Origini e significato del metodo e del diagramma IKIGAI
Questo articolo risponde alla domanda: è utile utilizzare il diagramma Ikigai nell’orientamento? E se sì, è meglio la versione a tre o quattro cerchi? E come inserire il digramma Ikigai in un percorso di orientamento, ad esempio in un bilancio di competenze?
Prima di rispondere a queste domande farò una breve introduzione sulle origini del metodo e il diagramma ikigai, in Occidente e in Giappone.
Uso in Occidente
In Occidente al momento il termine giapponese Ikigai (pronunzia ikigai) viene legato a una serie di concetti quali ‘trovare il senso della propria vita’, ‘trovare quello per cui vale la pena di alzarsi la mattina’, ‘antica filosofia giapponese’, ‘trovare la ragione di esistere’, etc. In più l’adozione di questa filosofia sarebbe direttamente legata a un invecchiamento lungo e sereno, come per gli anziani dell’isola giapponese di Okinawa che seguirebbero questa filosofia.
Dunque si tratterebbe di un’antica filosofia giapponese che ci insegna / ci aiuta a dare senso alla nostra vita e, se la seguiamo, ci assicura una vita lunga e serena. Il metodo Ikigai consisterebbe nell’individuare e nel seguire le cose che per ciascuno di noi contano veramente .
L’individuazione delle cose per cui vale la pena di vivere e che danno senso alla nostra vita sarebbe favorita da un diagramma fatto di quattro cerchi intersecati, ognuno dei quali legato a una di queste dimensioni:
- Ciò che ti piace
- Ciò di cui il mondo ha bisogno
- Quello che sei bravo a fare
- Quello per cui puoi essere pagato.
Per applicare questo metodo la persona deve riempire ognuno dei quattro cerchi. L’Ikigai (cioè la cosa per cui vale la pena di vivere) risulterebbe dalle attività che risultato presenti in tutti e quattro i cerchi.
Facile no?
L’Ikigai in Giappone
Un articolo pubblicato sul prestigioso settimanale britannico The Economist, e riportato in italiano su L’Internazionale, Kanda Nobuhiko, psicologo all’università di Bunkyo, vicino a Tokyo, ci dice che in realtà:
I madrelingua giapponesi usano raramente questa parola. E se lo fanno, è per parlare di piccoli piaceri, come trascorrere del tempo in famiglia o coltivare i propri passatempi, “Se decido di tagliare la corda da una lezione per bermi una birra, quello è un mio ikigai”.
E quando sono state organizzate alcune Ted conference sull’argomento, il tweet di un perplesso osservatore giapponese è diventato virale: “A quanto pare esiste un’antica filosofia chiamata ‘ikigai’, eh? E cosa sarebbe esattamente?”
Secondo The Economist:
Ikigai si unisce così a una lunga lista di termini giapponesi che sono stati riqualificati affinché infondessero un’aura di sapienza antica – ed esotismo – a concetti banali. Il kakeibo è stato presentato come “l’arte giapponese del risparmio” (in pratica, annotare su un taccuino spese ed entrate). Lo shinrin-yoku, o arte giapponese del “bagno nella foresta”, è in realtà una semplice passeggiata nella natura.
Da dove viene il ‘diagramma ikigai’
Nichloas Kemp sui malintesi in Occidente
Lo scrittore americano Nicholas Kemp, nell’articolo Ikigai Is Not a Venn Diagram, ci racconta in che modo il diagramma a quattro cerchi è diventato associato al concetto di ikigai.
Kemp è sulla stessa linea di The Economist. In particolare, Kemp afferma che,
Fuori dal Giappone c’è un grosso fraintendimento relativo al concetto di IKIGAI: milioni di persone credono erroneamente che IKIGAI sia il risultato delle dimensioni riprodotte in un diagramma costituito da quattro cerchi e che IKIGAI sia ‘il segreto giapponese per una vita lunga e felice’.
Il diagramma dei quattro cerchi diffuso da migliaia di coach, influencer e HR è stata in realtà creato da una persona che non è giapponese e che aveva conosciuto l’IKIGAI solo attraverso un video.
Secondo Kemp l’IKIGAI non è:
- Una immagine con quattro cerchi
- Un concetto che è nato dalla città giapponese di Okinawa
- Il segreto giapponese per una vita lunga e felice.
Anche Kemp racconta che in giapponese il termine significa il valore che una persona trova nel vivere quotidiano, e che la parola è usata nel linguaggio quotidiano senza farne la base di una filosofia di vita. Secondo Kemp i giapponesi non conoscono il diagramma dei quattro cerchi e non ritengono che la felicità derivi dalle quattro dimensioni indicate nel diagramma:
- Ciò che ti piace
- Ciò di cui il mondo ha bisogno
- Quello che sei bravo a fare
- Quello per cui puoi essere pagato.
La felicità, secondo il concetto giapponese di ikigai (come illustrato da Kemp) non è necessariamente collegata al lavoro. La felicità può originarsi dalla semplice accettazione di sé e dai piccoli piaceri della vita (incontrare degli amici, leggere, passeggiare, riflettere, mangiare qualcosa che ci piace, etc.).
Chi ha sviluppato il diagramma IKIGAI
Kemp racconta che il diagramma coi quattro cerchi è stato in realtà sviluppato dall’astrologo Andrés Zuzunaga che nel 2012 l’ha pubblicato nel suo libro Qué Harías Si No Tuvieras Miedo (Cosa faresti se non avessi paura?).
Zuzunaga ha raccontato a Kemp che il diagramma gli è stato ispirato dalla sua attività di astrologo, e non dal Giappone.
Qui sotto il diagramma originale in lingua spagnola. Il problema, dice Kemp, è che Zuzunaga non aveva dato un nome al diagramma, e questo ha limitato la sua diffusione.
L’adattamento in inglese e l’inserimento della filosofia IKIGAI
Nel 2014, l’influencer Mark Winn, riprende il digramma di Zuzunaga, lo traduce in inglese e lo diffonde in un post collocandolo all’interno della filosofia dell’ikigai di cui aveva sentito parlare in un video di Dan Buettner, dedicato a come vivere fino a 100 anni e oltre. Ecco il diagramma di Winn, col termine IKIGAI inserito al centro. Vedi il post di Winn. Leggi il racconto di Winn. Vedi un video di Winn che racconta la vicenda.
L’uso del diagramma per l’orientamento
Al di là dei malintesi sulla ‘antica filosofia giapponese di come trovare un senso della vita’ è innegabile che il diagramma risulti significativo per chi si occupa di orientamento. Il diagramma contiene infatti, almeno in parte, una serie di domande che spesso noi orientatori facciamo ai nostri utenti che non hanno una professione obiettivo durante le attività di orientamento professionale, o servizi come il bilancio di competenze. Vediamo meglio come funziona.
Spiegazione del diagramma a quattro cerchi
Ognuno dei quattro cerchi è un criterio per raggruppare le caratteristiche personali durante le attività di orientamento professionale.
- Il cerchio in alto (a cui assegno il numero 1, poi proseguo la numerazione in senso antiorario) richiama le attività che ci piace fare.
- Il cerchio n.2 (quello a sinistra) richiama le attività che siamo in grado di svolgere bene.
Mettendo assieme i cerchi 1 e 2 otteniamo le attività che ci appassionano. Non tutte le attività che ci appassionano possono assicurare immediatamente un reddito.
- Il cerchio 3 (quello in basso) richiama le attività che sul mercato del lavoro possono essere pagate, che, cioè possono diventare un lavoro.
Mettendo assieme i cerchi 2 e 3 otteniamo le attività che possono costituire una professione. Non tutte le attività che siamo in grado di svolgere ci assicurano però gioia durante il loro svolgimento.
Perché nell’orientamento non usare il quarto cerchio
Il cerchio 4 (quello a destra) richiama le attività ‘di cui il mondo ha bisogno’.
Questa frase sottintende un approccio etico secondo cui tutte le professioni dovrebbero in qualche modo ‘migliorare il mondo’. Questa è l’unica interpretazione possibile.
Se dovessimo intendere la frase semplicemente come attività di cui il mondo ha necessità (e che per questo è disposto a pagare), senza un fine etico, il cerchio 4 sarebbe un doppione del cerchio 3.
La gran parte delle attività lavorative non rende il mondo un posto migliore.
Ad esempio, non rendono il mondo un posto migliore attività come addetto a una stazione di rifornimento carburante, un contabile, un corriere Amazon, un operaio che produce macchine utensili e centinaia di altre professioni. È vero che nel racconto I tre spaccapietre (Bruno Ferrero, Tutte storie) uno dei tre descrive il suo lavoro dicendo che sta costruendo una cattedrale. Di solito però gli spaccapietre (al giorno d’oggi manovali e muratori) lavorano per costruire anonimi condomini e villette di periferia, dunque senza nessuna utilità sociale.
Molti lavori non rendono il mondo un posto migliore, lo rendono più comodo.
Proporre il quarto cerchio costringe il cliente a vedersi in una prospettiva etica che non necessariamente condivide. In questo modo l’orientamento diventa una pratica prescrittiva dove l’operatore spinge il cliente ad adottare determinati valori o punti di vista. Lo trovo criticabile, anche quando i valori sono condivisibili.
La versione a tre cerchi
Questo è il motivo per cui fra gli orientatori si è diffusa anche una versione senza il quarto cerchio che personalmente preferisco e che vedremo in seguito.
Il diagramma a quattro cerchi sottintende che piacere di svolgere una professione e senso di realizzazione siano due cose diverse. E inoltre che il senso di realizzazione sia possibile solo se la professione svolta migliora il mondo. Questo condannerebbe al senso di vuoto la gran parte delle persone che lavorano, cosa a mio avviso inaccettabile e contrario all’esperienza prevalente.
I valori professionali
Personalmente credo che il senso di realizzazione sia dato dalla coerenza del lavoro col proprio valore professionale.
I valori professionali sono il fattore motivante sul lavoro. Si indicano utilizzando dei verbi, ad esempio esprimere la propria creatività, rendersi utili, stare a contatto col pubblico, avere molto tempo libero, etc.
In alcune persone il valore professionale prevalente può avere a che fare col cambiare il mondo. Ma in molti altri casi il valore professionale prevalente può essere di tutt’altro tipo, ad esempio lavorare in autonomia, avere molto tempo libero, guadagnare molti soldi, stare a contatto con la natura.
Trovo che presentare ai propri utenti un diagramma a quattro cerchi li costringa a dichiarare valori di natura obbligatoriamente ‘altruistici’ che non necessariamente sentono propri.
I risultati delle intersezioni fra i diversi cerchi
Torniamo all’esame delle combinazioni possibili nel diagramma a quattro cerchi.
L’intersezione fra i cerchi 3 e 4 produce quella che nel diagramma in inglese è descritto come una ‘vocation’, termine che significa ‘mestiere’ o ‘vocazione’.
Il significato in questo contesto mi sfugge, dal momento che le professioni che si trovano all’intersezione fra questi due cerchi non piacciono alla persona né la persona è in grado di svolgerle.
E ugualmente mi sfugge in questo contesto il senso del termine ‘mission’ (‘missione’) dal momento che le professioni all’intersezione fra i quadranti 4 e 1 non sono richieste dal mercato né la persona le sa svolgere.
La versione a quattro cerchi con la descrizione delle aree di intersezione
Esiste anche una versione a quattro cerchi dove viene dato un nome anche alle aree date dall’intersezione di quattro cerchi:
L’area superiore (l’area A, assegno alle aree delle lettere in senso antiorario) è quella delle professioni che assicurano piacere, riuscita e senso di realizzazione, ma senza ritorni economici (il cerchio che manca è il numero 3, professioni per cui si è pagati).
L’area B (quella a sinistra) è quella delle professioni che assicurano piacere, riuscita e ritorno economico, ma con un senso di vuoto.
L’area C (quella in basso) è quella delle professioni che assicurano riuscita, ritorno economico e senso di realizzazione, ma non piacere. Questo mi sembra che abbia poco senso. Inoltre credo che ‘feeling of emptiness’ sia sbagliato, avrebbe dovuto essere no satisfaction. Fullness e emptiness sono legati al cerchio 4, che in questo caso è compreso nell’area C, dunque dovrebbe essere fullness e non il suo contrario.
L’area D (a destra) è quella delle professioni che assicurano piacere, senso di realizzazione e ritorno economico, ma che la persona non è capace di svolgere. Anche questo mi sembra che abbia poco senso.
La versione del diagramma a 3 cerchi
La versione a tre cerchi, che preferisco per i motivi spiegati sopra, è la seguente:
Quello che nel diagramma a 3 cerchi viene considerato il lavoro dei sogni (dream job), nella versione del diagramma a quattro cerchi sarebbe l’area B, quella delle professioni che assicurano piacere, riuscita e ritorno economico, ma con un senso di vuoto.
Trovare il senso della propria vita?
Le professioni che si trovano nell’intersezione delle tre aree sarebbero davvero quelle che ‘danno il senso alla propria vita’, ‘quelle per cui vale la pena di alzarsi la mattina’, o quelle che costituiscono ‘la ragione di esistere’?
Dipende. Alcune persone si aspettano di realizzarsi nel lavoro, e riescono a trovare delle attività che amano veramente. Per queste persone le professioni che si trovano nell’intersezione potrebbero davvero essere quelle per cui ‘vale la pena di alzarsi la mattina’.
Ma non tutte le persone investono così tanto nell’attività lavorativa. Una parte delle persone vede nell’attività lavorativa solo un modo per assicurarsi un reddito, e cercano il senso della vita in altri ambiti, ad esempio nel rapporto di coppia o nell’accudimento dei propri figli. Credo che per queste persone il diagramma Ikigai non abbia un forte valore euristico.
Altri punti deboli del diagramma Ikigai
Voglio evidenziare altri punti deboli del diagramma Ikigai.
Il diagramma Ikigai si basa sulle preferenze di cui il cliente è già consapevole
Nel primo cerchio chiediamo al cliente di scrivere le attività che gli piace fare, ma, se hai esperienza di bilanci di competenze, sai che non tutti conoscono TUTTE le attività, e alcuni ne conoscono poche. Nel bilancio ci sono attività specifiche per favorire la riflessione su questo punto. La compilazione standard del diagramma Ikigai si basa invece sulle attività piacevoli di cui il cliente è già consapevole.
Nel diagramma inoltre mancano le cose che interessano. Gli interessi si trovano una fase prima del mi piace fare, ma danno direzioni di approfondimento. Ad esempio mi interessa la scienza e dopo che grazie agli interessi ho cercato di fare delle esperienze in quel campo, posso dire che mi piace fare esperimenti di chimica.
Il diagramma Ikigai si basa sulle professioni già conosciute dal cliente
Non puoi scegliere una professione che non conosci. Una parte importante del nostro lavoro di orientatori è volta a far scoprire ai nostri clienti / utenti nuove professioni. Ad esempio nel bilancio di competenze ci sono una serie di attività che invitano il cliente a individuare professioni per cui sono richieste le caratteristiche che ha maggiormente sviluppate.
Grazie a queste attività alcuni clienti scelgono come professioni obiettivo delle professioni che all’inizio del bilancio non conoscevano o non conoscevano a sufficienza.
Il diagramma Ikigai (a 3 o 4 cerchi) invita il cliente a scrivere nel cerchio Attività per cui puoi essere pagato le professioni che conosce. Manca così un’attività che faccia approfondire professioni aggiuntive a quelle già conosciute dal cliente, per cui il cliente abbia già sviluppato capacità o conoscenze. In questo modo si tagliano fuori delle professioni che invece potrebbero andare bene.
Il diagramma Ikigai fotografa l’esistente
Una parte importante del nostro lavoro di orientatori è volto a migliorare le competenze dei nostri clienti / utenti seguendo dei percorsi formativi. perciò nella consulenza di orientamento consideriamo anche professioni per cui il cliente non è formato o non ha una preparazione sufficiente.
Il diagramma Ikigai al contrario chiede alla persona di indicare nel quadrante più a sinistra solo le cose che sa fare bene.
Nella modalità classica di utilizzo del diagramma, le professioni Ikigai vengono fuori immediatamente, sono quelle che ricadono in tutti e 4 i cerchi. Utilizzando il diagramma in questa modalità, si tagliano fuori tutta una serie di professioni per cui la persona potrebbe arrivare a formarsi.
Quando usare il diagramma Ikigai nell’orientamento professionale
Quando possiamo usare il diagramma Ikigai nell’orientamento? Il diagramma (meglio quello composto di soli 3 cerchi) può essere utile con tutti quegli utenti che sono insoddisfatti del loro lavoro attuale o del proprio percorso di carriera, durante una consulenza non strutturata oppure un bilancio di competenze. Per questo hanno necessità di approfondire cosa li motiva sul lavoro e quali lavori potrebbero farli sentire motivati.
Da un punto di vista più tecnico, ci sentiamo motivati quando:
- in un contesto lavorativo accogliente
- siamo in grado di svolgere bene determinati compiti
- che rispondono al nostro valore professionale prevalente.
Il lavoro dei miei sogni è quello che oltre a rispondere alle tre condizioni appena elencate è anche 4. richiesto dal mercato.
Quando svolgiamo consulenza di orientamento professionale con persone disoccupate il punto 1 è sconosciuto (la persona non sta lavorando e non sappiamo in che tipo di contesto andrà a lavorare) e ci concentriamo sui punti 2, 3 e 4.
In sintesi
In sintesi, il diagramma Ikigai a tre cerchi può essere utile nelle attività di orientamento professionale con i nostri utenti / clienti che mancano di una professione obiettivo, sia nei colloqui non strutturati che nel bilancio di competenze.
Il diagramma va utilizzato con alcune cautele:
- la versione a quattro cerchi invece è sconsigliata perché ha dei limiti logici e inoltre spinge il cliente a dichiarare valori ‘altruistici’ che non necessariamente sente propri
- il diagramma si basa sulle attività piacevoli di cui il cliente è già consapevole
- il digramma si basa sulle conoscenze correnti che il cliente ha del mondo delle professioni che possono essere limitate
- il digramma si basa su quello che il cliente sa fare, senza considerare compiti che potrebbe imparare.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Leggi Informativa privacy, cookie policy e copyright.