LINKEDIN E’ UN POSTO TOSSICO.
Questa è la considerazione che mi è venuta in mente leggendo un paio di giorni fa due diversi post indignati di due diversi influencer dell’indignazione dedicati alle affermazioni della stilista Elisabetta Franchi. Ognuno dei due post aveva un migliaio di like, decine di condivisioni, e centinaia di commenti indignati.
L’indignazione era rivolta anche verso quei pochi che proponevano un’analisi un po’ più articolata delle cause delle difficoltà che le donne incontrano nel mondo del lavoro.
Uno schema già visto.
Rabbia, buoni sentimenti e banalità…..
Basta usare un fatto di cronaca per scagliarsi in modo grossolano ma aggressivo contro un’ingiustizia reale o percepita:
- chi sfrutta i bambini nel Congo / i rider /
- i recruiter che non rispondono alle candidature / che fanno domande inappropriate / che non inviano un feedback sul colloqui / etc.,
- i datori di lavoro che discriminano le donne, gli anta / che affermano di non trovare dipendenti / che non valorizzano i dipendenti / che pagano al nero / pagano poco / non concedono il lavoro a distanza / vanno al lavoro di cattivo umore / etc.
Oppure raccontare storie edificanti: lui è Selim Abdul: a 4 mesi è rimasto orfano, a 7 anni l’ha morso un serpente, a 14 anni camminava 20 km al giorno per andare a scuola, …… adesso dirige una multinazionale.
Oppure: Marta era incinta, disabile e con 3 bambini di cui doveva occuparsi direttamente, ma io le ho fatto un colloquio e l’ho assunta lo stesso.
I pensieri e le storie dei post acchiappalike sembrano una creazione di chi li pubblica, ma da un esame più approfondito spesso risulta che questi post sono la copia di altri post, a volte ripresi da profili non italiani.
Oppure ancora vedo pubblicare semplici ovvietà (anche queste con migliaia di like):
- il bravo manager è quello che arriva sul posto di lavoro prima dei dipendenti
- le persone se ne vanno perché i loro manager non sanno dargli il valore che si meritano
- stai attento ai colleghi invidiosi
- etc.
Puoi leggere una rassegna sul gruppo LinkedIn che ho creato.
Quando andiamo a vedere i profili degli specialisti dell’indignazione e delle buone cause, vediamo che pubblicano tutti post di questo tipo, e che hanno migliaia di collegamenti e follower.
…. per vendere qualcosa
E, spesso, che vendono qualcosa (libri, corsi, consulenze a distanza, etc.).
La politica dell’indignazione e delle buone cause è uno strumento per incrementare le vendite. Scommetto che se non vendessero qualcosa i vari influencer non posterebbero così spesso e non posterebbero sempre indignati.
Indignazione e glorificazione su LinkedIn sono fine a se stessi: nessuno dei migliaia di indignati farà poi una singola donazione a favore dei bambini come Selim, o assumerà davvero una disabile incinta (la stragrande maggioranza dei commenti indignati per Elisabetta Franchi è stata pubblicata da liberi professionisti e dipendenti, non da imprenditori).
I post dei followers su LinkedIn sono solo emotivi e identitari.
Vengono coinvolte anche persone di buon livello culturale
Ogni volta mi sorprendo nel vedere come questo meccanismo funzioni anche in un social a cui partecipano persone adulte e in genere di buon livello culturale. Ma poi mi dico che tutti noi abbiamo sentimenti, e gli specialisti di marketing sanno come usarli per le vendite.
Tutto questo rende LinkedIn un posto tossico (e banale)
La strategia dell’indignazione rende LinkedIn un posto tossico, un’arena piena di odio e indignazione in cui sconosciuti si accapigliano con altri sconosciuti in battaglie virtuali di pochi secondi (quelli necessari per leggere velocemente un paio di commenti e per ribattere astiosamente a quelli che non condividiamo). La strategia delle ovvietà rende invece LinkedIn un posto banale.
Messaggi di ricerca di lavoro in bottiglia nel gran mare di LinkedIn
Un’altra distorsione nell’uso di LinkedIn è pubblicare messaggi di ricerca di lavoro, chiedendo a tutti di condividere in modo da ‘far girare di più il CV’.
Su LinkedIn ci sono i profili di migliaia di recruiter e di imprenditori. Non ho chiaro il vantaggio di pubblicare un messaggio di ricerca di lavoro (a volte senza indicare il territorio di ricerca, altre volte il lavoro desiderato) piuttosto che fare autocandidature dirette a recrutier e imprenditori.
Ne parlo nel mio articolo Tempo perso: autocandidature in bottiglia nel grande oceano di LinkedIn.
Cambia LinkedIn, vai controcorrente
Dunque, come usare LinkedIn?
Io personalmente non pubblico post emotivi e non commento post emotivi. Evito anche di accapigliarmi con gli altri.
Per promuovere i miei corsi uso strategie diverse, e quando non so come passare il tempo non vado su LinkedIn.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore © Leonardo Evangelista. Leggi Informativa privacy, cookie policy e copyright.