La povertà in Italia è sopravvalutata

La povertà in Italia è sopravalutata, perché la rilevazione ISTAT è basata sui redditi auto dichiarati ed è inverosimile che gli intervistati dichiarino redditi al nero.

In che modo l’ISTAT calcola la percentuale di poveri in Italia

L’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) calcola la percentuale di poveri in Italia utilizzando principalmente due indicatori: la povertà relativa e la povertà assoluta.

1. Povertà Relativa

La povertà relativa è calcolata rispetto al reddito mediano della popolazione. Una famiglia è considerata relativamente povera se il suo reddito equivalente (calcolato considerando il numero e la composizione del nucleo familiare) è inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. L’ISTAT utilizza i dati raccolti attraverso l’indagine sui consumi delle famiglie per determinare questa soglia e, di conseguenza, calcolare la percentuale di popolazione che vive al di sotto di essa.

2. Povertà Assoluta

La povertà assoluta è calcolata sulla base di un paniere di beni e servizi considerati essenziali per una vita dignitosa. Questo paniere include cibo, vestiti, abitazione, trasporti, istruzione e salute, e il suo costo varia in base a diversi fattori come la zona geografica (Nord, Centro, Sud), il tipo di comune (piccolo, medio, grande) e la composizione della famiglia (numero di membri e loro età). Una famiglia è considerata assolutamente povera se non riesce a permettersi questo paniere minimo di beni e servizi. Anche in questo caso, l’ISTAT utilizza i dati raccolti tramite indagini sui consumi delle famiglie per stabilire la soglia di povertà assoluta e calcolare la percentuale di popolazione al di sotto di tale soglia.

Metodo di Raccolta Dati

L’ISTAT raccoglie i dati attraverso indagini periodiche sulle famiglie italiane, che includono informazioni dettagliate sui redditi, le spese e le condizioni di vita. Questi dati vengono poi elaborati statisticamente per ottenere una stima delle percentuali di povertà relativa e assoluta.

Limiti del sistema Istat per la rilevazione della povertà

Il sistema dell’ISTAT per la rilevazione della povertà, pur essendo uno strumento fondamentale per comprendere le dinamiche socio-economiche del Paese, ha ricevuto diverse critiche nel corso degli anni. Ecco alcune delle principali critiche rivolte a questo sistema:

1. Rigidità delle Soglie di Povertà

Una delle critiche più comuni riguarda la rigidità delle soglie di povertà assoluta e relativa. Queste soglie sono determinate in modo standardizzato, ma non tengono sempre conto delle variazioni locali nei costi della vita, che possono differire notevolmente anche all’interno delle stesse aree geografiche (ad esempio, tra aree urbane e rurali). Questo può portare a una sottovalutazione o sopravvalutazione del fenomeno in specifiche zone del Paese.

2. Insufficienza della Definizione di Povertà Relativa

La definizione di povertà relativa, basata sul 60% del reddito mediano, è stata criticata perché si tratta di una misura puramente statistica che non riflette necessariamente il reale stato di disagio economico. In situazioni in cui il reddito mediano è molto basso, una parte significativa della popolazione potrebbe trovarsi al di sotto della soglia senza essere effettivamente povera in termini di accesso ai beni e servizi essenziali.

Con una definizione di questo tipo, ci sono sempre poveri anche a Dubai.

3. Problemi nella Rilevazione dei Redditi

Le rilevazioni dell’ISTAT si basano su indagini campionarie che raccolgono dati auto-dichiarati sui redditi. Tuttavia, esiste il rischio che alcuni redditi vengano sottodichiarati o che vi siano redditi sommersi (lavoro nero) non catturati dalle indagini, il che può portare a una distorsione nella stima della povertà. E’ assai inverosimile che l’intervistato dichiari di aver ricevuto redditi al nero, e ancora più inverosimile quando questi redditi sono di provenienza criminale.

Inoltre, la natura campionaria dell’indagine può non rappresentare perfettamente alcune fasce specifiche della popolazione.

Quanto impattano i redditi al nero nell’economia italiana?

L’economia sommersa, che include i redditi non dichiarati e le attività svolte “al nero”, ha un impatto significativo sull’economia italiana. Questo fenomeno rappresenta una parte considerevole del PIL (Prodotto Interno Lordo) e ha una serie di implicazioni economiche e sociali. Ecco alcuni punti chiave:

1. Dimensione dell’Economia Sommersa

Secondo le stime, l’economia sommersa in Italia rappresenta una percentuale significativa del PIL. Dati recenti indicano che l’economia sommersa può oscillare tra il 10% e il 15% del PIL, a seconda degli anni e delle metodologie di stima. Questo significa che ogni anno una parte rilevante delle attività economiche sfugge al controllo fiscale e alle statistiche ufficiali.

2. Redditi Non Dichiarati

I redditi al nero sono una componente fondamentale dell’economia sommersa. Questi includono salari e compensi non dichiarati derivanti da attività lavorative informali o illegali. La mancanza di dichiarazione di questi redditi ha diverse conseguenze:

  • Evasione Fiscale: Uno degli effetti più diretti è l’evasione fiscale, che priva lo Stato di risorse cruciali per finanziare i servizi pubblici, come sanità, istruzione e infrastrutture. L’evasione fiscale legata al lavoro nero è una delle principali cause del persistente deficit fiscale in Italia.
  • Distorsione del Mercato del Lavoro: I redditi al nero distorcono il mercato del lavoro, creando una competizione sleale tra chi lavora regolarmente e chi opera nell’informalità. Questo può abbassare i salari e peggiorare le condizioni lavorative per tutti i lavoratori.

Quanto impattano i redditi da attività criminali nell’economia italiana?

L’economia criminale rappresenta una parte non trascurabile del PIL italiano. Stime indicano che i redditi generati da attività criminali possano costituire una percentuale significativa del PIL, con stime che variano tra il 10% e il 12% del PIL, a seconda delle fonti e degli anni. In termini assoluti, questo equivale a decine di miliardi di euro ogni anno.

4. Inadeguatezza nel Considerare le Condizioni Abitative

Alcuni critici sostengono che le misure di povertà non prendono sufficientemente in considerazione le condizioni abitative delle persone. Ad esempio, una famiglia che possiede una casa potrebbe risultare al di sotto della soglia di povertà relativa, ma non affrontare gli stessi problemi di una famiglia in affitto con lo stesso reddito. Le condizioni di vita, in particolare l’accesso a un alloggio dignitoso, dovrebbero essere valutate più attentamente.

5. Non Considerazione di Altri Fattori Sociali e Culturali

La misurazione della povertà non sempre tiene conto di fattori come l’accesso ai servizi pubblici, l’istruzione, la salute e la partecipazione alla vita sociale. Questi elementi, sebbene non direttamente collegati al reddito, influenzano significativamente il benessere di un individuo o di una famiglia. Le critiche sottolineano la necessità di un approccio più multidimensionale alla misurazione della povertà.

6. Temporaneità dei Dati

Un’altra critica riguarda la periodicità delle rilevazioni e la tempestività dei dati. I dati sulla povertà spesso riflettono situazioni di anni precedenti, il che può rendere difficile la progettazione e l’implementazione di politiche pubbliche in tempo reale. La povertà, infatti, è un fenomeno dinamico e i cambiamenti economici possono rapidamente modificare la situazione delle famiglie.

7. Sottovalutazione di Alcune Categorie di Popolazione

Infine, c’è la questione della rappresentatività delle indagini ISTAT. Alcuni gruppi di popolazione, come i migranti irregolari, i senzatetto o le persone in condizioni di grave emarginazione, potrebbero non essere adeguatamente rappresentati nelle statistiche ufficiali, portando a una sottovalutazione del fenomeno della povertà.

Qual è stata l’evoluzione della povertà assoluta negli ultimi anni?

1. Prima del 2020

Prima della pandemia di COVID-19, la povertà assoluta in Italia aveva già mostrato una tendenza al rialzo. Secondo i dati dell’ISTAT:

  • 2013-2019: Dopo la crisi economica del 2008, la povertà assoluta in Italia è aumentata progressivamente. Nel 2013, la povertà assoluta coinvolgeva circa il 7,3% delle famiglie italiane. Negli anni successivi, questo valore è rimasto relativamente stabile ma su livelli elevati, con un picco nel 2017, quando il 7,7% delle famiglie (circa 5 milioni di persone) viveva in povertà assoluta.

2. Impatto della Pandemia (2020-2021)

L’arrivo della pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto drammatico sulla povertà assoluta in Italia:

  • 2020: La crisi economica scatenata dalla pandemia ha portato a un significativo aumento della povertà assoluta. Secondo l’ISTAT, nel 2020, la povertà assoluta ha colpito 2 milioni di famiglie (pari al 7,7% del totale) e circa 5,6 milioni di individui (pari al 9,4% della popolazione). Questo rappresentava un aumento considerevole rispetto all’anno precedente (6,4% delle famiglie e 7,7% degli individui nel 2019).
  • 2021: Il 2021 ha visto un ulteriore peggioramento della situazione, con la povertà assoluta che ha continuato a colpire duramente la popolazione. Circa 1 milione in più di persone è entrato nella condizione di povertà assoluta rispetto al 2020. Si è registrata una leggera riduzione del tasso di povertà tra le famiglie, ma il numero assoluto di persone in povertà è rimasto alto, soprattutto tra i minori e nelle regioni del Sud Italia.

3. Anni Recenti (2022-2023)

Nel 2022, la situazione ha mostrato segni di stabilizzazione ma non di miglioramento sostanziale:

  • 2022: Secondo i dati dell’ISTAT, la povertà assoluta ha continuato a colpire circa 5,6 milioni di persone, con una leggera riduzione rispetto ai picchi del 2020, ma ancora su livelli molto elevati rispetto al passato. La crisi energetica e l’inflazione, aggravate dalla guerra in Ucraina, hanno continuato a mettere sotto pressione le famiglie italiane, rendendo difficile un miglioramento significativo della situazione.
  • 2023: Anche se i dati ufficiali del 2023 non sono ancora completi, le previsioni e i primi dati suggeriscono che la povertà assoluta resta un problema grave. Le misure di sostegno economico, come il Reddito di Cittadinanza, hanno mitigato alcuni effetti, ma l’inflazione persistente e l’aumento dei costi della vita continuano a pesare su molte famiglie, in particolare quelle a reddito fisso e quelle più vulnerabili.

Come si è evoluta la povertà relativa negli ultimi anni?

1. Prima del 2020

Prima dell’impatto della pandemia di COVID-19, la povertà relativa in Italia era già una preoccupazione crescente:

  • 2013-2019: Durante questo periodo, la povertà relativa ha mostrato una tendenza all’aumento, con oscillazioni legate alla ripresa economica post-crisi del 2008 e alle politiche economiche. Nel 2013, la povertà relativa colpiva circa il 12,6% delle famiglie italiane. Negli anni successivi, il tasso di povertà relativa ha continuato a crescere, raggiungendo un picco del 15,6% nel 2018, con una leggera diminuzione nel 2019 al 14,7%.

2. Impatto della Pandemia (2020-2021)

La pandemia ha avuto un impatto significativo anche sulla povertà relativa, sebbene in misura diversa rispetto alla povertà assoluta:

  • 2020: La crisi economica derivante dalla pandemia ha colpito duramente le famiglie italiane, aumentando il numero di persone che vivono in condizioni di povertà relativa. Nel 2020, il tasso di povertà relativa è aumentato, con un impatto particolarmente forte sulle famiglie con figli e su quelle con un unico percettore di reddito.
  • 2021: Nel 2021, nonostante le misure di sostegno economico introdotte dal governo, come il Reddito di Cittadinanza, la povertà relativa è rimasta su livelli elevati. Le famiglie che si trovano appena al di sopra della soglia di povertà assoluta hanno continuato a lottare con difficoltà economiche, specialmente a causa dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e della crisi occupazionale.

3. Anni Recenti (2022-2023)

Negli ultimi anni, la povertà relativa ha continuato a mostrare segni di stabilizzazione a livelli alti:

  • 2022: Nel 2022, il tasso di povertà relativa è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, intorno al 14-15%. L’inflazione crescente, aggravata dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina, ha reso ancora più difficile per molte famiglie mantenere un tenore di vita adeguato, portando molte persone a scivolare verso la povertà relativa.
  • 2023: Sebbene i dati completi per il 2023 non siano ancora disponibili, si prevede che la povertà relativa continui a rimanere alta, soprattutto in considerazione delle sfide economiche persistenti, tra cui l’aumento dei costi della vita e le difficoltà legate al mercato del lavoro. Le famiglie più vulnerabili, come quelle con molti figli o con membri disoccupati, continuano a essere le più colpite.

Fonte: ChatGPT 1 settembre 2024