Perché sui dazi Trump può aver ragione

Dazi immotivati?

In Europa — e anche in Italia — si tende spesso a liquidare la politica dei dazi promossa da Donald Trump come un’azione impulsiva, protezionista e controproducente. Lo stesso presidente Mattarella ha definito “immotivati” i nuovi dazi statunitensi, come il recente 25% annunciato sulle auto importate. Ma davvero sono privi di logica? Secondo alcuni influenti consiglieri economici vicini all’amministrazione americana, non è affatto così. Vedi l’articolo Perché per Trump i dazi non sono per nulla “immotivati” da cui sono riprese queste informazioni.

2025 National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers

Il 31 marzo 2025, l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) ha pubblicato il “2025 National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers”, evidenziando le barriere che ostacolerebbero le esportazioni americane verso l’Unione Europea (UE). Il rapporto distingue tra barriere tariffarie e non tariffarie, con un’enfasi particolare su queste ultime.Università Cattolica del Sacro Cuore

Barriere tariffarie

Le barriere tariffarie menzionate nel rapporto sono relativamente modeste. Tra queste:Università Cattolica del Sacro Cuore

Barriere non tariffarie

Il rapporto identifica 58 barriere non tariffarie, suddivise in due categorie:

Misure discriminatorie

Nove misure sono considerate effettivamente discriminatorie nei confronti delle imprese extra-UE, tra cui:Università Cattolica del Sacro Cuore

Regolamentazioni generali

Le restanti barriere riguardano regolamentazioni che si applicano a tutte le imprese, europee e non, ma che gli Stati Uniti percepiscono come ostacoli, tra cui:Università Cattolica del Sacro Cuore

  • Normative sull’e-commerce e la protezione dei dati (es. GDPR, Digital Services Act).Università Cattolica del Sacro Cuore

  • Standard di sicurezza e salute, come restrizioni sull’uso di OGM e ormoni nella produzione alimentare.Università Cattolica del Sacro Cuore

  • Misure ambientali che limitano l’uso di determinate sostanze chimiche.

  • Regole sulla protezione della proprietà intellettuale, comprese le denominazioni di origine protetta.Università Cattolica del Sacro Cuore

  • Inefficienze burocratiche che rallentano l’ottenimento di permessi e autorizzazioni.

Conclusioni

Molte delle barriere identificate sono state introdotte recentemente e non sono la causa principale del deficit commerciale degli Stati Uniti con l’UE, che persiste da decenni. Tuttavia, affrontare queste questioni potrebbe portare benefici sia alle imprese americane che a quelle europee, migliorando l’efficienza e la trasparenza delle pratiche commerciali.Università Cattolica del Sacro Cuore

Non solo commercio: l’obiettivo è riequilibrare il sistema globale

Stephen Miran, stratega di Hudson Bay Capital e consigliere vicino a Trump, vede nei dazi un pezzo di una strategia più ampia: ridurre lo squilibrio globale creato dalla posizione dominante del dollaro e dal ruolo degli Stati Uniti come emittenti di “asset di riserva” per il resto del mondo.

In parole semplici, Miran suggerisce che i partner commerciali degli Stati Uniti dovrebbero contribuire a “pagare il prezzo” della stabilità del dollaro, convertendo i loro titoli del Tesoro USA in obbligazioni perpetue o quasi perpetue a bassissimo rendimento. Per spingere gli alleati a una simile concessione, propone di usare come leva la sicurezza militare fornita dagli USA — un’arma di negoziazione geopolitica a tutti gli effetti.

Miran è convinto che i dazi non abbiano impatti negativi rilevanti sull’economia americana, soprattutto se accompagnati da aggiustamenti sul fronte valutario. Piuttosto, servono a spostare una parte del carico fiscale e finanziario degli Stati Uniti sugli altri paesi, recuperando benefici che gli altri traggono dallo status del dollaro come valuta di riserva.

Il declino dell’“eccezionalismo americano” è già cominciato?

A completare il quadro interviene Ruchir Sharma, editorialista del Financial Times e autore del libro What Went Wrong with Capitalism. Secondo Sharma, il ridimensionamento del predominio economico americano è già iniziato, a prescindere da Trump.

Negli ultimi anni l’economia americana è stata sostenuta da una spesa pubblica record e da un boom negli investimenti in intelligenza artificiale. Ma tutto ciò ha alimentato una “bolla americana”, che ora inizia a sgonfiarsi: lo S&P 500 è ancora gonfiato rispetto alla sua media storica, ma si registrano segnali di inversione. Gli investitori globali stanno tornando a guardare con interesse a Europa e Giappone, e persino i mercati emergenti non seguono più in automatico le fluttuazioni di Wall Street.

Insomma, conclude Sharma, le forze che stanno ridisegnando l’economia globale sono più grandi di qualsiasi presidente, Trump compreso.


Conclusione

Per l’amministrazione Trump, i dazi non sono un gesto di chiusura, ma un tentativo di correggere distorsioni sistemiche che svantaggiano l’industria americana. E soprattutto, si inseriscono in un contesto in cui la supremazia economica statunitense non è più scontata.

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993.Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.