Va tutto male. La moderna patologia del lavoro secondo Rahel Jaeggi

Questo articolo è una sintesi e un commento a Pathologies of Work, di Rahel Jaeggi. I numeri indicano le pagine del libro. ll testo è stato scritto con un programma di sintesi vocale, perciò possono esserci degli errori.

Lo scritto è stato inizialmente pubblicato su «Women’s Studies Quarterly», vol. 45, n. 3/4, 2017, pp. 59-76, e pubblicato in italiano nel 2020 col titolo Nuovi lavori, nuove alienazioni.

Il testo non cita una singola statistica, una singola ricerca empirica. Ad esempio, l’autrice non cita nessuna statistica né nessuna ricerca che giustifichi le sue affermazioni sulle condizioni del lavoro contemporaneo. Il ragionamento è portato avanti solo da affermazioni non sostanziate e aneddoti personali (la donna che fa le  pulizie nel suo ufficio, il bibliotecario della libreria di Berlino a cui richiede libri). In oltre Jaeggi utilizza termini senza spiegarli, (sfruttamento, alienazione, dignità, deregulation, etc.), in alcuni casi facendo semplicemente riferimento ad altri autori. Che dire? forse in ambito filosofico si argomenta così.

Una difetto generale nell’argomentazione è che l’autrice non sviluppa a sufficienza il concetto che l’insoddisfazione sul lavoro è una esperienza individuale che dipende da aspettative, preferenze individuali, vicende personali, fasi di vita. Un lavoro che una persona considera alienante e di sfruttamento, per un’altra può essere fonte di soddisfazione e realizzazione personale.

Jaeggi si propone di esaminare le patologie del lavoro, termine con cui definisce una serie di condizioni eterogenee quali sfruttamento e alienazione, la disoccupazione strutturale, la sottrazione di dignità al lavoro 21.

Secondo Jaeggi il lavoro ottimale è quello che consente a ogni individuo di acquisire ricchezza, relazionarsi con gli altri, condividere il sapere diffuso nella società 22, in sintesi, di partecipare alle risorse generali della società 22.

Jaeggi pone l’attenzione alla qualità del lavoro, in alcuni casi scarsa a causa di insicurezza lavorativa e retribuzione insufficiente 24. Inoltre, il lavoro determina un positivo senso di sé e positive relazioni sociali 24.

Lavori precari o poco qualificati portano un’immagine negativa di sé 26, anche se le persone cercano comunque di personalizzarli, ad esempio creando relazioni significative con gli utenti o ritagliandosi spazi di iniziativa personale 26.

L’attuale mercato del lavoro (dove esattamente: in Germania? In Europa? In Congo? In India?) sarebbe caratterizzato dall’esistenza di un nuovo o vecchio proletariato nel settore dei servizi, ad esempio le pulizie e la manutenzione degli edifici, i servizi di guardaroba, la reception, il lavoro da commesso. Questi lavori sarebbero caratterizzati da bassa remunerazione, da una scarsa protezione legale, e da una perdita di senso in coloro che li svolgono. Jaeggi si lamenta addirittura che chi lavora in questo settore deve affrontare lunghi spostamenti e non riesce a dormire a sufficienza 30 (non è chiaro perché queste persone avrebbero scelto di fare pulizie a lunga distanza da casa invece che nelle vicinanze). Tutto questo comporta insonnia e disturbi psicosomatici 35.

Oltre alla deregulation (cosa intende esattamente? E a quali paesi si riferisce? In quale periodo storico?) il lavoro attuale sarebbe caratterizzato da monotonia e impoverimento dei compiti 30. Queste condizioni, pertanto, genererebbero sofferenza perché i lavoratori hanno sempre più difficoltà a identificarsi col loro lavoro 30.

Poi c’è il problema di coloro che, pur svolgendo lavori qualificati, ritengono di non avere tempo a sufficienza per svolgerli (Jaeggi cita gli infermieri 31).

Vanno inoltre aggiunti anche artisti, creativi, giornalisti, scrittori e altri freelance, persone che hanno volutamente scelto un’attività autonoma 31. Anche costoro secondo l’autrice sarebbero soggetti a una patologia di tipo alienante, dovuta al fatto che devono continuamente autopromuoversi 32. Ma quei freelance che si riconoscono felici, sono in realtà infelici inconsapevoli?

Vanno infine vengono aggiunti anche i disoccupati 33.

Dunque, tutti coloro, in tutto il mondo, che svolgono lavori dequalificati, più i qualificati ma che sono costretti a lavorare di fretta, più tutti i freelance, più tutti i disoccupati (in totale, miliardi di persone, la stragrande maggioranza dell’umanità, forse si salvano solo i docenti universitari) sarebbero tutti invariabilmente infelici.

Jaeggi non ce lo dice, ma forse rimpiange l’esperienza dei paesi socialisti in cui tutta la forza lavoro (per quel che ne so) era assunta a tempo pieno e indeterminato. Sulla base della sua argomentazione, queste società avrebbero dovuto essere caratterizzate da un elevatissimo livello di felicità. Le testimonianze storiche dimostrano il contrario, dunque il lavoro a tempo pieno e indeterminato, di per sé, non assicura la realizzazione e la felicità personale. Anzi, i regimi socialisti sono crollati (vedi le fughe dalla Germania Est a quella Ovest e la fine dell’URSS) perché la maggioranza delle persone desiderava vivere nelle società occidentali, che l’autrice identifica col termine ottocentesco capitaliste.

E se la situazione è quella delineata dall’autrice, come mai le persone non si ribellano? E perché i partiti che in Occidente si dicono alternativi allo status quo raccolgono adesioni minime?

A questo punto l’autrice suggerisce che le attuali esperienze negative nel mondo del lavoro possano essere considerate esperienze di alienazione, ma questo richiede di attribuire nuovi significati al termine alienazione utilizzato da Karl Marx.

L’alienazione secondo Karl Marx

[da ChatGPT] L’alienazione è un concetto centrale nella teoria di Karl Marx, che egli sviluppa principalmente nei “Manoscritti economico-filosofici del 1844”. Marx utilizza il termine per descrivere la condizione dell’essere umano nella società capitalista, in cui il lavoratore è separato dai prodotti del proprio lavoro, dal processo produttivo, dalla propria essenza umana, e dagli altri esseri umani.

  1. Definizione di Alienazione

Per Marx, l’alienazione è una condizione in cui il lavoratore diventa estraneo a se stesso e al mondo che lo circonda. Questa estraneità deriva dal modo in cui il lavoro è organizzato nella società capitalista. In un sistema in cui il lavoratore non possiede i mezzi di produzione, egli non ha controllo sul processo lavorativo né sui prodotti del proprio lavoro. Questa mancanza di controllo porta a una serie di alienazioni che Marx analizza in dettaglio.

  1. Alienazione del Prodotto del Lavoro

Marx sostiene che nella società capitalista, il prodotto del lavoro del lavoratore non appartiene a lui, ma al capitalista. Il lavoratore investe la sua energia e il suo tempo nella produzione di beni, ma questi beni diventano proprietà del capitalista che li vende per trarne profitto. Questo processo fa sì che il lavoratore diventi estraneo al prodotto del suo lavoro, che viene separato da lui e utilizzato in modi che non controlla e che non rispondono ai suoi bisogni o desideri.

  1. Alienazione nel Processo di Lavoro

Oltre all’alienazione dal prodotto del lavoro, Marx descrive anche l’alienazione nel processo stesso del lavoro. Nel sistema capitalista, il lavoro è spesso ripetitivo, monotono e privo di creatività. Il lavoratore non è libero di esprimere la propria personalità e potenzialità nel lavoro; piuttosto, è costretto a seguire procedure stabilite che lo riducono a un mero ingranaggio nel meccanismo produttivo. In questo senso, il lavoro diventa un’attività estranea e coercitiva, che priva il lavoratore del senso di realizzazione personale.

  1. Alienazione dall’Essenza Umana

Marx credeva che il lavoro fosse un’attività fondamentale per la realizzazione dell’essenza umana. Attraverso il lavoro creativo, l’uomo esprime se stesso e realizza la propria natura. Tuttavia, nella società capitalista, il lavoro diventa un’attività alienante, che allontana l’uomo dalla sua essenza. Invece di essere un mezzo per l’autorealizzazione, il lavoro diventa una forza che opprime e limita l’essere umano, rendendolo un’entità estranea a se stessa.

  1. Alienazione dagli Altri Uomini

Infine, Marx descrive l’alienazione come una condizione che separa gli individui gli uni dagli altri. In una società capitalista, le relazioni sociali sono mediate dal denaro e dalla proprietà, il che porta alla competizione e alla conflittualità tra le persone. Il lavoratore è alienato non solo dal proprio lavoro e da se stesso, ma anche dagli altri lavoratori, che diventano concorrenti piuttosto che collaboratori. Questa alienazione interpersonale mina la solidarietà umana e crea una società frammentata e individualista.

  1. Critica della Società Capitalista

Per Marx, l’alienazione è una caratteristica intrinseca del capitalismo, un sistema economico che si basa sullo sfruttamento del lavoro per generare profitto. Egli critica il capitalismo per aver trasformato il lavoro umano, un’attività potenzialmente liberatoria, in una fonte di oppressione e alienazione. Marx vedeva l’alienazione come una condizione che poteva essere superata solo attraverso la trasformazione rivoluzionaria della società, che avrebbe portato all’abolizione della proprietà privata e all’instaurazione del comunismo, un sistema in cui i lavoratori avrebbero avuto il controllo sui mezzi di produzione e sul proprio lavoro.

  1. Superamento dell’Alienazione

Il superamento dell’alienazione è possibile, secondo Marx, solo con il rovesciamento del capitalismo e l’instaurazione del comunismo. In una società comunista, i lavoratori collettivamente possiedono e controllano i mezzi di produzione, eliminando così la divisione tra chi lavora e chi possiede. In questo sistema, il lavoro non è più alienante perché i lavoratori sono direttamente coinvolti nella pianificazione e nella gestione del processo produttivo. Il lavoro diventa un’espressione della creatività umana e un mezzo per la realizzazione personale, piuttosto che una fonte di estraniazione.

Conclusione

L’alienazione, secondo Marx, è una delle condizioni fondamentali e tragiche dell’esistenza umana sotto il capitalismo. Essa descrive la separazione dell’essere umano dalla sua essenza, dal suo lavoro, dai suoi prodotti e dagli altri esseri umani. Questo concetto è cruciale per la critica marxiana del capitalismo e per la sua visione di una futura società comunista, in cui l’alienazione sarebbe superata attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione e la realizzazione dell’essenza umana attraverso un lavoro libero e non alienante.

………

Ma torniamo a Jaeggi. Secondo Jaeggi:

La patologia del lavoro si riferisce alla sofferenza soggettiva quale conseguenza di un lavoro oggettivamente cattivo 37.

Possiamo vedere come la definizione è debole, nel senso che il riferimento alla sofferenza soggettiva comporta che lo stesso lavoro ad esempio precario e/o dequalificato e/o malpagato secondo standard più o meno oggettivi possa essere considerato un buon lavoro se la persona lo vive positivamente, ad esempio perché prima era disoccupata, perché le permette di ottenere un reddito, perché lo trova comunque soddisfacente.

Poco dopo modifica la sua definizione. Jaeggi afferma infatti che le caratteristiche del buon lavoro, al di là della soddisfazione del lavoratore vanno ricercate nell’obiettivo del lavoro 37.

Dunque, un lavoro che ha l’obiettivo giusto (quello a cui pensa l’autrice) ma in cui il lavoratore è insoddisfatto è un buon lavoro oppure no? E viceversa, un lavoro in cui il lavoratore è soddisfatto, ed è un lavoro a tempo pieno e indeterminato e non dequalificato, ma che non persegue l’obiettivo giusto, è un buon lavoro?

Ma vediamo qual sarebbe l’obiettivo giusto.

Inizialmente Jaeggi sostiene che una definizione del lavoro basata sul tipo di attività, ad esempio faticosa 40, che richiede determinate competenze 40, che sia produttiva 41, che sia mirata a uno scopo 41 ha una serie di limiti.

Successivamente cita la definizione di lavoro di tale Kambartel, secondo cui il lavoro può essere definito come un’attività svolta per gli altri nel contesto dello scambio di servizi all’interno della società 43, tuttavia anche questa definizione (che è utile per comprendere nel concetto di lavoro anche le prestazioni non retribuite, ad esempio la cura dei figli) è insoddisfacente 44.

La soluzione proposta da Jaeggi è che il lavoro è un mezzo per partecipare alla società, non solo alla sua ricchezza, ma anche al riconoscimenti intersoggettivo fra i suoi membri e alle conoscenze e abilità che una determinata società ha sviluppato nel corso della sua storia 45.

Attraverso il suo lavoro, l’individuo produce le risorse universali della società, e allo stesso tempo ha anche diritto a una parte di esse 49.

Abbiamo patologie del lavoro quando questa partecipazione non avviene, perché rifiutata o impedita 45.

La disoccupazione impedisce all’individuo e acquisire mezzi di sostentamento, in più comporterebbe l’incapacità di acquisire o mantenere competenze 54.

I lavori sottopagati impediscono il sostentamento degli individui come nel caso precedente 54

Lavori precari e flessibili impediscono di acquisire e mantenere le competenze 54. Si tratta di un’affermazione errata, per coloro che passano da un lavoro dipendente ad altri in tempi brevi, tale riduzione delle competenze non avviene. Anzi il continuo cambio di posizioni lavorative può essere un modo per velocizzare l’acquisizione di competenze. Per chi lavora come consulente poi il problema della perdita di competenze dovuta al continuo cambio di committenti non si pone proprio.

Lavori scarsamente qualificati riducono lo sviluppo delle competenze 55.

Alla fine, la montagna ha partorito il topolino. Secondo Jaeggi, i lavori cattivi sono quelli che non assicurano un reddito adeguato o sono dequalificati. Per arrivare a questa conclusione non c’era bisogno di scomodare Marx e pretendere di sviluppare una nuova teoria dell’alienazione di stampo marxiano.

Vedi tutti gli articoli di Scienze dell’educazione.

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.