Non è facile lavorare come coach professionista

La professione di coach
La professione di coach

Ho appena finito di leggere l’interessante libro di Luca Berni LA PROFESSIONE DI COACH Guida pratica per diventare un Professionista del Coaching (2020), che ti consiglio se vuoi saperne di più su questo tema.

Alcune brevi note su aspetti che mi hanno colpito.

Di coach non si vive

La definizione iniziale di Berni è che Un Coach si può definire Professionista quando esercitando solo il Coaching il suo tenore di vita risulta a lui soddisfacente (p.9).

Poi questa gli sembra troppo integralista (cioè l’asticella è troppo alta) e ne propone una modificata:

Un Coach si può definire Professionista quando, avendo raggiunto un tenore di vita soddisfacente, più del 50% dei suoi guadagni derivano dall’esercizio del Coaching nelle sue varie forme (p.9).

Dunque una buona parte dei coach svolge anche un almeno un altro lavoro, perché, immagino, i proventi dell’attività di coaching non sono sufficienti per vivere. Berni riferisce anche di una convinzione molto diffusa nell’ambiente (che lui elenca fra le convinzioni limitanti) secondo cui Di coach non si vive (10). Berni racconta che la sua esperienza è diversa, ma se girano voci di questo tipo qualcosa di vero ci deve essere, almeno per una parte dei coach.

La gran parte dei formati come coach non lavora come coach

In Italia ci sono circa 100 scuole di coach. Ammettendo che ognuna organizzi almeno 1 corso all’anno con 10 persone, abbiamo 1.000 persone formate come coach ogni anno (p. 12), ma i nuovi coach iscritti a ICT Italia (la principale organizzazione del settore) sono circa 10 all’anno. Con una serie di calcoli, Berni stima che 1 allievo su 25 si iscriverà a ICF Italia e (…) non più di 1 allievo su 12 diventerà un Coach Professionista (13). E prosegue: Mi rendo conto che il ragionamento possa risultare molto empirico e la stima possa apparire “spannometrica” al punto da non essere significativa. Tuttavia, l’esperienza della realtà non fa che confermare questo dato, mostrando semmai che si tratta di un numero fin troppo ottimista.

Se non sei bravo o non hai voglia di fare marketing non riuscirai a lavorar come coach

L’80% del tempo del coach è impiegato per fare promozione, e solo il 20% è tempo di erogazione del servizio (31). Senza un piano di Marketing (se proprio non vi va giù questa parola chiamatelo pure “piano d’azione”), si rischia di cercare clienti senza sapere dove, come e cosa cercare. È come andare in giro a caso per una grande città nella speranza di incontrare quell’amico che avete tanta voglia di vedere. Quante possibilità ci sono di incontrarlo? Zero, appunto. Se invece sapete dove lavora, dove abita, quali posti frequenta e quali sono le sue abitudini, le probabilità di incontrarlo si impennano vertiginosamente. Ecco perché ci serve fare Marketing: per massimizzare le nostre possibilità di successo (33). Vendere – (…) è ciò che più di ogni cosa vi serve saper fare per diventare dei professionisti (58).

Berni è uno che ce l’ha fatta, perciò vede il bicchiere mezzo pieno. E’ un fatto che una parte rilevante di coloro che si formano come coach troverà poi difficile inserirsi in questo settore e una parte addirittura rinuncerà a svolgere questa professione. Inserirsi nel contiguo settore delle politiche attive è molto più semplice.

Master in Orientamento degli adulti
Master in Orientamento degli adulti

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Molto divertente l’esempio di una (involontaria, almeno per il possibile cliente) sessione di coaching (pp.83-84):

–    Cliente: “Mi spieghi come funziona il Coaching”

–    Coach: “Che cosa vuole sapere?”

–    Cliente: “Beh, è la prima volta che lo compro e che mi avvicino a questa professione e so solo quello che ho letto qua e là!”

–    Coach: “Interessante, e che cosa ha letto?”

–    Cliente: “Mah… tante cose: PNL, Whitmore, il Manuale del Coach di Dilts e tanto altro, ma ammetto che ho le idee piuttosto confuse.”

–    Coach: “Come posso aiutarla?”

–    Cliente: “Spiegandomi cos’è il Coaching o, se preferisce, cosa intende lei per Coaching”

–    Coach: “Da dove vuole partire?”

–    Cliente (che comincia a innervosirsi): “Da dove vuole”

–    Coach: “Se lei fosse al mio posto, cosa vorrebbe sentirsi dire?”

–    Cliente (visibilmente innervosita): “Vorrei sentirmi dire che cos’è il Coaching!”

–    Coach: “Ho notato un cambiamento nel suo tono di voce: questo cosa le suggerisce?”

–    Cliente: (ora davvero alterata): “Senta, ma che cos’è un segreto?? Io le ho chiesto di spiegarmi cosa sia il Coaching e lei mi tempesta di domande. Io non voglio un’altra domanda: VOGLIO UNA RISPOSTA!”

 –    Coach: “La ringrazio della precisazione. Credo che entrambe possiamo trarre un insegnamento da questa situazione. Qual è il suo?”

–    Cliente (ora calma): “Il mio è: il Coaching non fa per me! La saluto!”

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore © Leonardo Evangelista. Leggi Informativa privacy, cookie policy e copyright.

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