Lo schema del libro (edizione originale 1987, traduzione italiana 2006) riprende quello di The reflexive practioner:
- una parte inziale di critica al razionalismo scientifico su cui, secondo Schön, sono basate le modalità didattiche delle università
- una parte centrale dedicata all’esame della riflessività in alcuni casi di pratica professionale e di supervisione
- una parte finale che riafferma le critiche iniziali e indica alcune direzioni di cambiamento.
Educating the reflexive practitioner è in gran parte una ripetizione del libro precedente The reflexive practioner. Il contenuto è lo stesso, addirittura alcuni casi sono gli stessi. L’unica differenza significativa è che Educating, nella parte finale, dà alcuni suggerimenti su come strutturare practicum (cioè laboratori) all’interno di tre diversi corsi di laurea, per un totale di 3 pagine (da 337 a 340) sulle 350 totali. L’ultimo capitolo è inoltre dedicato (342-354) alle vicende della riforma del curriculum del master in Pianificazione Urbana del M.I.T. a cui Schön ha partecipato nel periodo 1981-1984.
Anche per Educating valgono le stesse considerazioni fatte per The reflexive practitioner:
- la critica della razionalità scientifica è inconsistente, e la dicotomia fra pensiero riflessivo e razionalità scientifica non risponde al vero, anche i professionisti che operano basandosi sulla razionalità scientifica utilizzano costantemente creatività e riflessione
- gli esempi di pratica riflessiva sono raccolti senza uno specifico protocollo di indagine, da fonti disparate, uno addirittura risale a 20 anni prima la scrittura del libro. Per questo motivo le indicazioni ricavabili sono poco generalizzabili
- mancano indicazioni operative e generalizzabili su come promuovere la pratica riflessiva nell’attività dei professionisti e durante la loro formazione. Mancano inoltre informazioni su come far emergere le teorie implicite. Da questo punto il libro, che doveva descrivere in dettaglio queste metodologie (vedi p.22), è un prodotto non riuscito.
Alcune questioni terminologiche
Con practioner, Schön indica una persona esperta in un determinato ambito, perciò non necessariamente un libero professionista, può trattarsi ad esempio anche di una persona che lavora come dipendente. Fra i practitioner Schön include gli insegnanti e gli informatici che lavorano come dipendenti. Schön include anche professioni che basano solo in parte la propria pratica su un sapere scientifico, come gli architetti e gli educatori, o che non si basano per nulla su un sapere scientifico, ad esempio i preti e i poliziotti (pag. 236 di Reflexive).
Il termine scuole professionali utilizzato nella traduzione italiana indica in realtà corsi universitari che preparano per professioni specifiche, ad esempio medicina, legge, farmacia, management, servizio sociale. E ugualmente il termine formazione professionale indica questi corsi di laurea 321-322.
Il termine practicum, tradotto in italiano con tirocini formativi non indica, come in Italia, dei periodi di lavoro svolti all’interno di strutture produttive, ma in genere dei laboratori (o, se preferisci, dei seminari pratici) svolti durante gli studi universitari 72 e 199. Unica eccezione chiara a p.337, dove parla di un tirocinio di insegnamento a contatto con gli alunni.
La frase: Quando prendiamo in considerazione l’introduzione di un tirocinio riflessivo nel complesso contesto intellettuale, istituzionale e politico delle scuole professionali contemporanee… 321 presente nella traduzione italiana va invece intesa: Quando prendiamo in considerazione l’introduzione di laboratori nel complesso contesto intellettuale, istituzionale e politico della formazione universitaria…..
In questo articolo farò riferimento a studi universitari, formazione universitaria e laboratori anche quando la traduzione italiana usa gli altri termini.
Capitolo 1. La crisi di fiducia nella conoscenza professionale
La razionalità tecnica, derivata dal positivismo, sostiene che i professionisti sono risolutori di problemi strumentali capaci di selezionare gli strumenti tecnici che meglio si adattano al raggiungimento di obiettivi specifici. I professionisti rigorosi risolvono problemi strumentali ben formulati attraverso l’applicazione di una teoria e di una tecnica derivate dalla conoscenza sistematica, preferibilmente scientifica 32, ‘attraverso procedure standard, frutto dell’applicazione di teorie e tecniche collaudate’ (così chiosa il traduttore Capperucci 33). Rientrano in questa categoria la medicina, la legge, l’economia 32.
Secondo Schön la razionalità tecnica permette di risolvere problemi solo se sono ben formulati 31 e sono presenti nei libri di testo 34. Tuttavia Schön sostiene che nella pratica professionale si presentano anche problemi indeterminati, caotici, o che hanno implicazioni valoriali 35 che resistono perciò a qualsiasi soluzione di tipo tecnico.
Schön a questo punto critica la formazione universitaria:
- La conoscenza sistematica e scientifica viene privilegiata 37, 39
- La ricerca universitaria è lontana dalla pratica 40
- Nei corsi universitari non si insegnano la pratica e l’etica 37
- I programmi universitari non sono aggiornati 41.
Per risolvere problemi caotici e indeterminati è necessario valorizzare e promuovere una abilità che Schön chiama artistica 44. Questa abilità fa già parte della pratica professionale dei professionisti 43, ma è necessaria promuoverla anche durante gli studi.
Per avere indicazioni sull’abilità artistica è utile approfondire la formazione nelle belle arti e nell’artigianato 46.
Secondo Schön l’abilità artistica (artistry) è la capacità di improvvisare, adattarsi e risolvere problemi professionali che spesso non sono prevedibili. Si sviluppa attraverso la pratica riflessiva, grazie a cui i professionisti apprendono continuamente dalla loro esperienza e sviluppano una forma di conoscenza pratica che va oltre la mera applicazione di teorie preesistenti. Vedi una definizione di tutti i principali termini utilizzati da Schön nell’altro mio articolo Una sintesi de Il professionista riflessivo.
Commento: qui c’è una contraddizione: prima dice che i professionisti formati con la razionalità scientifica non risolvono i problemi atipici, poi dice che in realtà anche loro già riflettono. Perciò anche la pratica basata sulla razionalità scientifica permette di risolvere problemi atipici. Il problema perciò, anche mettendosi nella logica di Schön, non è la razionalità scientifica, ma semmai la strutturazione dei programmi universitari.
Capitolo 2. Formare all’abilità artistica attraverso la riflessione nel corso dell’azione
L’abilità artistica è tacita 53, la impariamo in modo istintivo e spontaneo 54 e ci accorgiamo che la possediamo dai risultati che otteniamo utilizzandola 55 (se ad esempio riesco a pedalare in equilibrio, allora ho acquisito l’abilità di andare in bicicletta). La impariamo facendo (knowing-in-action 55).
La riflessione sull’azione, chiosa Capperucci, migliora l’esecuzione rendendo esplicite le conoscenze implicite che la rendono possibile 55.
Schön evidenzia come possiamo riflettere sia dopo che l’azione si è conclusa (reflection-on -action) sia durante lo svolgimento dell’azione (reflection-in-action) 58.
Dunque: facciamo qualcosa (knowing-in-action), ma si verifica un problema. A questo punto rifletto (reflection-in-action) e trovo una soluzione 60-61. A posteriori posso fare una riflessione ulteriore su quello che è accaduto (reflection-on-action).
Le pratiche del singolo professionista (knowing-in-action) hanno una dimensione sociale, in quanto fanno parte dei repertori del gruppo di tutti i professionisti dello stesso tipo 66.
Anche medici e avvocati utilizzano l’abilità artistica:
L’espressione pensare da avvocato o da medico fa riferimento ai tipi di indagine mediante i quali i professionisti competenti utilizzano la conoscenza disponibile a sostegno di situazioni pratiche in cui la sua applicazione è problematica. 67 In tali situazioni il professionista competente è visto come colui che segue regole per la raccolta dei dati, esegue inferenze, e verifica ipotesi, che gli consentono di elaborare chiare connessioni fra le situazioni in corso d’opera e il corpo di conoscenza professionale 68. All’interno di questo quadro di riferimento, c’è un piccolo spazio per l’abilità artistica, considerato come un problema di stile non fondato su un expertise tecnica. Qualcuno potrebbe riconoscere l’esistenza di professionisti capaci di dare senso a situazioni uniche e incerte, ma non è possibile in alcun modo parlare approfonditamente della loro abilità artistica, eccetto, forse, il fatto che si stanno seguendo regole che ancora non sono state rese esplicite 68.
Così, dice Schön, l’abilità artistica di medici avvocati è marginale, e la loro riflessione nel corso dell’azione è limitata 68.
Tuttavia, Schön afferma che in questi casi, il professionista sperimenta una sorpresa che lo porta a riconsiderare il proprio conoscere nell’azione secondo modalità che vanno oltre le regole, i fatti, le teorie, e le operazioni disponibili. (…) In questi casi egli si comporta più come un ricercatore che cerca di modellizzare un sistema esperto piuttosto che come un esperto il cui comportamento è già modellizzato 69.
Per imparare l’abilità artistica è possibile utilizzare l’apprendistato o i laboratori 72. Durante i laboratori i supervisori dovrebbero favorire la riflessione nel corso dell’azione 74.
In realtà, anche la riflessione nel corso dell’azione prende avvio dalle regole standardizzate:
Probabilmente apprendiamo a riflettere nel corso dell’azione imparando prima a riconoscere e applicare regole standardizzate, fatti, e procedure; poi ragioniamo partendo dalle regole generali per arrivare ai casi problematici, secondo modalità specifiche per ciascuna professione; e solo successivamente sviluppiamo e verifichiamo nuove forme di comprensione e di azione dove le consuete categorie e modalità del pensiero risultano fallimentari 74.
E ancora: sebbene la ricerca scientifica tradizionale non possa essere condotta nella pratica dal momento che i suoi criteri sono più o meno stringenti di quelli della ricerca nella pratica, l’esperienza dei metodi tradizionali di ricerca scientifica può rappresentare un’ottima preparazione per la riflessione nel corso dell’azione 336.
Come si vede, una caratteristica dell’argomentare di Schön è che prima fa affermazioni apodittiche, e poi torna sui suoi passi. Questa caratteristica è rilevata anche da Caceres C. H., (2017:30-32) Re-Educating The Reflective Practitioner: A Critique of Donald Schön’s Reflective Practice and Design Education For Engineering.
Tornando all’affermazione precedente, secondo Schön sviluppiamo nuove forme di comprensione e azione grazie alla percezione di similarità di una determinata situazione con altre che abbiamo già affrontato in precedenza:
E’ la nostra capacità di vedere situazioni non familiari come familiari, e di agire nelle prime come abbiamo agito nelle ultime, che ci consente di mettere in relazione l’esperienza passata con il caso unico. E’ la nostra capacità di vedere-come e di agire-come che ci permette di percepire i problemi che non si adattano al regole esistenti. L’abilità artistica di un professionista (…) dipende dall’ampiezza e dalla varietà del repertorio che egli applica a situazioni non familiari. (…) Inoltre, ogni nuova esperienza di riflessione nel corso dell’azione arricchisce il suo repertorio. (…) La riflessione nel corso dell’azione propria di un caso unico può essere generalizzata ad altri casi (…) ampliando il repertorio del professionista di temi esemplari a partire dai quali, nei successivi casi della sua pratica egli potrà comporre nuove variazioni 107.
Come esempio di riflessione nel corso dell’azione, Schön porta il progetto di progettazione architettonica. Il terzo capitolo riporta interamente un caso già presentato in The Reflexive Practitioner, che ho già descritto e commentato nel mio precedente articolo Una sintesi de Il professionista riflessivo a cui ti rimando.
Durante il tentativo di soluzione del problema, il professionista può fare tre cose: un’azione per vedere cosa accade (esplorazione), un’azione per produrre un cambiamento intenzionale (verifica della mossa), verificare una o più ipotesi che ha formulato 110-111.
Capitolo 4. Paradossi e criticità dell’apprendere a progettare e seguenti
La ricerca di Schön sulle modalità di pratica riflessiva su basa sui materiale eterogeneo, raccolto senza un protocollo specifico. Ci sono trascrizioni di sessioni e video di supervisioni fatti da altri, testimonianze riprese da libri, suoi ricordi personali vecchi anche di 20 anni. Su questo punto vedi il mio articolo Una sintesi de Il professionista riflessivo.
Il risultato è che le conclusioni di Schön hanno una validità limitata.
Nel quarto capitolo Schön continua l’analisi della sessione precedente. Il laboratorio di progettazione esaminato è caratterizzato da supervisori poco comunicativi, che manifestano elevate aspettative ma danno spiegazioni limitate sulle modalità di progettazione, creando sconcerto e difficoltà negli studenti 119-121, 132, a cui si richiede passività 160 e sospensione del giudizio 131. Invece di riconoscere che si tratta di cattiva pratica, Schön la teorizza come uno dei buoni modelli possibili. Per fare questo scomoda addirittura Socrate e Platone 121-126, e poi Carl Rogers 127-130.
Come Socrate (…), Rogers crede che le cose più importanti non possano essere insegnate ma che debbano essere scoperte e acquisite per proprio conto 129. Ma Socrate e Rogers si riferivano a temi diversi dalla progettazione: Socrate al comportamento retto 123, Rogers a un insegnamento trasformativo 127, qui stiamo invece parlando di progettazione architettonica.
Schön sostiene che la progettazione non può essere insegnata 187-192.
E’ ovvio che l’apprendimento è un fenomeno individuale, e che nessuno può imparare al posto di un altro, ma esistono tecniche che rendono l’apprendimento più rapido e sicuro; la scuola serve a insegnare tali tecniche. Se l’apprendimento dovesse avvenire solo per imitazione, come pretendono i supervisori dello studio di progettazione, allora potremmo chiudere tutto il settore dell’istruzione. Nessuno può imparare a nuotare al posto di un altro, ma per facilitare il processo ci sono i corsi di nuoto; buttare qualcuno in acqua per la maggior parte delle persone non è l’approccio migliore.
Secondo Schön, imparare la progettazione col metodo descritto può richiedere anni e alcuni studenti non ci riusciranno mai 137. Serve invece abbinare dimostrazione e spiegazione 147.
Quando il supervisore non spiega o non fa vedere disegnando e lo studente non accetta la semplice imitazione del supervisore il processo di apprendimento può fallire 164-170.
Schön presenta anche un altro caso di supervisione nella progettazione architettonica (verificatosi 12 anni prima, e raccontato dai partecipanti) dove il comportamento del supervisore è completamente diverso, in particolare davanti a un progetto insoddisfacente chiede con spirito collaborativo allo studente che cosa avrebbe voluto realizzare, lo incoraggia ad andare avanti e gli fornisce del tempo supplementare, disegna addirittura degli schizzi chiedendo allo studente se rispondono al suo obiettivo 176-183.
Capitoli 8-10
In questi capitoli Schön descrive alcuni casi di pratica ulteriori:
- una masterclass in violoncello (la descrizione è ripresa da un libro) dove il maestro chiede all’allievo di suonare un pezzo esattamente come lui, e poi quando lo ha imparato, gli mostra un modo di suonare completamente diverso 205
- una masterclass a cui Schön ha assistito direttamente alcune estati fa dove il maestro chiede all’allievo di suonare dei pezzi aggiungendo enfasi specifiche (vivace, tempestoso, riflessivo) 207
- una masterclass musicale vista su videotape dove il maestro invita l’allievo a suonare un’opera al pianoforte in modo meno piatto 210
In generale, in tutti e tre i casi il maestro cerca di ampliare la capacità degli allievi di eseguire specifici effetti musicali.
Ancora altri casi:
- una supervisione su una terapia psicoanalitica 240-267
- lo svolgimento di seminari sulla comunicazione condotti da Schön e il suo collega Chris Argiris rivolti a studenti e laureati di vari corsi universitari 273-318.
In generale, secondo Schön vi sono tre modelli di gestione di un laboratorio 236, 320:
- Fai come me: è il primo caso di laboratorio di architettura
- Sperimentazione congiunta: è il secondo caso di laboratorio di architettura
- Galleria degli specchi: è il caso di supervisione della terapia psicoanalitica dove i partecipanti riflettono non solo sulla terapia sul paziente, ma anche sulla supervisione 270
L’ultima parte del libro è dedicata al miglioramento della formazione universitaria attraverso i laboratori 319-357.
Capitolo 11. Come il tirocinio riflessivo può far da ponte fra il mondo dell’università e la pratica
In questo capitolo Schön fa un’analisi relativa all’organizzazione degli studi universitari statunitensi negli anni ’80 del secolo scorso, con alcuni esempi. Poi dà alcuni suggerimenti.
Secondo Schön, i laboratori andrebbero introdotti non alla fine dei percorsi di studio, ma prima 326. I supervisori dei laboratori andrebbero valutati non sulla base di risultati accademici, ma alla loro abilità artistica 326.
A questo punto Schön fa tre esempi di attività riflessive che vediamo in dettaglio.
Come strutturare un laboratorio in un percorso universitario per formare insegnanti
Schön propone di 337-338:
- impegnare gli insegnanti in attività che permettano loro di sperimentare il loro stesso apprendimento (ad esempio problemi di matematica, il pendolo, etc.) e chiedere loro di confrontare il loro processo di apprendimento con le teorie pedagogiche che hanno studiato
- chiedere agli insegnanti di riflettere in che misura le modalità di apprendimento dei loro studenti sono simili alle proprie
- osservare come altri insegnanti e amministrativi si comportano all’interno della scuola.
Come strutturare un laboratorio in un percorso universitario di management
Schön propone di utilizzare il metodo dei casi 338-339, proponendo sia casi dove gli studenti devono applicare principi che già conoscono, che casi dove non è possibile applicare principi già conosciuti.
Le teorie implicite potrebbero essere esplicitate A. chiedendo agli studenti ‘Cosa faresti?’ B. confrontando le varie soluzioni proposte C, riportando ogni soluzione alle teorie dell’azione sottese.
Come strutturare un laboratorio in un percorso universitario di ingegneria
Schön propone di 339-340:
- realizzare progetti simulati dove gli studenti descrivono le loro modalità di approccio
- far realizzare alcuni progetti in gruppo, in modo da far riflettere gli studenti sulle dinamiche relazionali sottostanti
- presentare progetti ricchi di dettagli ma vaghi nella propria definizione, in modo che gli studenti conferiscano alla situazione una serie di coordinate di riferimento e una parvenza di coerenza
- invitare gli studenti a riflettere sulla dimensione valoriale della progettazione.
Secondo Schön, questa breve presentazione delle molteplici varianti inerenti l’idea di laboratorio fa capire quanto possa essere difficile tradurle nella realtà 340.
Il capitolo successivo 342-357 è dedicato alla descrizione dettagliata delle vicende (in gran parte di natura organizzativa) della riforma del curriculum del master in Pianificazione Urbana del M.I.T. a cui Schön ha partecipato nel periodo 1981-1984.
Vedi tutti gli articoli di Scienze dell’educazione.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.