Edgar H. Shein è stato un famoso consulente di direzione, scomparso nel 2023.
In questo articolo descrivo le indicazioni di Schein per costruire relazioni efficaci, descritte nel libro Helping. How to Offer, Give, and Recive Help (2009), in italiano Le forme dell’aiuto. Come costruire e sostenere relazioni efficaci (2010).
I livelli di aiuto
Secondo Schein, ci sono 3 livelli di aiuto:
- Nella routine della vita quotidiana, l’aiuto è l’azione di una persona che consente a un’altra persona di risolvere un problema, realizzare qualcosa o facilitare qualcosa
- Il livello successivo dell’aiuto è quello che chiediamo ai tecnici di vari tipo per la casa, l’automobile, il computer e gli apparecchi audiovisivi. In questo caso l’aiuto ci serve a far funzionare qualcosa
- L’aiuto formale si verifica invece quando siamo in difficoltà sul piano personale, fisico o psicologico e abbiamo bisogno di assistenza medica, legale o spirituale da parte di chi è professionalmente autorizzato a fornirci (pag.6).
La vita sociale è in parte economia e in parte teatro
Secondo Schein, ognuno di noi cerca di ottenere rispetto e attenzione dagli altri e questo ha comportato lo sviluppo di una serie di regole di interazione sociale a cui tutti ci atteniamo in modo spesso inconsapevole. Queste regole cercano di salvaguardare il valore di ognuna delle persone che interagisce. Per questo Schein chiama i processi di interazione processi economici 13.
La vita sociale è in parte economia e in parte teatro XIII. Impariamo fin da piccoli due principi fondamentali.
Il primo e più importante di essi è che l’intera comunicazione fra due soggetti consiste in un processo di interazione reciproca che deve essere o quantomeno apparire equo e corretto. Tutti noi dobbiamo apprendere le regole dell’economia sociale per sopravvivere e trovarci a nostro agio nella società. A livello più elementare, i bambini imparano a dire grazie quando ricevono in omaggio qualcosa, o comunque a manifestare apprezzamento per il dono. (…) Ci aspettiamo un comportamento corrispondente in tutte le relazioni. La mancanza di reciprocità rischia di offendere qualcuno e porta a un deterioramento della relazione 9.
Il secondo principio fondamentale è che tutte le relazioni in essere nella cultura umana si basano in larga misura su ruoli prescrittivi che impariamo a recitare fin dalla primissima infanzia e che diventano così automatici da perder nella consapevolezza. Dobbiamo interpretare correttamente i nostri ruoli, e questi ruoli devono essere compatibili con una determinata situazione. Quando due persone sono impegnate in una conversazione, devono decidere chi è l’attore (colui o colei che parla) e chi è il pubblico (colui o colei che ascolta) 9.
La situazione definisce la quantità di valore che può essere reclamata da ciascun partecipante. Quando vengo presentato come oratore a un convegno, assumo soggettivamente più valore, e il pubblico ricambia con più rispetto. Se più tardi, durante il cocktail, mi intrattengo con qualcuno dei presenti, ho sempre uno status superiore, ma adesso la situazione mi consente di comportarmi meno formalmente, di attribuirmi meno valore e di incoraggiare un approccio più informale da parte dei miei interlocutori. In termini colloquiali, si parla di presentare una faccia. In qualunque interazione, ciascun soggetto presenta una determinata faccia, e le regole della reciprocità impongono agli altri interlocutori di confermare quella rivendicazione di valore, ossia di riconoscergli la faccia che presenta. (…) Se decidiamo di non riconoscere agli altri il valore che rivendicano ignorandoli o mettendoli in imbarazzo in qualche modo, loro perdono la faccia e noi ci mostriamo scortesi o aggressivi. (…) L’interazione sociale consiste dunque in un delicato esercizio di salvataggio reciproco della faccia 11.
Queste dinamiche culturali sono cruciali nella situazione d’aiuto, perché sia il cliente sia l’helper entrano nella situazione con una determinata faccia 11.
L’aiuto nell’accezione più ampia del termine è, in effetti, una delle monete più importanti che vengono scambiate fra i membri della società, perché è uno dei modi principali per esprimere amore e altre emozioni positive degli esseri umani 12.
Quando gli scambi sociali non funzionano a dovere è perché le due persone coinvolte definiscono la situazione in maniera diversa, ossia usano monete diverse, si creano ansia, attenzione, ira, disagio, imbarazzo, vergogna o senso di colpa 14.
Se non prestate attenzione, se cambiate discorso, se guardate al di là del vostro interlocutore, dove c’è qualcuno che vi interessa di più in quel momento, se sbadigliate, se interrompete dicendo Lo sapevo già, o se usate un tono di voce annoiato – questi comportamenti potrebbero pregiudicare la costruzione di quella relazione, minacciare la dignità del vostro interlocutore, causare imbarazzo, e indurre l’altra persona a concludere che siete maleducati, o quantomeno poco affidabili, e che in futuro sarebbe meglio evitarvi 15.
Costruire una relazione, di qualunque tipo, richiede sensibilità alle economie sociali e alle regole culturali del lavoro di preservazione della dignità reciproca, per essere sicuri di trarne qualcosa e di operare in un ambito di correttezza. Nel dramma quotidiano della vita, esercitiamo i nostri ruoli in modo da preservare la nostra dignità personale quella degli altri 23.
A complicare il tutto c’è il fatto che l’aiuto [nel caso di consulenza organizzativa in azienda] si verifica in un contesto organizzativo le cui le norme proprie della cultura aziendale [basate su diseguaglianze gerarchiche e sulla ricerca del profitto a tutti i costi, osservazione mia] sono considerate più importanti delle norme sociali relative all’equità e alla salvaguardia della dignità personale 111.
Le implicazioni per gli aspiranti helper è che bisogna prendere coscienza dell’economia sociale e del teatro sociale in cui viviamo tutti quanti, riflettere chiaramente sul ruolo degli helper nelle varie situazioni in cui potrebbero trovarsi, e valutare che tipo di moneta utilizzare e che tipi di valori gestire per rendere la situazione corretta e paritetica 23.
Le ineguaglianze e le ambiguità della relazione di aiuto
All’inizio, tutte le relazioni d’aiuto sono squilibrate. Il cliente si sente in inferiorità psicologica e perciò vulnerabile. L’helper si sente in superiorità psicologica e perciò molto sicuro di sé. La disfunzionalità del processo d’aiuto consiste in gran parte nell’incapacità di riconoscere e di gestire questo squilibrio iniziale 29
Schein elenca 5 possibili trappole per il cliente che possono impedire una fruttuosa relazione di aiuto:
- diffidenza iniziale
- delega all’helper (è un ostacolo se la soluzione richiede uno sforzo attivo da parte del cliente)
- ricerca di attenzione, rassicurazione o validazione, anziché di aiuto. A volte il potenziale cliente ha già definito il problema è sviluppato una soluzione, ma vuole una conferma, una valutazione positiva, o addirittura un elogio. Ciò accade spesso nelle organizzazioni in cui si ingaggia un consulente per sviluppare un programma e poi si scopre che il cliente ne ha già uno e vuole solo la benedizione del consulente
- Risentimento e difensività. Il cliente cerca di riequilibrare la situazione di ineguaglianza svalutando le competenze dell’helper
- Aspettative stereotipate e irrealistiche, sulla base di problematiche psicologiche o di precedenti esperienze 33.
Schein indica poi sei possibile trappole per l’helper:
- Fornire troppo presto dei consigli, questo mette ulteriormente il cliente in una condizione di inferiorità. Nelle situazioni gli aiuto a formale e semi formale, sappiamo quasi sempre che se vogliamo essere utili, dobbiamo prenderci un po di tempo per scoprire quale sia la situazione effettiva punta e nel rapporto informale che intratteniamo con amici coniugi e sconosciuti che rischiamo maggiormente di finire in questa trappola fornendo loro dei consigli prima di sapere che cosa ci chiedono esattamente 34
- Rispondere alla difensività del cliente con una pressione più intensa. La versione più comune di questo approccio si vede quando i consulenti formulano delle raccomandazioni, scoprono che non vengono implementate e cercano di convincere i clienti a rivedere le proprie posizioni. Se non ci riescono, si fanno un’idea negativa del cliente. Non sospettano mai di aver lavorato sul problema sbagliato o di non aver saputo costruire una relazione paritetica di aiuto fin dall’inizio
- Promuovere eccessivamente la dipendenza Iniziale del cliente. I consulenti o i facilitatori cadono nella trappola di prendere in mano le redini della situazione non solo facendo delle raccomandazioni, ma anche imponendo i passi successivi prima di sapere abbastanza su cosa è possibile, dal punto di vista emozionale o culturale
- Dare supporto e rassicurazione. Questo peggiora ulteriormente la condizione di inferiorità del cliente
- Rimanere distaccati. La distanza emotiva si considera spesso appropriata nell’aiuto professionale, perché rafforza l’immagine di obiettività dell’helper. Ma quando lo stesso comportamento distaccato viene esibito nelle situazioni informali, il messaggio che si trasmette di fatto potrebbe essere: Non voglio essere coinvolto nel tuo problema
- Reazioni psicologiche negative nei confronti del cliente.
L’aiuto come teatro. Tre tipologie di ruolo
Schein evidenzia che all’inizio delle relazioni di aiuto ci sono molti elementi di incertezza 42.
Quello che l’helper non sa all’inizio:
- Il cliente capirà le informazioni, i consigli o le domande?
- il cliente sarà in grado di seguire le raccomandazioni dell’helper?
- Qual è la vera motivazione del cliente?
- qual è il contesto in cui si trova il cliente?
- come incidono i preconcetti e le esperienze pregresse del cliente con altri helper?
Quello che il cliente non sa all’inizio:
- l’helper ha le conoscenze e la volontà di fornire aiuto?
- Quali conseguenze deriveranno dalla scelta di chiedere aiuto a quel determinato helper?
- L’helper Si comporterà in maniera etica?
- Sarò in grado di fare quello che mi viene suggerito?
- Quanto mi costerà in termini finanziari, emotivi e sociali accettare l’aiuto?
Tre tipi di aiuto
L’helper può proporsi come:
- un esperto che fornisce informazioni e servizi
- un medico che diagnostica e prescrive
- un consulente di processo che costruisce una relazione paritetica e chiarisce il tipo di aiuto necessario 46.
Il ruolo di esperto che fornisce informazioni e servizi funziona quando il cliente ha diagnosticato correttamente il problema, e l’helper ha capito la richiesta ed è in grado di soddisfarla; inoltre, la richiesta del cliente è relativa ha un problema ben definito la cui soluzione si basa un corpus di conoscenze ben definito e può essere in genere fornita direttamente dall’helper 47.
Rispetto al ruolo precedente, il ruolo di medico che diagnostica e prescrive richiede una diagnosi delle cause di un determinato problema che il cliente vuole risolvere, e inoltre la soluzione del problema richiede una serie di azioni da parte del cliente. Qui le fonti di errore sono maggiori: la diagnosi e/o la terapia possono essere errate; sono inoltre maggiori le possibilità che il cliente, per motivi vari, non segua le indicazioni dell’helper anche quando la diagnosi la terapia sono corrette 48.
Il ruolo di consulente di processo è quello preferito da Schein. Nella consulenza di processo il contenuto della richiesta del cliente non si può ignorare, ma l’helper può focalizzarsi anzitutto sulle modalità di interazione dedicando attenzione al comportamento, al tono di voce, al contesto, al linguaggio non verbale e a qualunque altro elemento che possa segnalare ansietà o fiducia. L’obiettivo è equilibrare lo status e creare un clima che permetta sia al cliente sia all’helper di ridurre la propria ignoranza. Il concetto è non ipotizzare troppe cose, ma creare una situazione in cui, oltre a rilevare più informazioni, il cliente comincia anche ad acquisire status e a sviluppare fiducia. In termini comportamentali ciò significa adottare un ruolo umile di ricercatore di informazioni per non lasciarsi sedurre dalla propria posizione iniziale di potere 52.
Alla base di questo ruolo c’è l’assunto che i clienti vadano incoraggiati a rimanere proattivi, nel senso di mantenere l’iniziativa sia a livello diagnostico sia a livello terapeutico, perché solo loro gestiscono i problemi identificati, solo loro conoscono la vera complessità della propria situazione, e solo loro possono sapere che cosa può funzionare nella cultura in cui vivono. In molti casi, i clienti potrebbero aiutare se stessi, in linea generale più appropriato facilitare questa forma di aiuto che dire loro cosa fare o sostituirsi a loro nella soluzione dei problemi 52.
È utile fare domande al cliente per capire come vede la situazione, quali soluzioni sono già state tentate, quali sono le sue aspettative e i suoi timori 53.
Secondo Schein la vera funzione dell’aiuto e trasferire delle competenze diagnostiche e intervenire costruttivamente in modo che i clienti possano continuare a migliorare direttamente la propria situazione 54.
L’umile ricerca di informazioni
Chiedendo ulteriori informazioni, l’helper fa tre cose importanti:
- eleva lo status del cliente, in quanto gli conferma esplicitamente che ha delle conoscenze rilevanti
- mostra interesse coinvolgimento emotivo nella situazione, promuovendo così la costruzione di un rapporto
- ottiene informazioni cruciali che gli consentiranno di capire cosa fare dopo. Da un punto di vista pratico questo è l’obiettivo più importante. In assenza di questa fase l’helper rischi di assumere il ruolo di esperto o di medico con delle informazioni limitate 57.
Diversi tipi di ricerca di informazioni
Schein individua quattro tipologie diverse di ricerca delle informazioni:
- ricerca di informazioni pura e semplice
- indagine diagnostica
- indagine confrontativa
- indagine orientata al processo
La ricerca di informazioni pura e semplice
Paradossalmente, la ricerca di informazioni pura e semplice parte dal silenzio. L’helper dovrebbe trasmettere con il linguaggio del corpo e con il contatto visivo la disponibilità ad ascoltare, ma senza dire nulla 58. Se il cliente non fornisce informazioni utili allora è possibile chiedere:
- come posso aiutarla?
- che cosa l’ha spinta a venire qui?
- mi spieghi quello che succede?
- può farmi degli esempi? (molto importante)
- c’è altro da aggiungere?
Se il cliente dovesse chiedere Che cosa ne pensa? Oppure Che cosa dovrei fare? L’helper deve evitare la trappola di agire da esperto rispondendo alla domanda 59.
L’indagine diagnostica
In questa modalità l’helper pone delle domande su aspetti specifici del possibile problema. È possibile concentrare l’indagine su vari aspetti:
- Azioni intraprese o progettate: Che cosa ha fatto finora?
- Cause e motivazioni: Perché ha agito in questo modo?
- Sentimenti e reazioni: Come si sente?
- Domande sistemiche: Se lei facesse questa cosa, come pensa eleggerebbero gli altri componenti del suo gruppo di lavoro?
L’indagine confrontativa
Con domande di questo tipo l’helper dà dei suggerimenti o illustra delle possibilità al cliente. Questi interventi comportano l’assunzione di un ruolo di esperto di medico, e per questo motivo si devono usare solo quando l’helper pensa che nelle relazioni ci sia un livello di fiducia e di equità sufficiente rendere possibile una comunicazione di questo tipo 63. Ad esempio:
- Glielo ha detto?
- Potrebbe fare questa cosa? (riferito a un’azione)
- Ha pensato che il suo collega potrebbe averlo fatto per invidia?
Indagine orientata al processo
Si tratta di domande che hanno lo scopo di rendere il cliente consapevole dell’interazione in corso, e che per questo permettono di valutare il livello di fiducia che si è determinato 64. Ad esempio:
- Che cosa sta accadendo fra di noi in questo preciso momento?
- Le mie domande l’aiutano?
- Secondo lei quale direzione stiamo andando?
Il rischio di offendere il cliente e di rovinare la relazione aumenta man mano che si passa dalla ricerca di informazioni pura e semplice all’indagine diagnostica, all’indagine confrontativa e all’indagine orientata al processo 65. La scelta di quando adottare uno dei diversi approcci dipende dalle circostanze, dagli eventi che vengono fuori dal racconto e soprattutto dalla valutazione dell’helper sul fatto che il cliente non si senta più in condizione di inferiorità 70.
A questo punto segue un capitolo con alcuni casi viola un capitolo dedicato ai gruppi di lavoro è un capitolo dedicato a come aiutare i leader.
Principi e suggerimenti
Nell’ultimo capitolo, Schein fornisce una serie di suggerimenti. L’aiuto è efficace quando 124:
- sia chi lo dà che chi lo riceve è pronto
- la relazione è paritetica
- parte dalla ricerca di informazioni pura e semplice
- l’helper costruisce una relazione prima di iniziare a lavorare sul problema
- l’helper utilizza la forma di aiuto più appropriata
- È necessario lasciare il più possibile l’iniziativa al cliente
- Non sempre l’helper sa qual è la soluzione giusta; in questi casi la cosa migliore e dire la verità al cliente: In questo momento non so cosa fare per rendermi utile
- Tutto ciò che dite o fate in una relazione di aiuto ne determina il futuro.
Altri articoli di Edgar Schein
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.