La nascita dello psicologo psicoterapeuta ci viene raccontata da Martin Seligman in uno dei suoi libri.
I nostri soldati erano appena tornati dall’Europa e dal Pacifico, alcuni feriti nel corpo, molti nello spirito. Chi avrebbe curato i veterani d’America che si erano sacrificati per garantirci la libertà? Gli psichiatri, ovviamente; è quella la loro missione eponima: essere medici dell’anima. A partire da Kraepelin, Janet, Bleuler e Freud, hanno maturato una lunga, anche se non unanimemente apprezzata storia di cura della psiche ferita.
Ma nel 1946 non ve ne sono a sufficienza per far fronte alla domanda: la formazione è lunga (oltre otto anni di specializzazione), costosa e molto selettiva. E non solo: chiedono un sacco di soldi per le loro prestazioni. E poi, cinque giorni la settimana su un lettino? E funzionerà davvero? Non si potrebbe formare in massa un più ampio meno sofisticato corpo i professionisti, e avviarlo al compito di curare le ferite mentali dei nostri veterani? Fu così che il Congresso chiese: ‘Che ne direste di questi ‘psicologi’?’
Chi sono i cosiddetti psicologi? Che fanno per guadagnarsi da vivere, nel 1946? Nell’immediato dopoguerra, la psicologia è una professione dai confini molto angusti. La maggior parte degli psicologi e costituita da accademici che aspirano a scoprire i processi basilari dell’apprendimento della motivazione (solitamente nei ratti bianchi), e della percezione (solitamente negli studenti universitari bianchi). Fanno esperimenti di scienza ‘pura’, curandosi ben poco del fatto che le leggi basilari che scoprono abbiano o meno una qualche possibilità di applicazione.
E quegli psicologi che, nell’ambiente accademico nel mondo reale, fanno del lavoro ‘applicato’, hanno tre missioni.
La prima è curare la malattia mentale; per la maggior parte si dedicano al compito ben poco allettante delle verifiche dei test, anziché alla terapia, che è il campo di azione degli psichiatri, da questi gelosamente difeso.
La seconda missione – perseguita dagli psicologi che lavorano nell’industria, nell’esercito, nelle scuole- è rendere più felice, produttiva e gratificante la vita della gente comune.
La terza missione identificare e coltivare giovani eccezionalmente dotati seguendo nella loro crescita bambini dal quoziente intellettivo particolarmente alto.
Il Veterans Administration Act del 1946, fra molte altre cose, mise insieme un corpo di psicologi che si occupassero dei veterani emotivamente scossi. Una legione di psicologi venne così avviata alla specializzazione e cominciò ad affiancarsi agli psichiatri nel dispensare terapie.
A dire il vero, molti iniziarono a occuparsi anche dei problemi dei non veterani, aprendo studi privati e ottenendo rimborsi dalle compagnie di assicurazione.
In capo a 25 anni questi psicologi ‘clinici’ (o psicoterapeuti, come vennero poi definiti) superarono per numero tutti gli altri membri della professione messi assieme. (…) La psicologia divenne praticamente sinonimo di cura delle malattie mentali. La sua missione storica di rendere più produttiva appagante la vita delle persone sane, normali, passò in secondo piano rispetto alla cura delle malattie mentali.
Fonte: Martin Seligman (ed. it. 2003), La costruzione della felicità, pp. 23 e 24.
Collocato sul sito il 6 maggio 2013, ultima modifica 6 maggio 2013. Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore © Leonardo Evangelista. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.