Un commento di sintesi de Il professionista riflessivo
Schön ha avuto il merito di spiegare una modalità attraverso cui gli adulti apprendono sul campo.
Schön, in particolare, ha posto l’attenzione sui processi di riflessione che i professionisti svolgono durante e dopo propria attività, e ha provato a descriverne le modalità indicandone alcuni vantaggi e svantaggi.
Schön ha descritto la riflessione sulla propria pratica come una modalità di apprendimento privilegiata rispetto a quella che avviene all’università, e ha polemizzato inutilmente con la formazione e la pratica professionale basate sul sapere scientifico.
Schön ha avuto anche il merito di aver svolto la sua indagine attraverso un’analisi di casi reali, anche se la descrizione dei casi nelle sue pubblicazioni (The Reflective Practioner e Educating the Reflexive Practitioner) risulta a volte oscura o cervellotica. La sua indagine sui casi non è sistematica, gran parte delle sue osservazioni sono solo descrittive, relative a pochi singoli casi particolari e così non supera gli standard attuali dell’analisi qualitativa.
Schön elabora alcuni concetti interessanti (artistry, knowing-in-action, theories-in-action, reflection-in-action, reflection-on-action) ma non riesce a modellizzare l’utilizzo e la promozione efficace dell’apprendimento riflessivo.
The Reflective Practioner e Educating the Reflexive Practitioner si limitano semplicemente a spiegare l’importanza e le modalità della riflessione sulla pratica, senza dare indicazioni operative su come i professionisti possano migliorare questo processo.
Vedi anche la mia recensione a Formare il professionista riflessivo.
Chi sono i professionisti riflessivi
Con practioner, Schön indica una persona esperta in un determinato ambito, perciò non necessariamente un libero professionista, può trattarsi ad esempio anche di una persona che lavora come dipendente. Fra i practitioner Schön include gli insegnanti e gli informatici che lavorano come dipendenti. Schön include anche professioni che basano solo in parte la propria pratica su un sapere scientifico, come gli architetti e gli educatori, o che non si basano per nulla su un sapere scientifico, ad esempio i preti e i poliziotti (pag. 236). La professione dell’architetto richiede da una parte un sapere scientifico (ad esempio quello dell’esame scienza delle costruzioni, necessario per progettare -e tenere in piedi- ponti e edifici) e una capacità artistica (per decidere l’estetica dei manufatti edili).
Alcune definizioni utilizzate da Donald A. Schön
- Artistry (capacità artistica): l’artistry è la capacità di improvvisare, adattarsi e risolvere problemi professionali che spesso non sono prevedibili. Si sviluppa attraverso la pratica riflessiva, grazie a cui i professionisti apprendono continuamente dalla loro esperienza e sviluppano una forma di conoscenza pratica che va oltre la mera applicazione di teorie preesistenti.
- Knowing-in-action (sapere in azione): è la conoscenza procedurale sviluppata attraverso l’esperienza. Questa conoscenza è spesso tacita e, di conseguenza, non consapevole fino a che non la si richiama alla memoria o non la si concettualizza in sapere astratto.
- Theories-in-action (teorie in azione): sono teorie o schemi che permettono di interpretare i casi e guidano la pratica. Schön distingue fra espoused theories e theories-in-action. Le espoused theories (teorie esplicite) sono quelle teorie formali, esplicite e spesso codificate che il professionista dichiara di seguire. In contrasto, le theories-in-action sono le teorie che il professionista usa nella realtà. Queste theories-in-action non sono sempre formulate in modo esplicito, e i professionisti possono anche non esserne consapevoli (in questo caso abbiamo teorie implicite) ; si tratta di guide pratiche, linee guida operative che determinano quello che il professionista fa nel caso specifico e immediato. Per Schön è importante capire e rendere esplicite queste teorie attraverso la riflessione.
- Reflection-in-action (riflessione nel corso dell’azione): è la riflessione del professionista quando affronta il singolo caso. Può ad esempio monitorare gli effetti del suo intervento, rendersi conto che non sta dando i risultati sperati e chiedersi che cambiamento deve fare.
- Reflection-on-action (riflessione sull’azione): è la riflessione che il professionista può fare a posteriori, chiedendosi come è andato l’intervento, se ci sono cose che avrebbe dovuto cambiare. Sia la reflection-in-action che la reflection-on-action sono alla base del processo di apprendimento del professionista.
- Single-loop learning (apprendimento a circuito singolo o a binario singolo): è un processo di apprendimento che si concentra su come migliorare le prestazioni all’interno di un sistema esistente senza mettere in discussione le fondamenta o le assunzioni di base di quel sistema. Ad esempio, risolvere un difetto di fabbricazione in una azienda.
- Double-loop learning (apprendimento a doppio circuito o a binario doppio): un processo di apprendimento che comporta una revisione critica delle assunzioni di base, delle strategie o dei valori di un sistema. Ad esempio, cambiare completamente la struttura produttiva di un’azienda.
- Modello 1: una modalità di comportamento all’interno delle organizzazioni dove le persone vedono le loro relazioni come un gioco a somma zero, e pertanto cercano di controllare l’interlocutore non fornendo tutte le informazioni, non dicendo tutto quello che pensano, e non esprimendo le proprie emozioni. E’ una modalità che inibisce l’apprendimento a doppio binario e in questo modo danneggia l’apprendimento organizzativo.
- Modello 2: una modalità di comportamento dove le persone si sforzano di portare avanti relazioni basate sulla cooperazione e la condivisione delle informazioni e degli stati d’animo. E’ una modalità che favorisce l’apprendimento a doppio binario e in questo modo promuove l’apprendimento organizzativo.
I trattini nelle espressioni in inglese permettono al lettore di rendersi conto che si tratta di veri e propri concetti caratteristici; purtroppo le traduzioni in italiano di questi concetti non hanno i trattini, e questo ne rende difficile l’identificazione e ne riduce la rilevanza.
I rapporti fra i diversi concetti sono descritti da questo schema:
Fonte: Malin L. (2018) Situated Design-Thinking in Architectural Practice: Analyzing and Extending Schön’s Epistemology
Introduzione all’edizione italiana
Nell’introduzione all’edizione italiana (1993, mentre l’edizione inglese è del 1983) Schön spiega che ha scritto Il professionista riflessivo perché diffidava della pretesa dell’università di essere l’unico soggetto legittimato a elaborare la conoscenza sistematica su cui i professionisti avrebbero dovuto basare la loro pratica.
Ritenevo che vi fosse qualcosa di drasticamente sbagliato in una divisione del lavoro che attribuisce all’università la responsabilità di produrre la conoscenza (…), mentre relega le professioni (…) nella soluzione di problemi meramente tecnici (12).
Prefazione
Nella prefazione Schön afferma che le università non sono destinate alla produzione e alla distribuzione di conoscenze fondamentali. E sono istituzioni affidate, per la maggior parte, a una particolare epistemologia, una visione del sapere che favorisce una disattenzione selettiva verso la competenza pratica e l’abilità artistica del professionista.
D’altra parte secondo Schön non è chiaro di che cosa consista tale abilità artistica del professionista 25. Per questo motivo Schön afferma che c’è necessità di indagini sull’epistemologia della pratica. Qual è il tipo di attività cognitiva nella quale sono impegnati i professionisti competenti? Quanto il conoscere del professionista è simile e quanto dissimile ai tipi di conoscenza esposti nei libri di testo accademici, nei lavori scientifici, nelle riviste specializzate? In quale senso, se ce n’è, vi è rigore intellettuale nella pratica professionale?
Per rispondere a queste domande Schön descrive una serie di episodi nei quali un professionista più anziano tenta di aiutare un professionista più giovane a imparare a fare qualcosa. I professionisti competenti solitamente sanno più di quanto siano in grado di dire; gran parte della loro attività cognitiva è tacita 26.
Capitolo 2. Dalla razionalità tecnica alla pratica professionale
Schön afferma che i professionisti svolgono la loro attività secondo il modello della razionalità tecnica; vale a dire che l’attività professionale consiste nella soluzione di problemi resa rigorosa dall’applicazione di teorie e tecniche a base scientifica 49. Professioni di questo tipo sono ad esempio la medicina, la giurisprudenza, l’economia aziendale, l’ingegneria. Abbiamo poi professioni dove il peso delle conoscenze scientifiche é minore: il servizio sociale, la biblioteca economia, l’insegnamento, il sacerdozio, la pianificazione urbana 50. Abbiamo un poi le occupazioni secondarie, vale a dire attività basate sulla consuetudine e che si modificano mediante prove ed errori della pratica individuale 50.
Schön cita Edgar Shein, secondo cui nelle professioni a base scientifica la conoscenza professionale è basata su tre componenti:
- una componente disciplinare di base o scienza di base, sulla quale l’esercizio della professione si fonda o dalla quale si sviluppa
- una componente di scienza applicata ingegneristica dalla quale derivano molte delle procedure diagnostiche e delle soluzioni dei problemi quotidiani.
- Una componente di perizia e attitudine, che attiene alla reale prestazione di servizi al cliente, mediante l’uso delle conoscenze di base applicate che vi sono sottese.
In questo contesto si presuppone che i ricercatori forniscano la scienza di base e la scienza applicata e che da queste siano tratte le tecniche per diagnosticare e risolvere i problemi della pratica professionale. Si presuppone che professionisti offrono ai ricercatori i problemi da studiare e verifiche dell’utilità dei risultati della ricerca. Il ruolo del ricercatore è considerato distinto dal ruolo del professionista e, di solito, superiore a esso 54.
Questo comporta inoltre che il percorso di studio dei professionisti prenda l’avvio da un nocciolo di scienza comune seguito da elementi di scienza applicata. Le componenti relative ad attitudini e capacità sono usualmente definite ‘lavoro pratico’ e possono essere fornite insieme alle componenti della scienza applicata o anche successivamente, durante la formazione sul campo. (…) La capacità (…) di risolvere problemi concreti viene sviluppata successivamente, quando lo studente ha appreso la scienza fondamentale, perché non è possibile acquisire capacità applicative prima di avere appreso la conoscenza da applicare 55. Questa è ad esempio la struttura del corso di studi in medicina 56.
La razionalità tecnica è un’eredità del positivismo, la potente dottrina filosofica sviluppatasi nel diciannovesimo secolo come resoconto dei progressi della scienza e della tecnologia e come movimento sociale volto ad applicare le conquiste della scienza e della tecnologia per il benessere del genere umano 59, e fu rapidamente adottata nelle università e nelle scuole tecniche, con uno sviluppo ulteriore durante e dopo la Seconda guerra mondiale 65. Alla razionalità tecnica è legato anche il programma tecnologico, vale a dire l’idea di utilizzare la scienza per creare benessere, raggiungere obiettivi di interesse nazionali, migliorare la vita umana e risolvere i problemi sociali 66.
Schön sostiene che il modello di razionalità tecnica è incompleto perché molti problemi professionali sono problemi unici, che possono sfuggire alle categorie e alle soluzioni insegnati all’università 68, oppure possono esserci teorie scientifiche in conflitto (vedi le varie correnti della psicoterapia 68), oppure ancora i professionisti sono costretti a confrontarsi con problemi etici (ad esempio chi danneggiare con gli espropri nella costruzione di una strada, -ma qui Schön sbaglia, queste sono decisioni che prendono i politici, non gli ingegneri 67).
Schön propone così di abbandonare il modello di razionalità scientifica (tanto peggio per il modello 75, va messo da parte 77) e di tornare all’intuizione 75. La sua posizione però non è chiara: a p. 95 propone invece di integrare l’arte della ricerca propria della scienza all’arte dell’esercizio della pratica in condizioni di incertezza.
Un commento
E’ normale che la formazione universitaria (cioè, la formazione basata su principi scientifici, tecniche da essa derivate e pratica supervisionata, vedi ad esempio la strutturazione attuale del corso di laurea in medicina) non possa prevedere tutti i problemi professionali di natura tecnica che il professionista incontrerà nella sua attività. Nella pratica reale i casi che possono verificarsi sono migliaia, sta al professionista capire come affrontarli proprio sulla base delle conoscenze teoriche che ha acquisito all’università e grazie alla gestione di casi precedenti.
Schön stesso afferma che, grazie alla pratica, il professionista sviluppa un repertorio di aspettative, immagini, tecniche 87 e modelli di azione 76, che sono quelle a cui ricorre quando si trova davanti a una caso inaspettato o non chiaro. E più oltre, discutendo un caso che ha presentato: il repertorio del supervisore comprende pazienti che ha visto, dei quali ha letto, tipi di storie che ha ascoltato e modelli psicodinamici a essi associati, interventi che ha tentato e risposte dei pazienti a essi. Il repertorio di un professionista include il complesso della sua esperienza nella misura in cui egli ne può disporre per comprendere e agire 157.
Schön fa una descrizione caricaturale della razionalità scientifica: contrappone la razionalità scientifica all’intuizione, alla creatività e alla riflessione sulla pratica. Se il suo ragionamento fosse corretto, tutti gli interventi dei professionisti prima del suo libro sarebbero stati errati o inadeguati, ma questo non risponde all’evidenza. L’uso dell’intuizione e della creatività, e la riflessione sulla pratica, al contrario, fanno parte a pieno titolo della pratica professionale delle professioni a base scientifica. Per porre l’attenzione e studiare questi comportamenti non c’era bisogno di scagliarsi contro la razionalità scientifica. Il discorso poteva essere semplicemente: nella loro pratica, i professionisti riflettono su quello che fanno, e questo migliora le loro conoscenze e l’efficacia della loro azione. STOP. Del resto, questo è quello che sostiene David Kolb nel suo Experiential learning. Experience as the source of learning and development. Kolb sostiene che riflettendo sull’esperienza è possibile mettere a punto concetti e schemi di intervento che poi guidano la pratica successiva.
In secondo luogo, il fatto che la scienza non sia ancora in grado di affrontare determinati problemi non ne diminuisce l’utilità, il progresso scientifico aumenta continuamente il numero dei casi che possono essere trattati con un approccio scientifico, vedi ad esempio i progressi nella medicina, o nella meteorologia, o nella fisica dei sistemi dinamici.
Non si può accusare l’approccio scientifico di essere inadeguato (come fa Schön) perché non è in grado di risolvere i problemi valoriali. Sui problemi valoriali (per costruire una strada, conviene distruggere un quartiere o un altro? 67 In quali attrezzature mediche investire un budget limitato? 70) decidono i politici. L’approccio scientifico in questo tipo di problemi è comunque utile perché in grado di fornire una descrizione precisa delle alternative e fornire informazioni che permettono di valutare costi e benefici di ciascuna.
Le argomentazioni di Schön sono contraddittorie anche perché gli esempi di pratica che Schön porta nei capitoli successivi sono riferiti a professionisti che applicano creatività e intuizione (ma neanche tanto) a partire da una solida base di conoscenze scientifiche.
Capitolo 2, continua
Ma quale sarebbero le alternative alla razionalità scientifica? A questo punto Schön descrive una serie di esempi di saperi e pratiche spontanee 76 (spontanee nel senso che non richiedono un precedente patrimonio di conoscenze dichiarative) e intuitive 76 (nel senso sinonimo di spontaneo oppure che combinano in modo creativo saperi e pratiche precedentemente acquisite), ripresi da autori diversi, che lui ritiene alternative a quelle basate sulla razionalità scientifica. Ad esempio lanciare una palla da baseball 77, riconoscere un volto noto 78, usare una sonda o un bastone per sentire il percorso 78, riconoscere la bellezza 79, avere il senso artistico della forma 79.
Queste abilità utilizzano capacità cognitive che vengono usate anche nella pratica standard basata sul sapere scientifico, ad esempio riconoscere la bellezza, i volti, la forma implicano processi cognitivi che vengono usati nella valutazione delle radiografie. Lanciare una palla da baseball o usare una sonda o un bastone per sentire un percorso implicano processi cognitivi e senso motori come quelli sviluppati in chi effettua interventi chirurgici. Dunque, niente di rivoluzionario. Piuttosto, contrariamente a quello che sembra affermare Schön (76, dove fa riferimento a prestazioni spontanee), non è possibile imparare le tecniche chirurgiche o a effettuare diagnosi mediche nel modo spontaneo e ateorico con cui si impara a lanciare una palla da baseball o a riconoscere volti. Intuizione e improvvisazione devono basarsi sul sapere scientifico.
Schön afferma 76 che il nostro sapere è nell’azione. Purtroppo la traduzione italiana limita la comprensione. Probabilmente qui Schön faceva riferimento al concetto di knowledge-in-action. Successivamente 80:
- Ci sono azioni, riconoscimenti e giudizi che sappiamo spontaneamente come effettuare; non dobbiamo pensarci sopra prima o durante il loro svolgimento (questo è normale, accade a tutti compiti che, grazie alla pratica abbiamo automatizzato. Vale per guidare la macchina ma anche per come svolgere determinati compiti lavorativi).
- Siamo spesso inconsapevoli di aver imparato a fare queste cose; semplicemente ci troviamo a farle (in realtà questo vale per compiti minori, che impariamo in modo inconsapevole proprio perché non sono significativi).
- In alcuni casi, abbiamo interiorizzato schemi di comportamento di cui eravamo consapevoli. In altri casi invece abbiamo interiorizzato altri schemi in modo inconsapevole. In entrambi i casi, comunque, di solito siamo incapaci di descrivere la catena di ragionamenti che ha portato a una determinata azione professionale (su questo ho dei dubbi, se invitiamo la persona a pensarci, riesce a spiegarci perché ha fatto una determinata cosa, a meno che non l’abbia fatta a caso).
Schön afferma poi che spesso i professionisti riflettono su quello che fanno, e grazie a questo sviluppano delle teorie dell’azione (theories-in-action) che applicano nella loro pratica successiva 76 e 85. Secondo Schön, questa riflessione è fondamentale per poter risolvere problemi inusuali 85, 88, tuttavia, sostiene, non è generalmente accettata -neppure da coloro che la esercitano- come una forma legittima di conoscere professionale 94. Anche questa affermazione categorica è discutibile.
Parte seconda, capitoli da 3 a 9
In questi capitoli Schön descrive alcuni episodi per mostrare le modalità in cui i professionisti riflettono sulla propria pratica.
Caso 1: revisione di un progetto architettonico
Il primo caso, non molto chiaro, è relativo a una studentessa di architettura che non riesce a redigere un progetto (una scuola su un terreno scosceso) 101. Schön non ha assistito direttamente all’interazione, che è stata ‘registrata’ da un altro ricercatore. Il docente, che ha maggiore esperienza di progettazione e, verosimilmente, una migliore capacità di immaginare volumi (cioè, edifici) nello spazio, le dice come strutturare il progetto. In maggior dettaglio:
- Petra (la studentessa) non riesce a collocare una scuola che ha progettato in un determinato sito assegnato dal docente, perché la forma non si adatta alla pendenza che è troppo elevata (107)
- Quist (il docente) le fa notare che il terreno è meno ripido di quello che ha capito 107, poi le chiede se ha incontrato altri problemi
- Petra spiega che dopo un primo tentativo iniziale ha deciso di dare alle aule una forma a L 108
- Quist suggerisce di collocare la scuola a una quota più elevata 109 e di orientarla nord-sud 108
- Quist procede illustrando gli effetti di questa scelta sui volumi e la strutturazione degli spazi della scuola, suggerendo una serie di soluzioni e di tanto in tanto chiede a Petra cosa ne pensa 114-116
- Petra approva e riflette A. sui suoi errori ‘Bene, questo risolve i problemi che avevo con l’amministrazione che impediva l’accesso alla palestra’ 115, B. sul suo processo di progettazione precedente: ‘Sembrava che vi fosse una strana correlazione fra le due’ 116, ‘E’ sorprendente -in modo intuitivo guardi la forma e sai che è sbagliata, ma è molto difficile risalire alle ragioni’ 116 C. su cosa avrebbe dovuto fare: ‘Sì, questa era la cosa principale da annotare (…) ci ho pensato in termini approfonditi man mano che elaboravo il tutto’ 116
- Quist spiega i principi che Petra deve usare nella progettazione: ‘Mi preoccuperei dell’ordine geometrico di base da imporre al sito, non mi preoccuperei eccessivamente del resto. Qui il principio è che tu lavori allo stesso tempo a partire dalla singola unità e dall’insieme e poi procedi per cicli -avanti e indietro, avanti e indietro- cosa che hai fatto un paio di volte ma in modo assai incerto, come balbettando’ 116.
Da parte del docente non c’è riflessione (reflection-in-action) esplicita verbalizzata, né sembra che confrontandosi col caso il docente modifichi la propria theory-in-action.
L’esame del caso di Schön è quasi interamente descrittivo, i commenti sulle modalità di riflessione sono scarsi, tant’è che alla fine afferma: sarebbe facile che a un allievo o a un osservatore sfuggisse la struttura fondamentale di indagine che sta alla base della sua [cioè del docente] prestazione virtuosa 127. E, in effetti, sfugge.
In questo caso il sapere utilizzato è quello relativo alle tecniche di progettazione, cosa questa tutta interna alla razionalità scientifica, e alla capacità di immaginare i volumi nello spazio (anche questa sviluppata nel percorso di studi e nella pratica).
Caso 2. Supervisione psicoanalitica
Il secondo caso è relativo a una sessione di supervisione di un terapeuta 128. Schön non ha assistito direttamente all’interazione, che è stata ‘registrata’ da due ricercatori. Il supervisore ha in mente uno schema interpretativo (quello psicoanalitico) e fa una serie di domande al terapeuta in modo da verificare se la situazione si adatta allo schema che ha in mente. Qui la riflessione (del terapeuta) consiste appunto nel verificare se i dati sono coerenti con lo schema che ha in mente. Il terapeuta, da parte sua, presenta delle ipotesi interpretative che il supervisore non prende in considerazione. Qui il sapere che usa il supervisore (e anche il terapeuta, anche se con risultati meno credibili, a tratti sembra brancolare nel buio) è tutto interno alla razionalità scientifica (cioè, alla teoria che usa). Da notare l’affermazione di Schön che un protocollo tratto dal lavoro di terapeuti che seguono altri approcci (cita Rogers, Perls e Minuchin) avrebbe potuto produrre un insieme assai differente di materiali d’analisi 132.
Un commento ai due casi
Nel commento ai due casi Schön fa l’affermazione che si tratta di due casi unici, vale a dire diversi da altri che si sono presentati in precedenza 149. E’ un’affermazione scontata perché normalmente i professionisti hanno a che fare con casi che sono diversi l’uno diverso dall’altro. E siccome si tratta di casi unici, sostiene Schön, non è possibile affrontarli applicando teorie o tecniche standard 150.
Non conosco in dettaglio le tecniche di progettazione architettonica, ma posso dire con sicurezza che la teoria psicoanalitica e il lavoro sul transfert richiamati nella descrizione del caso del terapeuta sono proprio una teoria (quella psicoanalitica) è una tecnica (l’utilizzo del transfert) standard.
La miriade di casi uno diverso dall’altro vengono affrontati dai professionisti facendo ricorso alle conoscenze acquisite nel proprio percorso di studi e nella pratica e al repertorio di schemi di intervento utilizzati in precedenza (ne parla lo stesso Schön, vedi p. 157, già citato sopra).
Più oltre, Schön evidenzia le tre possibilità dell’azione del professionista durante il suo intervento col cliente (che lui chiama intervento nel corso dell’azione) 164-165:
- effettuare un’azione solo per vedere cosa ne deriva, senza che vi siano associate previsioni e aspettative
- intraprendere un’azione per produrre un mutamento intenzionale
- verificare le ipotesi che derivano dal mutamento intenzionale.
Schön poi evidenzia come il professionista debba avere la capacità di costruire ipotesi (usando un linguaggio evocativo, Schön parla di costruire mondi virtuali, 175).
Il terzo caso è relativo a un gruppo di docenti e studenti di ingegneria che devono risolvere un problema relativo a un ciclo produttivo. Qui Schön ha partecipato direttamente al progetto, ma lo richiama a memoria perché si è verificato ‘alcuni anni orsono’.
Il terzo caso descrive lo sviluppo del transistor, ed è ripreso da un libro 193.
Il quarto caso è relativo allo sviluppo di un pennello. Schön ha partecipato direttamente al progetto, che però si è svolto 20 anni prima 200. Anche in questo caso Schön parla inizialmente di ‘alcuni anni fa’ 200.
Il quinto caso è relativo a un progetto per ridurre gli errori di somministrazione dei farmaci in un ospedale. La vicenda gli è stata raccontata dall’interessato, verosimilmente 10-15 anni prima della pubblicazione di The Reflexive Practitioner 206.
Il sesto caso è relativo a un progetto per ridurre la malnutrizione. Schön ha raccolto i dati da una relazione scritta dal protagonista 5 anni prima la pubblicazione di The Reflexive Practitioner 209.
Il settimo caso è relativo al colloquio di un pianificatore urbano con un costruttore, registrato su un videotape 225, non sappiamo da chi e in che anno.
In questo caso Schön scrive che il pianificatore segue una modalità di comunicazione che chiama Modello I, in cui il soggetto colloca lo scambio comunicativo in un contesto percepito a somma 0 (o si vince o si perde), e per questo tendono ad agire in modo difensivo, a mantenere segreti i propri pensieri e sentimenti e a cercare di controllare l’altro. In alternativa il Modello II si basa sulla ricerca di un rapporto di collaborazione con la controparte e la comunicazione di informazioni utili 243.
L’ultimo caso è relativo a un processo di management, non sappiamo descritto da chi. Schön ci dice che il caso è ‘recente’ 255.
Capitolo 9
Nel capitolo 9 Schön evidenzia alcuni limiti della riflessione nel coso dell’azione (reflexion-in-action) tira le somme di quanto detto nei capitoli precedenti.
I limiti della riflessione nel corso dell’azione
- durante l’azione professionale (ad esempio durante un colloquio con un cliente) pensare a cosa si sta facendo richiede un tempo dedicato e può perciò danneggiare l’interazione
- riflettere sull’azione può innestare un processo regressivo infinito (284) di riflessione sulla riflessione, poi riflessione sulla riflessione sulla riflessione, e così via all’infinito.
Le caratteristiche del processo riflessivo
Secondo Schön , il processo riflessivo inizia con lo sforzo di risolvere un problema. A volte questo richiede di vedere il problema in una nuova luce. La soluzione viene cercata negli schemi d’azione utilizzati in precedenti interventi, può richiede di mettere a punto nuovi schemi simili, e richiede di formulare delle ipotesi e di effettuare degli interventi di cui si esaminano gli effetti 275-277.
I professionisti che usano il processo riflessivo differiscono ovviamente in termini di obiettivi del loro ruolo, settori in cui operano, teorie e tecniche di intervento, etc. 277.
A questo punto, le caratteristiche del pensiero riflessivo ti sembrano scontate e banali? Lo sono. La montagna ha partorito il topolino.
Capitolo 10
In questo capitolo (da 293) Schön passa dall’analisi del processo riflessivo alla creazione di una nuova figura: ‘il professionista riflessivo’, professionista che ha un comportamento accogliente e rispettoso verso il cliente. Addirittura Schön ipotizza un contratto professionale riflessivo opposto al contratto di incarico tradizionale 307.
La ricerca riflessiva secondo Schön
A questo punto Schön afferma che la ricerca è una attività che devono svolgere i professionisti 312, e che determinati tipi di ricerche (ricerca riflessiva) dovrebbero essere svolte fuori della pratica. La ricerca riflessiva dovrebbe essere di quattro tipi e svolta da gruppi di professionisti ricercatori associati a ricercatori riflessivi 326. I principali temi di ricerca sono i seguenti:
- Ricerca di struttura, vale a dire lo studio di come i professionisti strutturano problemi e ruoli 313, con riferimento anche a valori e approcci 315
- Ricerca per la costruzione di un repertorio di pratiche 319 Schön sembra fare riferimento soprattutto a repertori di casi 319-320
- Ricerca sui metodi fondamentali di indagine e sulle teorie dominanti 321 nell’esercizio professionale
- Ricerca sul processo di riflessione nel corso dell’azione 324
Differenze e punti in comune fra le teorie di Donald Schön e David Kolb
In breve: entrambi si occupano di apprendimento riflessivo.
Kolb riconosce la legittimità di tutte le forme di apprendimento, e sostiene che per un apprendimento ottimale sono necessarie tutte le diverse modalità di apprendimento che individua.
Schön al contrario ritiene valido solo l’apprendimento che deriva dalla riflessione del professionista sulla propria pratica, e polemizza con la formazione universitaria a base scientifica.
Kolb presenta un processo ciclico di apprendimento, mentre il modello di apprendimento di Schön non lo è.
Il modello di Schön è stato sviluppato o almeno viene presentato sulla base di casi reali, mentre l’elaborazione di Kolb è perlopiù filosofica.
Entrambi i modelli non prendono in considerazione gli effetti delle emozioni nel processo di apprendimento.
Differenze e punti in comune fra il concetto di metacognizione e la riflessione sull’azione di Schön
Vedi il mio articolo Relazioni fra il concetto di metacognizione e la riflessione sull’azione di Donald A. Schön
Vedi tutti gli articoli di Scienze dell’educazione.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.