Questo articolo recensisce e commenta il libro Fondazione Agnelli, AA.VV. (2018) Le competenze: Una mappa per orientarsi (Universale paperbacks Il Mulino Vol. 729) . Società editrice il Mulino, Spa. Ho letto l’edizione Kindle.
Un commento di sintesi
L’obiettivo di Le competenze: Una mappa per orientarsi è far chiarezza sui molti significati dei termini competenza/competenze, esplorandone gli usi e i significati nei sistemi educativi e in ambito manageriale e di gestione delle risorse umane.
Il testo è molto esaustivo e immagino abbia richiesto un grosso impegno; tuttavia, i molti significati assunti dai termini competenza e competenze vengono trattati molto rapidamente, a volte con semplici richiami utili solo a chi quella determinata definizione o approccio li conosce già. Il contenuto risulta così difficile da fissare in memoria.
Sarebbe stato meglio se il libro avesse adottato un criterio maggiormente gerarchico ordinando chiaramente le informazioni a partire alle (due) principali aree di significato (vedi il mio articolo Le competenze: cosa sono e come usarle nell’orientamento) che gli autori trattano solo marginalmente e approfondendo quelle.
In sintesi (vedi il mio articolo), con riferimento al temine usato al plurale competenze, abbiamo due filoni di significati.
Il filone originatosi nel Regno Unito a partire dalla Management Charter Initiative (1987), dove le competenze sono compiti lavorativi o comunque operativi che la persona deve essere in grado di padroneggiare. Perciò le competenze del formatore saranno ad esempio: realizzare l’analisi del fabbisogno formativo, progettare l’intervento formativo, erogare l’intervento formativo, etc. Questo approccio viene utilizzato per definire i ruoli professionali, per progettare la relativa formazione, per valutare e certificare la prestazione lavorativa, per esplicitare gli obiettivi di apprendimento in ambito scolastico.
Il filone originatosi negli Stati Uniti a partire dal lavoro di David McClelland (1973) dove le competenze sono le caratteristiche personali che rendono possibile la buona prestazione lavorativa. Questo approccio si è poi diffuso in Francia dove ha raggiunto vette teoriche che nemmeno la transustanziazione (vedi Le Boterf).
In sintesi, in questo secondo approccio il termine competenze serve a indicare ogni volta quelle caratteristiche personali che il ricercatore ritiene utile promuovere e/o sviluppare. Questo approccio viene utilizzato quando non posso osservare la prestazione, ad esempio nella selezione del personale e nella valutazione del potenziale.
Lo schema logico è questo:
- si evidenzia un motivo o un ambito in cui la preparazione attuale della forza lavoro o degli studenti non è più adeguata. Ad esempio: siccome crescono le attività terziarie / i ruoli aziendali non sono più così ben definiti / la globalizzazione porta un costante e accelerato cambiamento nelle strategie aziendali / l’instabilità professionale è aumentata / il clima sta cambiando (scherzo)
- allora è necessario valorizzare di più / sviluppare ulteriormente un serie di caratteristiche personali. Ad esempio: flessibilità / leadership / metacognizione / orientamento al cliente / capacità di usare la matematica e la scrittura / socialità / partecipazione alla vita sociale, etc.
In genere le caratteristiche personali da promuovere o sviluppare sono relative a atteggiamenti o capacità trasferibili.
Gli atteggiamenti sono una modalità tipica di comportamento individuale (ad esempio scontroso, estroverso, preciso, puntiglioso).
Le capacità trasferibili (dette anche soft skills o competenze trasversali) sono capacità che non sono basate su conoscenze tecniche o scientifiche, ad esempio memorizzare, sintetizzare, immaginare (queste sono di natura cognitiva), entrare facilmente in relazione con altre persone, ascoltare, negoziare (queste sono di natura relazionale), vedere lontano, usare le mani con precisione, muoversi a ritmo (questa sono relative a caratteristiche fisiche). Per un approfondimento vedi il mio articolo Competenze chiave europee e orientamento professionale.
Gli autori invece individuano un approccio anglosassone (che fa riferimento a caratteristiche personali relative a compiti lavorativi) e un approccio francese (relativo a caratteristiche personali di natura cognitiva e etica), ma così non si capisce più niente.
Gli autori, inoltre, si sforzano di collegare assieme tutte le concezioni che conoscono, ma alcune sono antagoniste fra di loro.
La forma espositiva de Le competenze: Una mappa per orientarsi è a tratti inutilmente involuta. Vedi ad esempio:
Questa prospettiva, che possiamo chiamare sociocostruttivista [Jonnaert 2009], guarda alle competenze non come comportamenti o come cognizione, ma sposta l’accento sulla dimensione dell’azione sociale capace di plasmare e guidare la formazione e la presa di consapevolezza delle competenze come risorse per agire.
Potevano semplicemente dire che nella prospettiva sociocostruttivista si studia in che modo le competenze si formano (e/o vengono considerate, quello che vogliono dire non è chiaro) all’interno di gruppi di persone che svolgono la stessa professione.
Capitolo 1. Di cosa parliamo quando parliamo di competenze?
Il costrutto della competenza è emerso a partire dagli anni ’70 del secolo scorso soprattutto in due sfere della società – il lavoro e la formazione – e in tre campi scientifici: le scienze del lavoro, dell’organizzazione e del management; le scienze dell’educazione e dell’apprendimento; le scienze linguistiche. Sono un tema declinato da molte discipline e in molti contesti d’azione, dove hanno assunto significati e definizioni diverse e controverse.
Le competenze sono (…) diventate la risposta (secondo molte e controverse declinazioni) da un lato alle trasformazioni dei mondi professionali e del lavoro che da tempo vedono superato il modello fordista a favore di nuovi e complessi processi di natura organizzativa, tecnologica e culturale; e dall’altro sono il campo di sperimentazione per la trasformazione dei processi educativi impegnati a superare la tradizione del sapere trasmissivo fondato sulle discipline.
Una prima questione da affrontare: parliamo di competenza o di competenze? La competenza, al singolare, corre parallela ad altre definizioni (come la conoscenza o il ruolo professionale o la disciplina o l’intelligenza, o ancora i saperi in genere). (…) Essere competenti [cioè avere competenza] significa conoscere le regole del gioco, sapere come comportarsi, individuare una soluzione laddove altri vedono solo problemi (o neanche quelli).
Le competenze, al plurale, designano invece un insieme di «cose» da imparare, da utilizzare, da sviluppare per gestire al meglio le situazioni. Al singolare mette in risalto un modo di pensare e di agire, mentre al plurale fornisce un insieme di caratteristiche specifiche, più o meno facilmente riconoscibili, che rinviano a traguardi ideali di efficacia e di performance personali e professionali.
Secondo gli autori, nella gestione delle risorse umane le competenze sono caratteristiche personali che diventano parametri che, con diversa gradazione e a diversi livelli, consentono di misurare lo sviluppo e il posizionamento delle persone nelle organizzazioni.
Questo approccio deriva da McClelland secondo cui le competenze sono «caratteristiche intrinseche di un individuo in correlazione causale con una performance efficace o superiore nel compito». Gli autori evidenziano come qui ci troviamo nell’ambito del comportamentismo e del funzionalismo.
Spencer e Spencer mettono poi a punto il modello iceberg delle competenze, dove la competenza dipende da una serie di caratteristiche personali (a loro volta chiamate competenze) che sono visibili, quali ad esempio conoscenze e capacità tecniche e caratteristiche personali nascoste (ad esempio immagine di sé, tratti e motivazioni).
Nel mondo della formazione e delle politiche attive il focus si sposta sui processi mentali.
Le competenze compaiono anche nelle politiche europee, in particolare con la Raccomandazione sulle competenze-chiave per l’apprendimento permanente del 18 dicembre 2006 e la Raccomandazione sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche professionali (EQF) del 23 aprile 2008. La prima Raccomandazione identifica 8 competenze chiave che andrebbero promosse in tutti i cittadini europei.
Da un punto di vista teorico, le competenze possono essere trattate in ambito psicologico, economico, sociologico e pedagogico.
Psicologico:
- Comportamentismo: competenze come comportamenti visibili Boyatzis, Spencer e Spencer
- Cognitivismo, cognizione. Attenzione ai processi cognitivi che rendono possibile l’esecuzione dei compiti
- Costruzionismo sociale. Attenzione ai processi sociali e culturali che rendono possibile l’apprendimento della corretta esecuzione dei compiti
Economico:
- risorse per accrescere la produttività, attenzione anche alle soft skills
Sociologico:
- i cambiamenti del mondo produttivo e delle organizzazioni richiedono capacità personali più sofisticate, genesi delle competenze a partire dalla pratica. Capitale umano, occupabilità
Classificazione delle caratteristiche personali
- tassonomia di Bloom. Divide gli obiettivi di apprendimento in tre domini: cognitivo, affettivo e psicomotorio a volte semplificati conoscere/testa, sentire/cuore, fare/mani. Vedi un approfondimento relativo alla tassonomia di Bloom relativa agli obiettivi formativi di natura cognitiva nel mio articolo Quali sono i processi cognitivi? La tassonomia di Bloom
- competenze cognitive (hard) e non cognitive (soft). Le sot ad esempio nel big five troviamo 5 tratti di personalità: estroversione-introversione, gradevolezza sgradevolezza, coscienziosità negligenza, nevroticismo-stabilità emotiva, apertura-chiusura mentale. Oppure anche empatia, saper comunicare, lavorare in gruppo, esercitare la leadership
- un’altra classificazione quella delle competenze trasversali, che comprende anche competenze cognitive non di tipo disciplinare e contenutistico, ma di tipo processuale interdisciplinare, ad esempio la capacità di risolvere i problemi
- dizionari di competenze utilizzati in ambito aziendale. Distingue fra competenze essenziali quelle necessarie per una prestazione lavorativa nella media e le competenze distintive che si traducono in una performance superiore
- modello iceberg di Spencer e Spencer.
In ambito scolastico l’utilizzo del concetto di competenze mette in questione la centralità dei saperi disciplinari e più in generale IL MODELLO TRASMISSIVO DI ISTRUZIONE. Gli obiettivi di apprendimento vengono definiti in termini di risultati attesi vale a dire LEARNING OUTCOMES. Anche le università italiane adesso devono descrivere gli obiettivi formativi in termini di risultati di apprendimento, utilizzando il sistema di descrittori (Descrittori di Dublino) adottato in sede europea.
I descrittori di Dublino si articolano in:
- conoscenza e capacità di comprensione
- capacità di applicare conoscenze e comprensione
- autonomia di giudizio
- abilità comunicative
- capacità di apprendere
Due tentativi di rilevazione delle competenze in campo universitario nel 2013 e 2015 non hanno avuto successo.
La sintesi degli autori
Secondo gli autori, da una parte abbiamo le competenze intese come skills, di maggiore rilevanza nel dibattito anglosassone: abilità e comportamenti per il lavoro, utilizzate per promuovere lo sviluppo e gestione delle risorse umane e professionali 633.
L’altra concezione di competenze fa invece riferimento a risorse sia di tipo cognitivo che etico-morale (disposizioni ad agire delle persone), diverse (il testo dice oltre) da abilità e saper fare, per la formazione degli individui. Questa concezione è diffusa nel mondo francofono e viene utilizzata negli ambiti della formazione e dell’istruzione 620.
Il concetto di competenze:
- richiede di andare oltre i ruoli e le discipline (rompono il tabù della gerarchia dei saperi e delle posizioni occupazionali)
- sono uno strumento di collegamento fra lavoro e istruzione
- è necessario capire come promuoverle
Capitolo 2. Definizione polarità in termini di competenze
Questo capitolo di Le competenze: Una mappa per orientarsi prova a descrivere il significato del termine competenze individuando sei polarità.
Competenza come potenziale contro competenza come prestazione
Nella gestione delle risorse umane è possibile concentrarsi sulle competenze come potenzialità, cioè il futuro possibile rendimento, Da usare ad esempio durante il reclutamento o la valutazione del potenziale, oppure su competenze come prestazioni immediata, da usare invece ad esempio per l’attribuzione di premi retributivi.
Gli autori ci vedono l’opposizione fra il paradigma cognitivista e il paradigma comportamentista.
Atomismo contro olismo
Nell’approccio atomistico la competenza deriva dalla somma di elementi diversi ed eterogenei, a loro volta chiamati competenze punto ogni elemento né può includere altri, in un sistema a scatole cinesi.
Nell’approccio olistico si parla invece di competenza al singolare, così ad esempio le Boterf, con un rinvio al concetto di schemi operatori o di schemi di azione, Che una volta introiettati permettono di affrontare situazioni lavorative eterogenee. Secondo Le Boterf la competenza consiste proprio nella capacità di mobilitare e coordinare uno più schemi operatori. La competenza non consiste nelle singole risorse ma nell’efficacia mobilizzazione di esse. Abbiamo qui una capacità di tipo processuale e metacognitivo. Così anche Pellerey: la competenza é la capacità di far fronte a un compito o un insieme di compiti utilizzando tutte le proprie risorse.
Competenze trasferibili contro competenze non trasferibili
Alcuni studiosi ritengono che sia difficile trasferire competenze perché la loro acquisizione avviene in contesti specifici. Altri invece fanno riferimento alle competenze trasversali. Le Boterf parla di capacità di mobilizzare le proprie risorse che può essere utilizzata in ambiti diversi.
Competenze come fenomeno individuale contro competenze come fenomeno sociale
Secondo Le Boterf competenze individuali + cooperazione = competenza collettiva.
Per Le Boterf le caratteristiche personali, ad esempio conoscenze dichiarative e procedurali, gli atteggiamenti etc. sono RISORSE, che il soggetto deve mobilitare in modo opportuno per produrre un comportamento adeguato al compito. Se ci riesce allora è competente.
Critiche al concetto di competenza come fenomeno individuale
- competenza non significa solo saper agire e voler agire ma anche poter agire, che dipende dalle risorse esterne messe a disposizione dalle organizzazioni, dalle classi sociali, e dalle comunità territoriali di appartenenza
- la costruzione del sapere sempre un processo collettivo, effetto di interazioni di rete
- il concetto di competenza è socialmente costruito, negoziato e talvolta certificato. Senza riconoscimento sociale non esiste nessuna competenza.
Competenze cognitive contro competenze non cognitive
Questa distinzione secondo gli autori è una forzatura, perché ad esempio ci sono caratteristiche personali come la motivazione, e l’empatia, che sono frutto dell’utilizzo congiunto di caratteristiche di natura cognitiva e affettiva.
Tuttavia, dicono, su un piano empirico ha senso conservare la distinzione fra competenze cognitive e non cognitive, vale a dire socio emotive. Le seconde sono sempre più importanti.
Non è chiaro però, secondo gli autori, se e come si possano apprendere.
Competenze singolari e incomparabili contro competenze standardizzate e comparabili
È possibile confrontare competenze di persone diverse? Per chi utilizza una visione comportamentista, focalizzata sui comportamenti osservabili, le competenze sono misurabili perché lo standard di riferimento è dato dalla prestazione che è osservabile.
Chi invece considera le competenze come le caratteristiche personali che si trovano a monte della prestazione si trova in difficoltà, perché la performance può valere al massimo come indizio da cui inferire l’esistenza della competenza.
Alcuni studiosi però si oppongono a generalizzazioni, non esisterebbe una prestazione ottimale perché ogni persona di volta in volta fornisce una prestazione combinando risorse differenti. Il rifiuto della misurazione della competenza è frequente soprattutto in ambito educativo.
Capitolo 3. Le competenze nel mondo del lavoro
Sul lavoro la competenza si caratterizza come capacità di operare con rapidità, fluidità, flessibilità. E’, nei fatti, una conoscenza situata, una forma di expertise in cui le conoscenze dichiarative, fatte di idee e opinioni, modi di vedere, concetti, si saldano con le conoscenze procedurali, sono cioè altamente proceduralizzazione e operano in forma immediata per la soluzione di problemi specifici.
In ambito lavorativo c’è un’attenzione crescente alle competenze trasversali, in particolare
- problem solving
- collaborare
- comunicare
- creare e mantenere relazioni
- apprendere in maniera continuativa
E inoltre anche:
- etica del lavoro
- resilienza anche rispetto allo stress
- gestione dei conflitti
Queste competenze trasversali andrebbero promosse anche nella scuola.
In questo capitolo di Le competenze: Una mappa per orientarsi gli autori citano una ricerca del 2013 secondo cui i lavori che non temono la concorrenza dell’automazione sono i seguenti:
- compiti che implicano una notevole sensibilità percettiva virgola in particolare tattile, e una grande precisione nel manipolare gli oggetti
- compiti che richiedono intelligenza creativa, ossia la capacità di avere idee originali e brillanti per affrontare una determinata situazione o per risolvere un problema
- compiti che richiedono intelligenza sociale ossia capacità di interagire con persone tenendo conto anche della loro sfera emotiva, per finalità negoziali, di persuasione, di confronto
I saperi taciti, ad esempio delle persone con basse qualifiche, potrebbero essere esplicitati attraverso il bilancio di competenze. Visto che spesso queste persone svolgono lavori precari devono possedere anche resilienza.
Il concetto di competenze di trama sottolinea la necessità di combinare assieme le competenze create da teoria e pratica in contesti diversi.
La sintesi degli autori
In ambito lavorativo è aumentato l’interesse per le competenze trasversali che permettono di affrontare i con successo scenari sempre meno facilmente prevedibili.
Il concetto di competenze ha creato interesse anche per le capacità sviluppate nella sfera privata, per una serie di caratteristiche quali capacità di gestire lo stress e l’ansia, il web reputation.
A livello educativo e universitario è aumentato l’interesse per esperienze pratiche quale l’alternanza scuola lavoro.
Capitolo 4. Le competenze nei sistemi educativi e formativi
Le competenze: Una mappa per orientarsi ci dice che ci sono alcuni precursori dell’approccio per competenze nella scuola.
Approcci precursori della didattica per competenze
- Dewey, con la sua enfasi sulla FUNZIONE FORMATIVA DEL LAVORO MANUALE (vedi i laboratori tessili, cucina, disegno, etc.). e inoltre il compito della scuola di creare cittadini democratici (vedi una delle 8 competenze europee)
- La PEDAGOGIA PER OBIETTIVI (learning outcomes, Bloom, Tyler, Mager), che sposta l’accento dai fini dell’insegnamento agli obiettivi, dal processo di apprendimento (Dewey) ai risultati che devono essere misurabili. Spesso però gli obiettivi sono espressi in termini di conoscenze disciplinari. Anche la misurazione attraverso prove standardizzate (vedi INVALSI) spesso si focalizza su contenuti disciplinari. Fa eccezione PISA
- Il COGNITIVISMO, focalizzato sui processi mentali che determinano le prestazioni. Declinato in modalità individuale o sociale (Vygotskij). Qui alcuni hanno rivalutato la trasmissione di contenuti disciplinari
L’approccio per competenze nella scuola contrasta una concezione nozionistica e trasmissiva dove la conoscenza viene considerata un bene preconfezionato da trasmettere ai discenti perché venga da questi memorizzato ed esibito a richiesta degli insegnanti (così Dewey).
La molla che attiva il pensiero si trova non in un archivio di nozioni memorizzate, per quanto anch’esse necessarie, bensì in un’esperienza significativa vissuta dal soggetto in apprendimento, un’esperienza da cui emergono problemi da risolvere prima con la comprensione poi con la ricerca e con l’azione, infine con la valutazione delle conseguenze dell’azione.
Abbiamo così da una parte la trasmissione di conoscenze disciplinari (PARADIGMA TRASMISSIVO), dall’altra tutto il resto veicolato attraverso il concetto di competenze:
- INSEGNARE A RAGIONARE (al momento enfasi sui contenuti disciplinari e/o sull’esecuzione di esercitazioni su compiti elementari e standardizzati) o, secondo Le Boterf, a mobilitare le risorse personali per seguire compiti nuovi e complessi
- INSERIRSI NEL MONDO DEL LAVORO (al momento la conoscenza trasmessa è decontestualizzata, meglio i compiti di realtà)
- INSERIRSI NELLA SOCIETÀ COME CITTADINO.
L’approccio per competenze viene criticato dai difensori della liberal education ossia una concezione della scuola di stampo umanistico che la raffigura come il luogo deputato alla formazione della CULTURA DISINTERESSATA. Ma vedi il punto 3 sopra e le competenze europee.
Esperienze internazionali di strutturazione per competenze del curricolo scolastico
Sono descritte alcune esperienze internazionali di riforma della scuola strutturando il curricolo per competenze:
- in Quebec tutto l’insieme del curriculo è finalizzato allo sviluppo di 12 COMPETENZE DI CARATTERE MOLTO GENERALE. Le attività sono basate su lavoro di gruppo, interdisciplinarità, didattica per progetti e problem solving, uso della tecnologia per simulare compiti reali, attribuzione agli insegnanti di funzioni di organizzazione degli ambienti di apprendimento e di facilitazione, più che di insegnamento diretto
- In Finlandia invece si è COMBINATO un approccio basato sulle competenze a quello basato sulle discipline. Il curriculum nazionale viene finalizzato a 7 AREE DI COMPETENZA GENERALI DI CARATTERE TRASVERSALE; nello stesso tempo le municipalità sono incoraggiate a sviluppare CURRICULA PER DISCIPLINE i cui obiettivi di apprendimento siano in qualche modo collegabili alle 7 aree di competenza.
- Una terza modalità utilizzata in Francia è quella di mantenere i programmi di studio per discipline e ARTICOLARLI ANCHE IN TERMINI DI COMPETENZE. Questa soluzione è anche quella scelta dall’Italia.
Capitolo 5. Le indagini internazionali come standardizzazione delle competenze
A partire dagli anni ’70 sono stati svolte varie Large Scale Assessment da parte di IEA, UNESCO, OCSE per misurare i livelli di apprendimento di studenti e cittadini e il successo delle politiche educative.
Tre fasi:
- 1930-1990 studio, messa a punto gli strumenti. IEA International Association for evaluating of International achievement (fondata nel 1958). Test su discipline scolastiche nazionale.
- 1990 avvio delle indagini
- Oggi indagini periodiche. IEA indagini su abilità di lettura al 4’ anno, matematica e scienze al 4’ e 8’ anno, matematica e fisica all’ultimo anno, senso civico.
OCSE fa PISA (dal 2000) (prima il Deseco 1997 da cui derivano le 8 competenze chiave europee).
Il PISA è una indagine TRIENNALE somministrata a studenti QUINDICENNI, composta di test standardizzati progettati al fine di permettere la valutazione degli studenti al termine della scuola dell’obbligo, misurandone la capacità di applicare le conoscenze acquisite alle situazioni della vita reale.
È indipendente dai curricoli scolastici e rileva una serie di dimensioni non disciplinari, quali il PENSIERO CRITICO e LA CAPACITÀ DI RISOLVERE I PROBLEMI. Inizialmente era concentrato su LETTURA (comprensione del testo), MATEMATICA (capacità di utilizzare la matematica) e SCIENZE, poi è stata aggiunto problem solving (risolvere problemi) oppure la COMPETENZA FINANZIARIA (decisioni in ambito finanziario). Ogni volta c’è un approfondimento o un elemento nuovo. Ci sono anche domande sul piacere di studiare e sulla situazione socio economica dei rispondenti. Inoltre vengono raccolte info anche su tutti gli attori coinvolti. Ogni nazione 4500 studenti e 150 scuole. Sul PISA vedi il mio articolo Come migliorare la scuola. La proposta OCSE.
Nel 2008 l’Ocse ha lanciato il PIAAC che invece è rivolto alla popolazione adulta dai 16 ai 65 anni, di cui misura ALFABETIZZAZIONE, capacità cognitive in MATEMATICA, la capacità di raccolta delle informazioni, il PROBLEM SOLVING e come queste capacità vengono impiegate a casa, al lavoro e nella vita sociale.
Questi test rilevano competenze standardizzate a livello individuale, rilevate a distanza di anni (prospettiva diacronica).
I test OCSE distinguono fra competenze COGNITIVE e SOCIOEMOTIVE (si considerano tratti della personalità). Sono sia su carta che pc.
In Italia anche prove INVALSI, annuali, su italiano e matematica. Poi in ogni scuola c’è il rapporto di autovalutazione RAV.
Le diverse indagini seguono un approccio COGNITIVISTA e ATOMISTICO.
Capitolo 6. La lunga marcia delle competenze nella politica scolastica italiana
Gli autori identificano tre fasi relative all’inserimento delle competenze nel sistema educativo italiano:
- la fase seminale, iniziata con le riforme capitolari degli anni 70 e 80 e culminata con le politiche del ministro Berlinguer
- la fase di consolidamento come referenziale simbolico di policy degli anni 90 e dei primi anni del nuovo secolo
- la fase contrassegnata da tentativi di colmare il vuoto fra le policy e le pratiche.
La prima fase
La riforma della scuola media del 1979 introduce il tempo prolungato che porta nella scuola attività extracurricolari di vario genere non disciplinari. Nei programmi del 1979 i contenuti disciplinari perdono la rigida prescrittività dei programmi precedenti, lasciando ai docenti una maggiore libertà di interpretazione e di organizzazione del curriculo.
Il termine competenza fa ufficialmente ingresso negli orientamenti per la scuola dell’infanzia del 1991.
La legge Treu sul riordino della formazione professionale (196/1997) introduce la certificazione delle competenze al termine dei corsi.
Il termine competenze fare poi nella legge di riforma dell’esame di maturità (1997), nel regolamento dell’autonomia scolastica (1999), nella riforma dei cicli scolastici (2000).
Nella riforma dei cicli scolastici le competenze diventano progressivamente il cardine dei curricoli definiti in autonomia dagli istituti scolastici, sia pure dentro un’ossatura di contenuti disciplinari stabiliti in modo largamente vincolante dal ministero.
La seconda fase
In questa fase, anche per effetto di una pressione europea esercitata attraverso le key-competences del 2006 e l’EQF del 2008 si assiste a un progressivo consolidamento dei concetti di competenza come referenziale simbolico di policy.
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012 e poi nelle Linee guida per l’istruzione tecniche e professionali del 2010 il concetto di competenze ha il ruolo di referenziale simbolico dominante.
Nelle indicazioni nazionali sono strutturati per competenze il profilo di uscita dello studente a 14 anni (centrato sulle dimensioni personali e sociali) e gli obiettivi di apprendimento che vengono descritti in termini di prestazioni di individuali a fronte di determinati compiti e situazioni.
È prevista inoltre la certificazione delle competenze alla fine della scuola elementare, della media e al termine dell’obbligo.
La fase attuale
Un elemento positivo di questa fase è l’introduzione dell’alternanza scuola lavoro (2015), pur tuttavia in seguito ridimensionata.
Una caratteristica della fase attuale (Le competenze: Una mappa per orientarsi è stato pubblicato nel 2018) è il forte divario fra la dimensione delle politiche, dove il termine competenze è pervasivo, e la pratica della scuola dove invece sono poco utilizzate e l’approccio all’insegnamento rimane quello tradizionale trasmissivo basato sulle discipline. Gli insegnanti non sono preparati a formare per competenze, inoltre gli esami di Stato rimangono strutturati principalmente sulla verifica per discipline.
Capitolo 7. Conclusioni
In questo capitolo inizialmente gli autori ripercorrono i contenuti dei capitoli precedenti. Il concetto di competenze si sarebbe diffuso per far fronte a un mondo sempre più complesso.
Alcuni spunti interessanti
I compiti relativi ai contenuti disciplinari espressi con verbi di azione
Sapere esporre il teorema di Pitagora secondo gli autori è una strutturazione per competenze solo apparente. C’è un verbo di azione ma è relativo a un contenuto disciplinare.
Il dilemma tra sistematicità delle conoscenze trasmesse e il frammentario apprendimento induttivo
C’è un dilemma tra la sistematicità nella trasmissione delle conoscenze e la costruzione induttiva del sapere a partire da situazioni problema o da tematiche a carattere interdisciplinare.
Gli autori sostengono l’esigenza di fare apprendere, e quindi anche di insegnare, corpi di conoscenze organizzati in modo coerente attorno ai nuclei essenziali delle discipline.
Semmai andranno creati progressivamente spazi più ampi per esperienze di apprendimento di segno inverso, dal concreto all’astratto. Senza questi spazi parlare di competenze sarebbe vuoto nominalismo. Per questo motivo gli autori vedono con favore il modello finlandese.
Le competenze come prestazioni osservabili
Secondo gli autori identificare la competenza con il solo output, cioè con le semplici prestazioni osservabili crea un vizio logico: se la performance è ad esempio il saper riparare il motore di un’autovettura, asserire che si sa riparare una vettura se si possiede il saper riparare una vettura significa formulare un enunciato del tutto tautologico, almeno di non rinunciare al concetto di competenza e mantenere solo quello preesistente di performance 282.
Le prestazioni osservabili vengono chiamate competenze nel modello inglese, ma in questo modello non c’è interesse per le caratteristiche personali che permettono di ottenerle. Nel modello inglese le competenze servono semplicemente per strutturare i programmi formativi in compiti che corsisti devono imparare a svolgere e per valutare l’apprendimento.
Diverso è il caso delle rubriche prestazionali nell’approccio americano. Nell’approccio americano le prestazioni sono indicatori del possesso di specifiche competenze personali, ad esempio orientamento al cliente, ma vengono chiamati indicatori comportamentali, non competenze.
Nell’approccio americano è comunque interessante distinguere fra compiti che la persona è in grado di svolgere, ad esempio svitare un bullone, togliere le candele da un motore, togliere il paraschizzi, allentare la cinghia di trasmissione, ecc. e le caratteristiche personali che rendono possibili queste operazioni. Il termine capacità, cioè, può avere due significati:
- può significare semplicemente essere in grado di svolgere un determinato compito. Ad esempio, un meccanico durante la sua attività sarà in grado di svolgere migliaia di compiti diversi.
- Nella seconda accezione il termine capacità indica una vera e propria caratteristica personale, cioè una dotazione personale che rende possibile lo svolgimento dei compiti lavorativi. In questa secondo significato quali saranno le caratteristiche personali di un meccanico? Possiamo immaginare capacità diagnostiche, buona manualità, schemi procedurali relativi ad esempio allo smontaggio di un motore o alla sostituzione di una sospensione, conoscenze relative al funzionamento delle parti meccaniche dell’automobile.
In sintesi, nell’approccio americano non esiste una singola capacità (intesa come dotazione personale) per ognuno delle migliaia di compiti che una determinata attività lavorativa richiede di saper fare.
E ugualmente, se pensiamo a un progettista della formazione professionale che scrive continuamente progetti per diversi clienti, ad esempio per i clienti A, B, C, D, E, etc. non avrà una distinta capacità (intesa come dotazione personale) per ogni progetto che scrive, ma delle capacità personali di carattere più generale che rendono possibile scrivere progetti per tutti i clienti che lo richiedono.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.