissioni interne

Dopoguerra

  • 1919 ricostituita Confindustria Confederazione generale dell’industria che rappresenta gli imprenditori
  • Nel 1919 La Fiom firma con le imprese metalmeccaniche un primo concordato nazionale (patto fra produttori), l’orario viene ridotto a 8 ore giornaliere per un totale di 48 ore, vengono fissati minimi salariali per tutte le industrie del settore, vengono riconosciute le commissioni interne. Queste disposizioni vennero poi estese ad altri settori industriali ad esempio il tessile 138
  • Durante la guerra ci furono molti provvedimenti relativi al lavoro. Fu deciso un sussidio ai congiunti dei militari richiamati alle armi che erano in condizioni di bisogno 146. Potenziata la normativa sugli infortuni sancendo l’obbligo di assicurazione anche in agricoltura con spesa a carico dei proprietari. Decisa la pensione 147 istituita un’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria 149 della durata massima di 120 giorni all’anno. 149 Viene introdotto il libretto di lavoro

Primi anni dell’Italia fascista 1922-1929

Economia

  • blocco dell’immigrazione deciso dagli Stati Uniti, battaglia del grano che portò un aumento dell’occupazione nell’agricoltura 161
  • negli anni 20 si diffonde il taylorismo e il fordismo Stabilimento FIAT Lingotto con catene di montaggio inaugurato nel 1923. 164 in Italia, tuttavia, il taylorismo rimase per molti anni un’eccezione.
  • Nuclei industriali al di fuori del triangolo Liguria Lombardia e Piemonte come il polo chimico di Marghera e nel bolognese il comparto motoristico e quello alimentare. Anche il settore tessile fu ristrutturato con un aumento della produttività attraverso l’intensificazione dei ritmi produttivi 167

Giuridico

  • Nel 1921 il movimento fascista distrusse sistematicamente le strutture operaie 153 soprattutto in Val padana. appoggiato degli agrari, da alcuni imprenditori e degli organi dello Stato
  • i partiti sindacati di sinistra non furono in grado di rispondere anche per le divisioni fra riformisti e socialisti 154. All’inizio del 1922 le forze sindacali si coalizzarono nell’alleanza del lavoro, con eccezione dei comunisti e dei cattolici 155. Lo sciopero generale promosso il 30 luglio 1922 fu però un fallimento.
  • Il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma il fascismo prende il potere
  • CNCS Confederazione Nazionale delle Corporazioni Sindacali, sindacato fascista nato nel 1922. Nel 1923 Confindustria riconobbe nel sindacato un interlocutore privilegiato 157. Nel 1925 Confindustria e sindacato fascista sottoscrivono il patto di Palazzo Vidoni che sanciva il riconoscimento reciproco esclusivo fra le due parti e la cancellazione delle commissioni interne 158. / Una legge del 1926 stabiliva il monopolio del sindacato fascista, riconosciuto come soggetto di diritto pubblico unico autorizzato a stipulare contratti collettivi nazionali di lavoro
  • Nel sistema corporativo, creato dal fascismo, il sindacato fascista faceva parte di un’architettura più ampia che includeva le corporazioni: enti statali che rappresentavano le diverse categorie economiche (industria, commercio, agricoltura, ecc.) e miravano a garantire la collaborazione tra le classi sociali per il bene comune.
  • cancellata la libertà di sciopero / creata la magistratura del lavoro /1927 carta del lavoro un manifesto dell’ideologia fascista

Il regime fascista, la Seconda guerra mondiale e la resistenza 1929-1945

Economia

  • crisi economica del 1929 crollano le esportazioni di alimentari e tessili, nei tre anni successivi la produzione cala del 20% e vengono tagliati anche i salari 185, questo crea una situazione di stagnazione che andrà avanti fino al 1935 e provocò numerosi agitazioni sociali 186
  • Il governo fascista rispose con un aumento dei lavori pubblici in particolare bonifica e costruzione infrastrutture. Sui terreni bonificati venivano costituiti i poderi, vedi ad esempio Latina e Sardegna
  • politiche anti-urbanesimo 188
  • privilegiare il lavoro maschile creando delle quote massime di impiego femminile 188
  • colonizzare le colonie di Libia e di Etiopia 188 189, altri ancora a lavorare in Germania.
  • Orario a 40 ore
  • fondato anche nel 1933 l’IRI istituto per la ricostruzione industriale ri che acquisì il controllo di grandi banche e complessi produttivi in crisi.
  • la produzione industriale tornò a crescere dopo il 1934 grazie agli investimenti per la guerra
  • Negli anni 30 in molte aziende italiane si diffuse il taylorismo ma senza raddoppio dei salari 191
  • in termini relativi l’indice di salari operai aumento meno di quello delle altre componenti 193
  • con l’entrata in guerra vengono congelati i contratti collettivi, ma l’inflazione porta disordini 1942-1944

Giuridico

  • Divieto del cottimo Bedaux, basato sul taylorismo (studio scientifico delle operazioni lavorative, utilizzando il cronometro per misurare i tempi standard e ottimizzare i processi). Era prevista una paga base commisurata alla quantità di lavoro che un operaio medio poteva svolgere in un determinato tempo, più un incentivo variabile in caso di superamento dello standard. Rimaneggiato nel 1934.
  • La Confederazione fascista dei lavoratori dell’industria ottenne conquiste apprezzabili ad esempio gli assegni familiari, le 40 ore settimanali per combattere la disoccupazione con riduzione del salario, la tredicesima mensilità, il sabato fascista e nel 1941 la cassa integrazione guadagni 193 L’assicurazione obbligatoria per alcune malattie professionali. 203, gli assegni familiari vennero estesi a tutti i lavoratori, la spesa per l’assistenza sanitaria aumentò in modo consistente attraverso la creazione di casse mutue e di matrice sindacale finanziate in maniera paritetica da imprenditori e lavoratori, lo stesso anche per i lavoratori agricoli, migliorate le tutele per le donne in gravidanza e dopo la nascita, fu creata l’opera nazionale maternità e infanzia 205
  • Nel 1930 fu istituito il Consiglio nazionale delle corporazioni e nel 1939 la Camera dei fasci e delle corporazioni in sostituzione della Camera dei deputati. In queste organismi sedevano esponenti di imprenditori e sindacati, alti funzionari ministeriali gerarchi del partito nazionale fascista 203
  • Nel 1933 vennero creati l’INAIL e l’INPS.

Consenso

  • la classe operaia 197 accettò il fascismo in modo pragmatico: né adesione, né contrapposizione piuttosto separatezza. Nel 1939 a Mirafiori Mussolini ricevette un’accoglienza molto fredda
  • grande consenso dai ceti medi imprenditori artigiani commercianti coltivatori diretti e mezzadri impiegati pubblici e privati insegnanti e professionisti 198 aumento costante dei dipendenti pubblici che a fine degli anni 20 arrivarono al milione di addetti, con retribuzioni molto alte 200 il fascismo creò anche dei sindacati per le diverse professioni intellettuali 201
  • In Italia la minoranza comunista creò una nuova Confederazione generale del lavoro che operava in clandestinità e che poi si fuse con la vecchia nel 1936, allargandosi poi anche alla corrente cristiana 206
  • Durante la guerra nascono i consigli di gestione che continuano a operare nei primi anni dopoguerra, tuttavia, all’inizio degli anni 50 vengono aboliti 245.

Ricostruzione e centrismo 1945-1960

Economia

  • dopo la guerra due milioni di disoccupati con forti tensioni sociali. In Sicilia furono uccisi 38 sindacalisti 229.
  • Gullo e poi Segni riforma agraria soprattutto nel sud e nel Delta padano 216, inoltre nel centro Italia migliorarono le condizioni dei mezzadri.
  • abbandono della terra da parte dei contadini attirati in città dalla possibilità di consumi e di retribuzioni più elevate. Grandi migrazioni interne dal meridione e dal Veneto ma anche dalla campagna ai centri cittadini più vicini. Riprende anche l’emigrazione all’estero 219
  • in alcune imprese fu introdotto il sistema della job evaluation: il sistema assegna punteggi ai dipendenti tramite interviste e questionari valutando fattori quali professionalità, responsabilità, e su questa base decide le retribuzioni indipendentemente dalla qualifica contrattuale del dipendente 237 / Altre imprese sviluppano il settore delle relazioni umane come ad esempio l’olivetti
  • Con il boom economico nel 1963 bene toccata alla piena occupazione

Sindacale

  • Costituzione italiana 1947 Repubblica basata sul lavoro, il lavoro è un diritto e un dovere. Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata, sufficiente, al riposo settimanale, alle ferie annuali, all’assistenza sociale; l’attività sindacale è libera lo sciopero è assicurato 221. In realtà la costituzione materiale, cioè l’attuazione pratica delle norme risentì della situazione politica creata dalla Cortina di ferro 222. Le norme relative alla rappresentanza sindacale previste art 39 non sono state mai applicate 227
  • nel 1944 fu costituita la CGIL Confederazione generale italiana del lavoro sindacato unitario che comprendeva le tre principali componenti politiche. E poi le camera del lavoro a livello provinciale e una Federazione nazionale per ogni categoria produttiva. la Cgil unitaria si spaccò in occasione dell’attentato a Togliatti 1948 / fondazione CISL e UIL
  • CNEL Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro che riuniva esperti e rappresentanti di categorie produttive con compiti di consulenza per aiutare Parlamento e governo su temi economici e sociali 227.
  • Negli anni 50 migliaia di operai politicizzati furono licenziati dalle grandi fabbriche, ci furono molte stragi operaie 123 124
  • Nel 1949 i braccianti ottennero il primo contratto collettivo nazionale
  • Si crearono inoltre anche sindacati autonomi nel pubblico impiego, nella scuola nei trasporti e nel credito
  • a fine degli anni 50 le imprese pubbliche si separarono da Confindustria costituendo due associazioni autonome una delle aziende dell’iri e l’altra delle altre aziende pubbliche

Giuridico

  • nel 1949 venne riformato di nuovo il collocamento con l’obbligo per le imprese che avessero più di 5 dipendenti di attingere agli elenchi con richieste numeriche.
  • Fu poi lanciato il piano casa 233 e la Cassa del mezzogiorno
  • nel 1950 fu approvato una nuova legge per la tutela madri, poi fu istituito un fondo per l’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia nel 1952 e nel 1955 fu disciplinato l’apprendistato 234

Il centrosinistra e il lungo 69  1960-1973

Economia

  • Nel 1961 gli occupati nel settore secondario superano quelli nell’agricoltura 255
  • Migrazione interna: nei vent’anni successivi al 1955 si trasferiscono nel triangolo industriale due milioni e mezzo di persone dal sud, un milione dal Veneto
  • continua il processo di emigrazione all’estero con un saldo negativo di uscite pari a tre milioni
  • le famiglie diventano più piccole si occupano un solo nucleo familiare spesso si afferma il modello per cui lavora il marito 257 il lavoro femminile era mal pagato e le donne perdevano il lavoro in caso di crisi
  • si sviluppa il settore terziario che a metà degli anni 70 arriva a toccare i 10 milioni di addetti in particolare nel pubblico impiego raddoppia e ugualmente raddoppiano commercio, alberghi e ristoranti 259
  • le retribuzioni degli impiegati inoltre aumentano notevolmente rispetto a quello degli operai 260
  • i settori che tiravano di più erano il metalmeccanico impegnato nella produzione di automobili elettrodomestici, il siderurgico, la chimica in particolare gonna gomma plastica e petrolio e petrolio 260
  • si ha una diffusione del fordismo ma senza raddoppio degli stipendi causando una degradazione del lavoro e il peggioramento della salute operaia con un aumento degli infortuni 261 12 morti al giorno nell’industria, aumenta la quota di operai dequalificati che passa dal 40 al 63%. Il fordismo all’italiana creo una classe operaia più giovane e meno politicizzata e frustrata da un lavoro poco attraente e nocivo 263
  • intervento statale nel Sud Italia con la costruzione di nuovi poli industriali ad esempio l’italsider a Taranto 256

Sindacale

  • Nel 1956 ci sono scontri a Genova contro un convegno del movimento sociale 365 e poi altri disordini in altre città
  • nel 1962 ci sono gli scontri in piazza Statuto a Torino contro un accordo separato alla Fiat.
  • nel 1963 viene fondata la rivista Quaderni Rossi che dà voce all’operaismo. L’operaismo è un movimento teorico e politico che si sviluppa come critica sia al capitalismo sia al Partito Comunista Italiano (PCI) e ai sindacati. Esso si concentra sul ruolo centrale della classe operaia nella società industriale e sulla sua capacità di trasformare il sistema produttivo e sociale attraverso la lotta di classe. Esponenti Panzieri, Tronti 266
  • Nel 1963 viene stipulato un accordo che autorizzava la contrattazione integrativa 267
  • le federazioni sindacali industriali come la FIOM e la FIM hanno posizioni agguerrite 268
  • il 68 inizia con le lotte studentesche, si costituiscono gruppi extraparlamentari e poi si mettono in moto anche gli operai a Valdagno e nelle principali fabbriche italiane creando comitati unitari di base in contrapposizione alle commissioni interne 269 alle lotte parteciparono gli operai massa ma anche gli operai specializzati
  • la sinistra sindacale era forte fra i metalmeccanici del Nord Italia 271 le sue caratteristiche erano la democrazia diretta, l’autonomia del sindacato dalla politica, l’unità. Nelle fabbriche si crearono i delegati di fabbrica i delegati si diffusero ulteriormente creando i consigli di fabbrica 274
  • Nell’autunno del 1969 si aprì la stagione dei rinnovi contrattuali che portò a ottenere un aumento uguale per tutti del 20%, 40 ore settimanali pagate come 48, parità di trattamento fra operai e impiegati con numerosi scioperi e scontri,
  • Nel 1972 fu creata la Federazione unitaria Cgil Cisl e Uil soluzione più arretrata riguardo alla semplice fusione 276 fu invece creata la Federazione lavoratori metalmeccanici che riuscì a ottenere lo straordinario volontario, le 150 ore e l’inquadramento unico nel 1973 fu introdotta anche una sola scala classificatoria di tutte le qualifiche

Giuridico

  • nel 1962 la legge sulla scuola media unica, nel 1969 la liberalizzazione degli accessi universitari
  • cancellazione delle gabbie salariali nel 1969 che portò un aumento del 20% nelle buste paga dei lavoratori meridionali
  • Il centrosinistra realizza una serie di innovazioni, ad esempio, l’aumento delle pensioni di base, l’assicurazione volontaria per le casalinghe, il miglioramento dei trattamenti INPS, l’introduzione della pensione di anzianità, con un rilevante aumento della spesa pensionistica e una moltiplicazione dei dipendenti pubblici 279 fu introdotto anche il sistema retributivo per il calcolo della pensione il principio di adeguamento all’inflazione tramite la scala mobile
  • Legge 300/ 1970 statuto dei diritti dei lavoratori inizialmente promosso dalla Cgil applicata ad aziende con più di 15 dipendenti. Lo statuto riconosce libertà di opinione, tutela della salute, divieto di controllo tramite impianti audiovisivi, e (articolo 18) il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo 282. In concreto, le garanzie vengono sviluppate a favore del rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nella grande impresa svolto dal lavoratore di sesso maschile, lasciando tutti gli altri (autonomi, dipendenti artigiani, commercianti, donne) esposti al precariato e al lavoro nero e con minori o inesistenti tutele assistenziali (indennità di maternità, infortunio, disoccupazione).

La cesura degli anni 70  1973-1980

Economia

  • nel 1974 c’è una grave recessione economica internazionale dovuta alla crisi petrolifera del 1973 seguita al quadruplicamento del prezzo del petrolio. il prodotto interno lordo nel 1975 calo del 2% in ogni caso gli occupati continuarono ad aumentare. Aumentato di molto anche la forza lavoro femminile, nel 1982 a quasi 7 milioni grazie all’espansione del settore terziario. 287 La contrazione economica si accompagnò all’inflazione con un aumento della piccola e media impresa.
  • La Fiat aprì nuovi stabilimenti nel Sud Italia grazie a finanziamenti statali, tuttavia, in questo periodo si chiude la fase degli investimenti pubblici nel Sud Italia 288 le aziende più grandi esternalizzano la produzione
  • nel 1977 Bagnasco e Becattini evidenziano l’esistenza di una Terza Italia nelle regioni del centro e del nord-est costituita da piccole imprese che lavorano in rete in distretti industriali 289 in questo periodo si ebbe anche decentramento istituzionale previsto dalla costituzione 289
  • a seguito dei rinnovi contrattuali eseguiti alle lotte del 68 il costo del lavoro era cresciuto in modo notevole
  • L’inflazione nel 1978 viaggiava intorno al 20% riducendo il potere d’acquisto di dipendenti e pensionati.
  • Dal 1973 l’Italia comincia a svalutare la lira ma questo fenomeno si interrompe nel ‘79.
  • le aziende avviarono grandi processi di ristrutturazione produttiva col superamento graduale del modello fordista 291 In particolare A. inseriscono l’elettronica e l’informatica nella produzione, B. adottano il decentramento produttivo, C. utilizzano i passaggi di qualifica per premiare i dipendenti più qualificati 292.
  • Nel 1978 esce il libro Lo spirito Toyota che si fondava just in time, kaizen, produzione snella grazie all’automazione e al coinvolgimento dei dipendenti 294
  • la crisi economica del 1973 e la strategia della tensione (bombe a Milano 1969 e 1973, Brescia 1974, etc.) portano il sindacato sulla difensiva 300. In occasione dei rinnovi contrattuali del 1976 i sindacati ottennero di essere informati sulle strategie aziendali ma alcune federazioni misero da parte gli aumenti uguali per tutti. Lama fu contestato alla Sapienza nel 1976.
  • All’inizio del 1978 le confederazioni sostengono il governo con la linea dell’Eur che prevedeva moderazione salariale con cessioni anche in tema di riduzione del personale di fronte a una crisi che non accennava a finire. In più quest’anno ci fu anche il rapimento di Aldo Moro. Nel 1979 viene ucciso Guido rossa.
  • Nel 1980 ci fu l’occupazione della Fiat a seguito di un piano che prevedeva la ristrutturazione produttiva col licenziamento di molti operai, ma la lotta fu sconfitta con la marcia dei 40.000 304
  • Le spese pubbliche crebbero notevolmente, nel 1973 furono introdotte le baby pensioni per i pubblici dipendenti che permettevano di andare in pensione con 14 anni di contributi per le lavoratrici madri. Lo Stato difende l’occupazione delle aziende in crisi attraverso la GEPI che rileva imprese decotte e la legge 675/1977 308.

Giuridico

  • Negli anni 70 ci fu il varo di riforme storiche: il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio falli, la legge 151/1975 riformò il diritto di famiglia, la legge 405/1975 istituiva i consultori familiari, legge 194/1978 autorizzava l’aborto. Nel 1970 e 1977 sono decentrate alle Regioni alcune funzioni allo Stato. La legge 903/1977 stabilì parità di trattamento fra lavoratrici e lavoratori. La legge 833/1978 istituì il sistema sanitario nazionale finanziato dalla fiscalità generale.

La fine della prima Repubblica 1980-1992. Ripresa consumi e debito pubblico

Economia

  • Fallimenti e riduzione di personale nelle grandi imprese, altre vendute a stranieri Zanussi, Buitoni, Galbani, Parmalat
  • Nel 1995 gli impiegati metalmeccanici sono ancora il 32% ma perdita centralità operaia
  • Il baricentro si sposta dal triangolo industriale alle regioni del centro e del nord est e dalle fabbriche medio grandi a stabilimenti sotto i 50 o addirittura sotto i 15 dipendenti (terza Italia -le altre nord ovest e sud). Tirano i settori moda e macchine industriali 319
  • Aziende che operano in rete, alcune con elevata specializzazione, altre dedicate invece allo sfruttamento intensivo di manodopera non qualificata 317. Vedi Benetton
  • 1980-1990 agricoltura raddoppia valore della produzione: riso, frutticoltura e allevamento più industria alimentare di trasformazione, vedi Parmalat e Barilla. Aziende di trasformazione sono presenti anche al sud 320
  • I lavoratori del settore di servizi salgono a quasi 15 milioni nel 1992 in particolare per nuovi ingressi femminili 323 grazie all’espansione dei servizi alla persona.
  • 1983-1992 espansione economica. Consumi+30% L’Italia vanta il record mondiale di numero di automobili pro capite dopo gli Stati Uniti, il 70% delle famiglie alla casa, è il paese col maggior numero di telefonini 323
  • nel 1990 il debito pubblico supera il prodotto interno lordo, e la disoccupazione giovanile ha un tasso doppio rispetto a quello europeo. 323
  • produzione robotizzata e isole produttive in Italia: operai controllori di una produzione robotizzata 325 Inn Fiat viene creata lavorazione asincrona dei motori che sostituisce la vecchia catena di montaggio: robot trasportatori portavano dal magazzino i pezzi necessari alle diverse stazioni di lavorazione dove squadre di operai montavano i pezzi, a Mirafiori e a Termoli 327. Ricerca del coinvolgimento degli operai come nel modello Toyota.

Politica

  • viene chiusa la cassa per il Mezzogiorno e una buona parte delle aziende pubbliche viene privatizzata
  • 329 continua inoltre la liberalizzazione del commercio estero con l’ottava sessione dei negoziati del GATT nel 1986 (la Cina nel 2000)
  • Nel 1982 la Confindustria disdice l’accordo del 1975 sulla scala mobile, tuttavia, la mediazione del governo Fanfani favorì l’accordo fra le parti sociali che prevedeva un limitato abbassamento della copertura della contingenza. L’intervento statale ricreava una soluzione neocorporativa con uno scambio triangolare 331.
  • Nel 1983 le elezioni portarono alla creazione di un governo guidato da Craxi. Accordo per superare la scala mobile firmato solo da Cisl e Uil. Il governo Craxi vara un decreto-legge che recepiva i contenuti dell’intesa. Nel 1985 la Cgil perde il referendum contro l’accordo 331.
  • Nei sindacati diventa maggioritaria la presenza di pensionati 333 si sviluppano poi sindacati autonomi di base come i Cobas 333
  • nel 1992 a causa di Tangentopoli cade il governo e poi ci sono gli assassinii di Falcone e Borsellino. Nel 1992 c’è un accordo triangolare fra Amato, Confindustria confederazioni sindacali per la cancellazione della scala mobile. Nel 1992 viene varato anche il sistema monetario europeo e si ha il divorzio fra Banca d’Italia e ministero del Tesoro che costringe il governo a finanziare il debito pubblico non più stampando moneta ma collocando obbligazioni sui mercati 335. Il debito pubblico continua ad aumentare.
  • Nel 1982 viene istituito il trattamento di fine rapporto, nel 1983 la riforma del pubblico impiego nel 1984 i contratti di formazione lavoro, poi viene disciplinato part time, poi viene introdotto il contratto di solidarietà, poi la legge 56/1987 riforma il collocamento creando i servizi per l’impiego viene abolita la chiamata numerica, aumenta la possibilità di ricorrere a contratti a termine e part time.
  • Aumentano gli infortuni, le malattie professionali nelle piccole imprese 338, nel 1990 viene approvata la legge sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, e poi nel 1991 la legge sulle azioni positive per realizzare la parità tra lavoratrici e lavoratori con la creazione del comitato nazionale di parità 339
  • nel 1992 il governo Amato presenta una finanziaria da 93.000 miliardi che prevede la riforma della sanità, e le riforma delle pensioni con l’aumento dell’età pensionabile a 65 anni per gli uomini a 60 per le donne
  • negli anni 80 si diffonde l’immigrazione straniera, ad esempio, nelle campagne siciliane, nel settore turistico e alberghiero, nell’edilizia, nell’assistenza domiciliare 341. Secondo gli autori non si tratta di sostituzione del lavoro italiano ma di trasformazione del mercato del lavoro 343. La normativa però era insoddisfacente nel 1990 fu approvato il decreto flussi che prevedeva una programmazione degli ingressi in Italia circa 20.000 all’anno e poi il primo provvedimento di sanatoria 344.

Un’altra Repubblica? (dal 1993 a oggi)

Economia

  • nel 2008 c’è la grande recessione e nel 2011 L’Italia rischia il default a causa dello spread fra titoli italiani e tedeschi 351
  • scomparsa dell’Italia industriale secondo Gallino 350. Lo sviluppo economico italiano viene trainato da un quarto capitalismo caratterizzato da aziende di medie dimensioni multinazionali tascabili come Armani, Barilla, Ferrero, Luxottica, Prada, mentre invece in molte aree metropolitane di Genova Milano Torino deindustrializzazione.

Politica

  • nel 1992 nasce l’Unione europea che nel 2013 raggiunge i 28 paesi. Nel 2009 viene approvata la Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea che ha una sezione dedicata al lavoro 349
  • nel 1993 cade il governo Amato, la mafia mette le bombe a Firenze, Roma, Milano, Ciampi diventa presidente del consiglio. Il Protocollo Ciampi con imprenditori e sindacati avvia l’epoca della concertazione il protocollo prevedeva A. il confronto sistematico fra governo e parti sociali sulla politica economica, B. due livelli di contrattazione: un contratto nazionale e un contratto decentrato a livello aziendale o territoriale, C. politiche attive del lavoro L’accordo portò alla riduzione dell’inflazione. Nel 1993 sindacati e Confindustria firmarono l’accordo che prevedeva la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie RSU sui luoghi di lavoro, assegnate per un terzo ai sindacati più rappresentativi e per la parte restante elette dai lavoratori 353. La concertazione entra in crisi dal 2000: A. il secondo governo Berlusconi marginalizza i sindacati, B. i sindacati si indeboliscono e l’unità sindacale termina nel 2002, C. la globalizzazione e l’integrazione europea richiedono risposte rapide e portano meno spazi di manivra
  • nel 1995 viene approvata la riforma Dini delle pensioni che prevedeva il passaggio graduale dal sistema retributivo a quello contributivo 357 e l’avvio della previdenza integrativa. Presso l’inps viene creata la gestione previdenziale separata per i collaboratori coordinati e continuativi.
  • Nel 1997 viene approvato il pacchetto Treu che migliorava la possibilità di lavoro a tempo parziale a tempo determinato recependo le direttive europee introduceva il lavoro interinale, si ebbe anche la diffusione dei lavoratori coordinati e continuativi già previsti da una legge del 1973 359
  • la Flex security è un concetto nato nei paesi scandinavi che metti assieme flessibilità dei lavoratori ma sicurezza per i lavoratori durante le fasi di disoccupazione dovute alla flessibilità, in Italia questo portò all’approvazione della legge Biagi che allargava la possibilità di utilizzare i contratti atipici e ne introduceva di nuovi aumentava la possibilità per le aziende di ricorrere al part time e al tempo determinato e in più prevedeva anche i voucher, cioè, buoni lavoro. I cococo vengono sostituiti dai cocopro per cui erano previsti modesti contributi previdenziali 362
  • a seguito della crisi finanziaria del 2008 L’Italia insieme ad altri paesi entra in recessione. Nel 2011 l’Italia rischia il default e viene approvata la riforma Fornero delle pensioni che generalizza il sistema contributivo e innalza i requisiti e l’età per la pensione di vecchiaia creando gli esodati. Inoltre, un’altra legge contrastava le false partite IVA e aumentava la possibilità di ricorrere a voucher 363
  • nel 2014 viene approvato il Jobs Act che interviene sull’articolo 18 prevedendo un contratto a tutele crescenti che limitava il ricorso all’istituto del reintegro e sostituiva il risarcimento al reintegro 363. Un elemento positivo fu l’estensione agli autonomi degli ammortizzatori sociali 364

Approfondimenti: qualità totale, nocività ambientale, povertà diffusa

Economia

  • Nelle fabbriche si sono diffuse le pratiche di job enrichment e una gestione moderna delle risorse umane; le unità produttive sono più piccole, le lavorazioni sono svolte da macchinari avanzati, nello stabilimento di Melfi la FIAT adotta il toyotismo. Vengono create unità tecniche elementari UTE composte da poche decine di lavoratori e gli operai partecipano alla gestione del reparto, collaborando fra loro, assistiti da una figura intermedia 366. Il dipendente ha però retribuzioni più basse rispetto a quelle standard FIAT e lavora a turni. Nel 2006 Marchionne introduce il World class manufacturing che prevedeva di completare il prodotto all’interno di UTE più piccole, con un immediato controllo di qualità 367.
  • Nel settore terziario lavorano 7 occupati su 10. Dei lavoratori nei servizi, 30% dipendenti pubblici, 30% turismo, trasporti, ristorazione, 20% liberi professionisti, 20% altro: credito, sport, etc. Gli occupati sono 18 milioni di cui 3 nel settore pubblico scuola e sanità. I contratti a tempo indeterminato 15 M mentre a termine 3 M. I lavoratori stranieri sono 2 M. pari al 10%. Le lavoratrici 10 milioni
  • diffusione del lavoro povero che nel 2019 coinvolgeva il 12% dei lavoratori italiani 370. (necessari minimi salariali). Vedi logistica e contratti pirata / vedi rider e gig economy (lavoretti) / vedi l’azione della procura della Repubblica di Milano contro i bassi salari
  • minimo aumento dei salari medi che in Italia è stato addirittura negativo 371 (ma produttività 2000-2022 solo 4%) mentre in altri paesi aumentato del 30% o ancora di più. 371 le retribuzioni dei manager invece sono molto aumentate 371.
  • Il tasso di disoccupazione 2024 6% Il tasso di occupazione femminile solo il 53%. La disoccupazione giovanile 13%. giovani laureati che vanno all’estero 373
  • Un’altra caratteristica è quella di braccianti agricoli molti dei quali stranieri. La legge 94/2009 ha creato il reato di ingresso e soggiorno illegale 376
  • produttività bassa: gli autori la misurano dal 1990, in modo da far vedere che in questo periodo i salari (-3%) sono saliti meno della produttività (+22%); ma inizi a misurare dal 2000, allora la produttività è rimasta stagnante salendo solo + 4%
  • continua la deindustrializzazione (caso FIAT e indotto) e la progressiva trasformazione dell’economia italiana in un’economia da bar, vale a dire basata su servizi a basso valore aggiunto e scarso contenuto tecnologico

Giuridico

  • Una legge del 1994 istituisce la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

La Nuova Avventura di Luca: Trovare il Lavoro dei Sogni con Strategia e Perseveranza

C’era una volta un giovane di nome Luca, che si trovava in una situazione difficile: era disoccupato e alla ricerca di un nuovo lavoro. Decise di affrontare questa sfida con una strategia ben definita, determinato a trovare l’opportunità giusta per lui.

La prima cosa che Luca fece fu definire chiaramente i suoi obiettivi. Quale tipo di lavoro desiderava? Quali aziende potevano offrirgli opportunità interessanti? Prese un quaderno e cominciò a scrivere tutto ciò che voleva in un lavoro: i valori aziendali, le opportunità di crescita e l’ambiente di lavoro desiderato. Definire i propri obiettivi con precisione gli permise di concentrare le sue energie in modo efficace.

Sapendo che la quantità di candidature era cruciale, Luca iniziò a inviare un alto numero di candidature ogni settimana. Si impose un obiettivo ambizioso: inviare almeno dieci candidature al giorno. Luca sapeva che le probabilità di successo aumentavano con ogni candidatura inviata e che la perseveranza era la chiave per ottenere risultati.

Luca si dedicò anche alla revisione del suo CV e della sua lettera di presentazione. Prese spunto da guide e consigli online, rendendo il suo CV chiaro e accattivante. Non dimenticò di adattare ogni candidatura alle specifiche richieste delle diverse offerte di lavoro, mettendo in risalto le esperienze e le competenze più rilevanti per ciascuna posizione. Questo approccio personalizzato aumentava le sue possibilità di attirare l’attenzione dei recruiter.

Consapevole dell’importanza della rete di contatti, Luca partecipò a eventi di settore, seminari e fiere del lavoro. Utilizzò piattaforme come LinkedIn per connettersi con professionisti del settore e seguire le aziende di suo interesse. Stabilire connessioni significative e costruire relazioni gli permise di scoprire molte opportunità lavorative tramite persone che conosceva.

Oltre a queste attività, Luca decise di seguire un corso di formazione professionale per migliorare le sue competenze e acquisire nuove conoscenze. Scelse un corso che fosse in linea con i suoi obiettivi professionali, imparando nuove abilità che avrebbero potuto renderlo più competitivo sul mercato del lavoro. Durante il corso, Luca fece nuove conoscenze, ampliando ulteriormente la sua rete di contatti.

Luca si preparò anche per i colloqui di lavoro. Preparò risposte alle domande comuni e si allenò con amici e familiari per migliorare la sua sicurezza e la sua comunicazione. Si assicurò di conoscere a fondo ogni azienda prima dei colloqui, dimostrando interesse e competenza. Ogni colloquio era un’opportunità per imparare e migliorare.

Durante la sua ricerca, Luca si trovò spesso a dover superare emozioni negative come la frustrazione e lo scoraggiamento. Praticò tecniche di gestione dell’emotività, come la meditazione e la scrittura di un diario, per mantenere la mente lucida e positiva. Affrontare le emozioni negative era essenziale per mantenere la motivazione e l’energia necessarie per continuare la ricerca.

Ogni volta che riceveva un rifiuto, Luca lo vedeva come un’opportunità per migliorare. Trovò motivazione nei suoi obiettivi professionali e nella visione del futuro che desiderava. Si ripeteva che ogni no lo avvicinava sempre più al sì che cercava. La pazienza e la perseveranza erano le sue armi vincenti.

Dopo mesi di ricerca, impegno, networking e formazione, finalmente arrivò una proposta di lavoro da un’azienda che incarnava tutti i suoi valori e le sue aspirazioni. Luca accettò l’offerta con entusiasmo e cominciò una nuova avventura professionale, consapevole che la strategia, la perseveranza, la pazienza e la formazione continua erano state le sue armi vincenti.

La morale della storia? Cercare lavoro richiede strategia, adattabilità e una dose di perseveranza. Con la giusta pianificazione, gestione emotiva, formazione professionale e un atteggiamento proattivo, le opportunità non tarderanno ad arrivare. Definire chiaramente gli obiettivi, inviare un numero significativo di candidature, costruire una rete di contatti, prepararsi ai colloqui, gestire le emozioni negative e migliorare costantemente le proprie competenze sono passi fondamentali per avere successo nella ricerca di un nuovo impiego.

Luca, con il suo esempio, dimostrò che la chiave del successo risiede nella combinazione di una buona strategia, una gestione efficace delle emozioni e delle aspettative e un continuo miglioramento personale. Ogni rifiuto, ogni difficoltà, erano solo un passo in più verso l’obiettivo finale.

 

Realizzato da Vania, Manuela, Alessandra, Claudia (Operatori dei CPI della Provincia di Varese)

Storytelling motivazionale grazie all’intelligenza artificiale

Nel mondo dell’orientamento professionale e della formazione per persone in cerca di lavoro, le storie motivazionali rivestono un ruolo fondamentale. Raccontare storie di successo, resilienza e determinazione può ispirare chi affronta le sfide della disoccupazione, offrendo strumenti per superare difficoltà e prendere decisioni migliori. Oggi, grazie all’intelligenza artificiale, creare storytelling efficace non solo è più semplice, ma anche più accessibile per formatori e orientatori.

L’importanza delle storie motivazionali

Le storie motivazionali aiutano a trasmettere messaggi complessi in modo coinvolgente e memorabile. Nel contesto dei corsi per disoccupati, possono:

  • Motivare e ispirare: Mostrano che, con impegno e strategia, è possibile superare anche le situazioni più difficili.
  • Insegnare comportamenti utili: Attraverso i protagonisti delle storie, si possono illustrare azioni concrete come scrivere un CV efficace, ampliare la rete di contatti o affrontare un colloquio con sicurezza.
  • Normalizzare le difficoltà: Le storie dimostrano che sfide e rifiuti sono parte del percorso e non segnano la fine delle opportunità.

Le storie di persone che ce l’hanno fatta, reali o immaginate, creano un forte impatto emotivo. Ma costruire narrazioni ben strutturate può richiedere tempo e competenze specifiche. È qui che l’intelligenza artificiale (IA) entra in gioco, semplificando il processo creativo.

L’intelligenza artificiale come alleata nello storytelling

Le piattaforme di IA, come ChatGPT, consentono di generare rapidamente storie personalizzate e pertinenti. Ma in che modo possono essere utilizzate per creare storytelling motivazionale?

1. Creazione rapida di trame coinvolgenti

Un formatore può fornire all’IA un input generico, come il profilo di un ipotetico protagonista (ad esempio, un giovane neolaureato in cerca di lavoro) e una situazione iniziale (disoccupazione e ricerca di opportunità). L’intelligenza artificiale genera una narrazione dettagliata, con momenti di sfida e successo, che si allinea agli obiettivi formativi del corso.

2. Personalizzazione delle storie

L’IA permette di adattare le storie a specifici contesti o destinatari. Ad esempio, un corso per lavoratori over 50 richiederà storie diverse rispetto a un programma per neolaureati. Grazie all’IA, è possibile creare trame su misura, tenendo conto di fattori come età, settore di interesse o cultura locale.

3. Integrazione di messaggi formativi

Attraverso la narrazione, si possono inserire comportamenti positivi e strategie utili. Ad esempio, una storia può mostrare il protagonista impegnarsi nella formazione continua, evidenziando l’importanza di aggiornare le competenze. Oppure, può illustrare l’utilizzo di piattaforme digitali per ampliare la rete di contatti.

4. Racconti interattivi e collaborativi

Con l’IA, è possibile creare storie interattive, coinvolgendo i partecipanti nella costruzione della trama. Questo approccio stimola la partecipazione attiva e rafforza il legame emotivo con la narrazione.

Un esempio concreto

Immaginiamo un corso rivolto a giovani in cerca di lavoro. Un formatore potrebbe chiedere all’IA di generare la storia di “Luca”, un ragazzo che, attraverso la definizione degli obiettivi, il networking e la formazione, riesce a trovare il lavoro dei suoi sogni. La storia, presentata in aula, potrebbe includere dettagli specifici come:

  • L’uso di piattaforme digitali per cercare lavoro.
  • La partecipazione a eventi di networking.
  • La gestione delle emozioni durante i rifiuti.

Questa narrazione, oltre a essere motivante, diventa un’occasione per introdurre attività pratiche: simulazioni di colloqui, esercizi per definire obiettivi professionali o momenti di condivisione delle esperienze personali.

Vedi un esempio

Benefici per formatori e orientatori

L’intelligenza artificiale offre numerosi vantaggi:

  • Efficienza: Riduce i tempi di creazione delle storie, permettendo ai formatori di concentrarsi su altre attività didattiche.
  • Flessibilità: Le narrazioni possono essere rapidamente modificate o ampliate per adattarsi alle esigenze del gruppo.
  • Varietà: Si possono generare più versioni di una stessa storia, mantenendo alto l’interesse dei partecipanti.

Il futuro dello storytelling motivazionale

Con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, le possibilità di utilizzo dello storytelling motivazionale sono destinate a crescere. In futuro, sarà possibile creare storie ancora più immersive, integrate con elementi multimediali o realtà virtuale, per offrire esperienze formative indimenticabili.

Tuttavia, è importante ricordare che l’IA è uno strumento e non un sostituto dell’empatia e dell’esperienza del formatore. La vera efficacia dello storytelling motivazionale deriva dalla capacità del formatore di contestualizzare le storie, coinvolgere i partecipanti e guidarli verso una riflessione personale.

Conclusione

Le storie motivazionali sono un potente strumento per aiutare chi cerca lavoro a superare le difficoltà e a mantenere alta la motivazione. Grazie all’intelligenza artificiale, è possibile creare narrazioni personalizzate, efficaci e coinvolgenti in modo semplice e veloce. L’integrazione di queste tecnologie nei corsi di orientamento rappresenta un’opportunità straordinaria per rendere l’apprendimento più dinamico, ispirante e accessibile a tutti.

Lavorare con storie generate dall’IA non solo arricchisce le sessioni formative, ma apre nuove prospettive sull’uso della tecnologia per supportare la crescita personale e professionale. In un’epoca di trasformazioni rapide, lo storytelling motivazionale, potenziato dall’IA, diventa una risorsa indispensabile per orientatori, formatori e partecipanti.

Scrivimi se sei interessato a un corso su questo tema l.evagelista@orientamento.it

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Cos’è la job evaluation

La job evaluation (valutazione del lavoro) è un processo strutturato utilizzato dalle organizzazioni per analizzare e classificare i ruoli lavorativi all’interno di un’azienda, con l’obiettivo di stabilire una gerarchia e determinare la retribuzione equa e competitiva per ciascun ruolo.

Questo processo non valuta le persone che ricoprono i ruoli, ma il contenuto, le responsabilità e il valore intrinseco di ciascun lavoro per l’organizzazione.

Fasi principali del processo:

  1. Analisi delle posizioni
  • Raccolta di informazioni dettagliate su ogni ruolo
  • Definizione delle responsabilità e dei compiti
  • Identificazione delle competenze richieste
  1. Selezione dei fattori di valutazione
  • Competenze tecniche e professionali
  • Responsabilità gestionale e decisionale
  • Complessità del lavoro
  • Impatto sui risultati aziendali
  • Condizioni di lavoro
  1. Ponderazione dei fattori
  • Assegnazione di pesi relativi a ciascun fattore
  • Definizione di una scala di punteggi
  • Creazione di una matrice di valutazione
  1. Valutazione delle posizioni
  • Analisi di ogni posizione secondo i fattori stabiliti
  • Assegnazione dei punteggi
  • Calcolo del punteggio totale
  1. Classificazione finale
  • Raggruppamento delle posizioni in fasce/livelli
  • Definizione delle bande retributive
  • Allineamento con il mercato del lavoro

Metodi principali:

  1. Metodo del ranking
  • Confronto diretto tra posizioni
  • Ordinamento dal più al meno importante
  • Approccio semplice ma meno oggettivo
  1. Metodo della classificazione
  • Definizione di classi predefinite
  • Inserimento delle posizioni nelle classi
  • Più strutturato del ranking
  1. Metodo a punti
  • Il più utilizzato e oggettivo
  • Valutazione analitica dei fattori
  • Assegnazione di punteggi specifici
  1. Metodo dei fattori comparativi
  • Confronto con posizioni benchmark
  • Valutazione per singoli fattori
  • Buon equilibrio tra oggettività e praticità

Differenza fra retribuzione decisa sulla base dell’inquadramento del contratto di lavoro e retribuzione decisa sulla base della job evaluation

La differenza tra una retribuzione decisa sulla base dell’inquadramento del contratto di lavoro e una retribuzione basata sulla job evaluation riguarda il modo in cui viene determinato il valore economico di una posizione e il suo stipendio. Ecco un confronto chiaro:


1. Retribuzione basata sull’inquadramento del contratto di lavoro

Descrizione:

  • La retribuzione è stabilita sulla base del contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) o di un contratto aziendale, che prevede livelli di inquadramento standardizzati.
  • Ogni posizione lavorativa è classificata in livelli o categorie predefinite, a cui corrisponde una retribuzione fissa.

Caratteristiche principali:

  • Standardizzazione:
    • Tutte le aziende che applicano lo stesso contratto seguono le stesse regole per inquadrare i lavoratori.
  • Livelli predeterminati:
    • Ogni livello del contratto definisce un insieme di mansioni e competenze.
  • Incrementi automatici:
    • Spesso ci sono progressioni salariali automatiche basate sull’anzianità o sugli scatti contrattuali.
  • Riferimento normativo:
    • La retribuzione è decisa in modo collettivo da sindacati e associazioni datoriali.

Vantaggi:

  • Equità percepita:
    • Tutti i lavoratori dello stesso livello ricevono la stessa retribuzione minima garantita.
  • Semplicità:
    • La classificazione è chiara e facilmente comprensibile.
  • Tutela del lavoratore:
    • Garantisce una retribuzione minima e condizioni standard, riducendo le disuguaglianze.

Limiti:

  • Poca flessibilità:
    • Non tiene conto delle specificità delle singole posizioni o del contesto aziendale.
  • Scarsa personalizzazione:
    • Non premia direttamente la complessità o il valore strategico di un lavoro rispetto ad altri.

2. Retribuzione basata sulla job evaluation

Descrizione:

  • La retribuzione è stabilita in base a una valutazione strutturata del ruolo all’interno dell’azienda, analizzandone il contenuto, le responsabilità, le competenze richieste e il valore per l’organizzazione.
  • Si usa un sistema analitico o non analitico (es. metodo a punti o ranking) per classificare i ruoli in una scala retributiva interna.

Caratteristiche principali:

  • Personalizzazione:
    • La retribuzione è specifica per ogni ruolo, basata su criteri aziendali e sull’importanza del lavoro per il business.
  • Flessibilità:
    • Si adatta alle esigenze di aziende che operano in contesti dinamici e competitivi.
  • Riferimento al mercato:
    • Spesso include un confronto con dati salariali esterni (salary benchmarking).

Vantaggi:

  • Equità interna:
    • Posizioni con simile complessità o valore strategico sono retribuite in modo coerente, anche se appartengono a funzioni diverse.
  • Attrazione e retention:
    • La personalizzazione consente di offrire pacchetti competitivi per attrarre e trattenere talenti.
  • Meritocrazia:
    • Riconosce il valore effettivo del lavoro svolto, indipendentemente dall’inquadramento contrattuale.

Limiti:

  • Complessità:
    • Richiede tempo e risorse per essere implementata e mantenuta.
  • Rischio di percezione di disuguaglianze:
    • Se non è trasparente, può creare malcontento tra i dipendenti.
  • Dipendenza dai dati:
    • La qualità della valutazione dipende dalla disponibilità di informazioni accurate.

Confronto diretto

CaratteristicaInquadramento del contrattoJob evaluation
Base di calcoloLivelli e categorie del CCNLValutazione analitica del ruolo
StandardizzazioneMolto altaVariabile, personalizzata
FlessibilitàLimitataElevata
Equità internaDipende dal CCNLBasata sulla complessità del ruolo
Riconoscimento del meritoGenericoSpecifico per il ruolo
Criteri di confrontoBasati su norme collettiveBasati su fattori aziendali
Adattabilità al mercatoLimitataAlta

Quando scegliere uno o l’altro?

  • Retribuzione contrattuale:
    • Adatta a contesti normati e poco dinamici, dove la stabilità e la coerenza tra settori è prioritaria.
  • Job evaluation:
    • Ideale per aziende moderne o competitive, che vogliono personalizzare le retribuzioni in base al contributo effettivo dei ruoli.

 

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