Lavare i piatti da Mc Donald è utile, soprattutto a chi fa il liceo

Chi segue il percorso liceale e lo proseguirà, poi, all’università rischia di fare l’ingresso nel mondo del lavoro molto tardi e senza aver mai fatto alcuna esperienza lavorativa prima della laurea. Non è un caso se le imprese si lamentano di aver «difficoltà nel reperire personale capace di inserirsi velocemente in un contesto organizzativo e dunque dotato di competenze trasversali o soft skills».

Questa frase, ma è solo un esempio, la trovate scritta nel Piano Strategico della zona omogenea dell’Eporediese (p.31) ed è una delle principali “lamentele” che le imprese canavesane rivolgono alla scuola. Sono sicuro, però, che non si tratti di un caso isolato, vero? È, purtroppo, vero. I nostri studenti, spesso, non sono autonomi, hanno poca fiducia in loro stessi, non sono flessibili, reagiscono male alle difficoltà e allo stress, non sono capaci di pianificare e organizzare il proprio tempo, non sono puntuali nelle consegne, non comprendono e accettano il loro ruolo in un’organizzazione e non lavorano bene in gruppo. La scuola italiana (e includo anche l’università) non riesce a far acquisire agli studenti queste competenze, anzi. A volte è addirittura di ostacolo. Questo fa sì che non sia raro trovare uno studente, bravissimo, che arrivato al termine del suo percorso di studi si trovi totalmente spaesato all’interno di un contesto lavorativo.

A scuola i ragazzi apprendono in modo forzato e assistito (il docente dice loro cosa studiare e poi verifica se lo hanno fatto), nel mondo del lavoro la formazione deve essere continua e autonoma, a scuola hai sempre una seconda chance, nel lavoro non è detto, a scuola il mancato rispetto di una scadenza non ha conseguenze, nel lavoro sì, etc.

Ecco quindi spiegato lo scopo dei percorsi di alternanza. Non vai da McDonald per imparare a lavare piatti. Ci vai per fare esperienza, in un contesto protetto, di competenze indispensabili nel mondo del lavoro e che difficilmente si apprenderanno a scuola. Ci vai perché sarà anche vero che chi frequenta il Liceo Classico e vuole laurearsi in Lettere non andrà mai a lavorare da McDonald (ma ne siamo sicuri?), però la capacità di lavorare in gruppo, pianificare e organizzare le proprie attività e riuscire a lavorare per ore mantenendo la concentrazione sono tutte competenze che deve avere il lavoratore di McDonald tanto quanto qualsiasi altro lavoratore.

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6 risposte a “Lavare i piatti da Mc Donald è utile, soprattutto a chi fa il liceo”

  1. Personalmente non credo affatto che per maturare le competenze trasversali richieste dalle aziende sia necessario fare i servi della gleba, soprattutto se si tratta di studenti liceali, o perlomeno non credo sia necessario dedicare all’alternanza un così elevato numero di ore.
    Gli stages sono sempre esistiti ma la loro durata non andava oltre le due settimane; con la “buona sola” invece le ore previste per l’alternanza nei licei sono 200, negli istituti tecnici 400 (nel triennio) che corrispondono a circa un mese e mezzo di lavoro, tempo sottratto alla didattica, quando non è sottratto alle vacanze.
    E nel dissentire pertanto da quanto scrive Marco Bollettino, faccio mio il pensiero di Daniela Ranieri. autrice di un articolo apparso sul Fatto Quotidiano del 19 ottobre a cui rimando e del quale estraggo il nucleo più significativo: “Ma perche un provvedimento così demenziale? II rasoio di Occam impone di considerare valida la risposta più ovvia e cioè: perchè quelli che lo hanno ideato sono degli analfabeti. Ma a ben vedere l ‘alternanza scuola-lavoro, cioe l’alternanza studenti-servi della gleba, oltre che una furbata di bassa lega (per uno studente che compie gratis quella mansione, un disoccupato resta a casa), è perfettamente coerente col modello culturale di Renzi, che a dispetto dei suoi slogan sul merito ha portato al governo delle nullità e considera la critica “chiacchiera”, la riflessione una perdita di tempo, i “professoroni” un freno al progresso . E’ naturale che chi ha fatto il Jobs Act voglia inculcare nei giovani l’idea che non debbano sentirsi sfruttati, ma appagati di partecipare al grande balzo neoliberista. Fa comodo alla classe non dirigente attuale che gli adolescenti si abituino a pensarsi come destinati alla precarietà e a lavori poco qualificati, sottopagati, senza pensioni future, ferie e giorni di malattia.Dopo aver stracciato lo statuto che limitava il potere dei padroni di licenziare a proprio piacimento i dipendenti, mancava solo il modo di diffondere tra i futuri lavoratori i principi della rassegnazione e della mancanza di solidarietà.”

  2. Cara Sonia,

    ti ringrazio molto per il tuo feedback. La prima cosa che mi colpisce nel tuo messaggio è il largo uso di termini connotativi: gli studenti in stage equiparati ai servi della gleba (ma tu lo sai chi erano i servi della gleba? venivano venduti assieme alla terra che erano costretti a coltivare, quali sarebbero i punti comuni con gli studenti in stage?). Imparare a seguire un orario di lavoro, a relazionarsi coi colleghi, a svolgere compiti manuali come cuocere patatine fritte, pulire i tavoli o predere le ordinazioni sarebbe ridursi alla condizione di quasi schiavo? Mi sarei aspettato una valutazione di questo tipo da una contessa del ‘700. Il provvedimento di legge che ha previsto gli stage sarebbe ‘demenziale’, gli esperti che l’hanno messo a punto ‘analfabeti’ (sei sicura? Scommettiamo che hanno tutti la laurea?), l’alternanza sarebbe ‘una furbata’, i ministri del governo Renzi sarebbero delle ‘nullità’, lo sviluppo economico degli ultimi 20 anni che ha portato e continua a portare in tutto il mondo alcuni miliardi di persone fuori dalla povertà è definito ironicamente ‘il grande balzo neoliberista’ (l’economia centralizzata -il modello sovietico, per intendersi- ha funzionato meglio? E allora perché l’URSS non esiste più?). E in che modo l’alternanza abituerebbe gli adolescenti a pensarsi ‘destinati alla precarietà’? E fare lavori poco qualificati sarebbe disdicevole? (emerge di nuovo la contessa che è in te). Senza una massa di volenterosi addetti che puliscono strade, scuole e uffici, seminano e raccolgono frutta e verdura, assistono anziani e turisti, producono i miliardi di prodotti che utilizziamo quotidianamente (dalle penne biro alle pentole) la tua vita sarebbe migliore o peggiore? Il mondo che sogni è fatto tutto di dirigenti occupati a tempo indeterminato nel settore pubblico?

    La gran parte delle imprese e degli operatori di orientamento (categoria di cui faccio parte) verifica ogni giorno che molti giovani mancano delle competenze minime per lavorare in un contesto organizzato. Il motivo è dovuto proprio al fatto che stanno troppo a scuola, e che alcuni degli adulti con cui sono a contatto si balocca con idee come le tue.

  3. Caro Leonardo, consentimi di replicare punto per punto, così forse (forse) sarò più chiara. Mi chiedi “ma tu lo sai chi erano i servi della gleba? (…) quali sarebbero i punti comuni con gli studenti in stage?”. Hai ragione: in effetti “schiavo” è il termine più appropriato perché schiavo è colui che lavora in cambio di nessuna retribuzione. Ed è quello che succede a chi svolge attività di semplice manovalanza (lavare i piatti, pulire i tavoli, i locali, eccetera) per 30 o più ore ore alla settimana, per un mese e mezzo all’anno circa, in cambio di zero euro (gli stagisti, per l’appunto). Poi mi domandi “Imparare a seguire un orario di lavoro, a relazionarsi coi colleghi, a svolgere compiti manuali come cuocere patatine fritte, pulire i tavoli o prendere le ordinazioni sarebbe ridursi alla condizione di quasi schiavo?” A mio avviso, sì, in assenza di adeguata retribuzione e/o di elevata formazione (es. praticantato in professioni per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione a un Ordine). Tuttavia, al di là della gratuità della prestazione, ciò che ritengo eccessivo nel caso di specie (l’ho precisato) è il numero di ore deputate all’alternanza, perchè apre un varco all’uso improprio dell’istituto (sostanzialmente il motivo alla base dello sciopero); vale a dire che una breve esperienza (2 settimane all’anno) senza remunerazione è ammissibile; quando il coinvolgimento dissimula un rapporto di lavoro subordinato non retribuito, non più. Osservi anche “Mi sarei aspettato una valutazione di questo tipo da una contessa del ‘700”. Sbagliato: una valutazione di questo tipo può essere avanzata da chiunque abbia una vaga conoscenza della Costituzione Italiana. “Il provvedimento di legge che ha previsto gli stage sarebbe ‘demenziale’, gli esperti che l’hanno messo a punto ‘analfabeti’ (sei sicura? Scommettiamo che hanno tutti la laurea?)”. Esistono anche …le metafore, che evidentemente non ti piacciono. Pertanto traduco: quand’anche avessero la laurea, essi dimostrano di possedere un livello culturale, nel senso di Cultura al servizio della elevazione spirtuale e materiale della collettività, davvero carente per non meglio dire prono assecondare la fame di manodopera a basso costo delle aziende del Paese. Tanto è vero questo, quanto sono assenti una visione e una progettualità di lungo respiro negli attuali governanti, preoccupati unicamente del punto percentuale sul sondaggio del giorno. Per il resto, premesso che l’ironia del commento era finalizzata a mettere in luce le storture di questo sistema di alternanza e non a demonizzare l’economia liberista, sottolineo che non ho mai affermato né direttamente né indirettamente che fare lavori poco qualificati sia disdicevole: è disdicevole NON remunerare adeguatamente le prestazioni di lavoro, qualunque esse siano, anche le più umili. E’ lo sfruttamento che toglie dignità alle persone, non la tipologia di attività svolta. Pertanto, ben venga la “massa di volenterosi addetti che puliscono strade, scuole e uffici, seminano e raccolgono frutta e verdura, assistono anziani e turisti, producono i miliardi di prodotti che utilizziamo quotidianamente (dalle penne biro alle pentole)” purchè dignitosamente stipendiata così come impone l’art.36 della Costituzione. “La gran parte delle imprese e degli operatori di orientamento (categoria di cui faccio parte) verifica ogni giorno che molti giovani mancano delle competenze minime per lavorare in un contesto organizzato.Il motivo è dovuto proprio al fatto che stanno troppo a scuola, e che alcuni degli adulti con cui sono a contatto si balocca con idee come le tue.” Ne sei proprio sicuro? Personalmente credo che la necessità di abbassare con ogni mezzo i costi del lavoro, in un Paese che manca, ormai da tempo, di una visione a lungo termine, e la cui economia in ragione di ciò annaspa costantemente, abbia indotto le aziende a risparmiare su ogni aspetto, compreso quello della formazione (trasversale e tecnica) e pertanto si chiedono risorse già “pronte all’uso” (sì, esattamente come le merci), quindi da subito (o da sempre) in possesso di competenze trasversali e tecniche. Talchè si accusano i giovani di non possedere attribuzioni minime per lavorare in un contesto organizzato. Gli adulti che nuocciono ai giovani anzidetti (perchè a tuo dire si baloccano di idee stravaganti e di cui io farei parte), sono invece quelli che credono nel rispetto del Diritto e nella Cultura come strumento di elevazione dell’intera società. Altro che lavare i piatti da Mc Donald!
    (A questo punto, tra parentesi – metaforiche e reali – ti rendo noto che quella che tu aprostofi come “contessa” è figlia di due operai che hanno assolto l’obbligo scolastico; dopo la maturità scientifica, ha conseguito la laurea con lode e il titolo di avvocato (messo in un cassetto per ragioni che esulano da questo dibattito) ed ha sempre avuto, giusto in ragione della sua estrazione sociale, grandissimo rispetto per le persone, a prescindere dalla mansione svolta; un rispetto pari al disprezzo verso gli sfruttatori e i cialtroni che stanno progressivamente e inesorabilmente affossando l’Italia) .

  4. Cara Sonia,

    vedo che continui a usare termini connotativi, adesso sei passata dai servi della gleba agli schiavi. Etichettare è una ben conosciuta strategia retorica utilizzata quando mancano argomenti validi. Se la guerra, come dicevano gli interventisti nella 1’ guerra mondiale, ‘purifica il mondo’, come si fa a sostenere la neutralità? Se davvero gli studenti in alternanza fossero schiavi, ovviamente l’alternanza andrebbe abolita. Il punto è che il tuo paragone con la schiavitù è improprio. I datori di lavoro hanno potere di vita e di morte sugli stagisti? Gli stagisti sono costretti a lavorare fino a sfiancarsi? Non risulta. Ultima differenza fondamentale è che il lavoro della stragrande maggioranza degli stagisti, contrariamente a quello degli schiavi, è improduttivo. Gli studenti dell’alternanza per le imprese sono un costo, tant’è la modalità con cui le scuole chiedono alle imprese di partecipare a progetti di alternanza è quella di chi chiede un favore, e un favore alle scuole e alla comunità locale è quello che le imprese pensano di fare quando accolgono studenti. Anche nelle zone d’Italia dove scarseggiano giovani disponibili a svolgere mansioni tecniche le scuole accolgono studenti dell’alternanza non per l’inesistente contributo al processo produttivo, ma con fini promozionali, sperando che una volta diplomati i migliori accettino di lavorare per loro. Se il lavoro degli studenti è improduttivo, perché dovrebbe essere pagato? Piuttosto dovrebbe essere il contrario. I motivi dell’improduttività degli studenti in stage sono la scarsa qualità della formazione scolastica, e la brevità del periodo di stage.

    I termini connotativi servono anche all’autoconvincimento di chi li usa. Se il mondo non è cattivo / sbagliato come vorremmo e manca così una giustificazione al nostro voler essere contro, allora se ne costruisce nella nostra mente uno cattivo / sbagliato utilizzando termini connotativi. Non è un caso che i discorsi degli estremisti di destra e sinistra siano pieni di termini connotativi e riferimenti valoriali. Nel tuo ultimo post oltre che di ‘schiavi’ leggo di ‘sfruttatori’, ‘cialtroni’ che starebbero ‘progressivamente e inesorabilmente affossando l’Italia’. E quali sarebbero i dati di fatto, oggettivi, a sostegno di tale ‘affossamento’? E perché il processo sarebbe ‘progressivo e inesorabile’? Tu intanto ti sei laureata mentre i tuoi genitori erano operai. Ma anche se ci limitiamo ai pochi ultimi anni, alle cose fatte da quello che tu definisci il ‘governo delle nullità’ di Renzi, vediamo che nel settore privato è stato creato 1 milione di posti di lavoro, nelle scuole sono stati assunti a tempo indeterminato 200.000 insegnati, lo spread è calato, l’indennità di disoccupazione per chi perde lavoro è stata allungata, aumentata e allargata a soggetti prima esclusi, oltre 400.000 famiglie beneficeranno del reddito di inclusione, etc. etc. Tutto questo allontana la Rivoluzione Proletaria e il sorgere del Sol dell’Avvenir, perciò è utile far finta di nulla e provare ad aizzare gli studenti.

  5. Caro Leonardo, ho continuato ad usare termini connotativi unicamente per dare contezza della terminologia utilizzata nel mio primo commento (cosa che hai chiesto attraverso le domande contenute nella tua risposta) e le mie argomentazioni sono in fatto e in diritto, e sussistono a prescindere da dette connotazioni.
    Ad ogni buon conto, ribadisco che esistono le metafore e la parola “schiavo” nel linguaggio moderno è sinonimo di persona sfruttata (conosco il significato storico di schiavo e servo della gleba). Sono dispiaciuta della superficialità o fretta con cui hai letto la mia replica: so perfettamente che, in punto di diritto, l’attività degli stagisti non può essere qualificata lavoro, se – e soltanto se – accompagnata da una seria formazione, causa del negozio giuridico in questione. Ed è questo il punto: un rapporto improprio tra ore di attività e saperi (trasversali/tecnici) acquisiti. Talché, a fronte di attività di bassa manovalanza che dovrebbero contribuire a fare acquisire competenze trasversali (l’utilità del lavare i piatti da Mc Donald, questa la tesi iniziale), è eccessivo il numero di ore imposte dalle norme sull’alternanza. Viene intaccato il rapporto sinallagmatico che dovrebbe caratterizzare la relazione tra lavoratore-discente e datore-docente: un “do ut des” sbilanciato a favore della prestazione lavorativa a fronte della (bassa) qualità della formazione (mi vuoi forse dire che per imparare, ad esempio, a lavorare in gruppo è congruo lavare piatti e pulire tavoli per 400 ore?). Quindi ripeto, sta bene la non remunerazione ma per un periodo assai limitato, tanto limitato quanto sono ridotte le competenze da acquisire (perché non stiamo parlando di futuri professionisti iscritti a un Ordine). Pertanto, a memoria dell’articolo iniziale di Marco Bollettino, ribadisco il mio dissenso circa l’utilità di svolgere mansioni umili in stage, e personalmente riformerei pesantemente la legge di cui è questione. Il commento sulla incompetenza e cialtroneria di chi governa era incidentale, riportato proprio tra parentesi, ancorché personalmente la consideri origine del vigente, discutibile, sistema di alternanza, perché se apriamo il dibattito su questo fronte, i fatti che smentiscono le tue affermazioni finali sono innumerevoli ma non è corretto andare fuori tema.

  6. Cara Sonia,

    come sai le attività di alternanza vengono decise dal consiglio di istituto (dunque da tutte le componenti coinvolte nella gestione della scuola, compresi i genitori) e inserite nel piano triennale dell’offerta formativa PTOF. Eventuali cattivi abbinamenti dipendono perciò dall’inadeguatezza del collegio dei docenti che ha messo a punto i progetti di alternanza e del consiglio di istituto che l’ha approvata. Tutto questo non ha niente a che vedere con la validità dello strumento che tu invece contesti alla radice. E’ inoltre assai improbabile che il singolo studente si trovi a lavare i piatti per 400 ore presso lo stesso Mc Donald: intanto le ore vanno divise in 3 esperienze annuali (il che, nel caso dei licei, come sai, vuol dire circa 60 ore all’anno, cioè circa due settimane). E’ verosimile che ogni esperienza annuale sarà svolta in imprese diverse. Credo invece che sia comunque utile svolgere la stessa mansione umile (ad esempio lavare i piatti) in 3 posti diversi: ogni impresa ha culture organizzative diverse e luoghi produttivi diversi, anche della stessa impresa, hanno dinamiche organizzative diverse.

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